Quando sceglie il popolo

Quando sceglie il popolo… va al potere il Fascismo e il Nazismo.

Il popolo sceglie sempre Barabba e condanna Gesù!

Nonostante ciò, la Sinistra DEM subordina il proprio voto favorevole sulla riforma costituzionale alla condizione che sia ripristinata l’elezione diretta dei senatori e chiede garanzie in tal senso.

Non si comprende cosa significhi chiedere garanzie e chi, giunti a questo punto, abbia il potere di dare garanzie, dopo aver votato la castroneria dei senatori eletti “in conformità” alle scelte effettuate dagli elettori.

In ogni caso, colpisce osservare la diffusa indifferenza e diffidenza verso le scelte effettuate dagli elettori.

Sovente, emerge il timore che il popolo faccia scelte sbagliate.

Così avvenne con Fascismo e Nazismo, che indubbiamente godettero ampio consenso popolare.

Inevitabile rievocare anche il caso Gesù: il popolo condannò Gesù e preferì Barabba. Continua a leggere

Il nuovo Senato in 5 mosse

La riforma costituzionale nel merito:

1) Il Senato sarà abolito?

NO! Avrà un mucchio di poteri confusi, ma non rappresenterà la Nazione.

Rappresenterà le “istituzioni territoriali”!

Come?

BOH!

Non avranno i senatori alcun mandato vincolante. Non avranno nemmeno un mandato politico poiché ciascun Consiglio regionale sceglierà al proprio interno, con metodo proporzionale, qualcuno da mandare a Palazzo Madama a esercitare non si sa quale rappresentanza.

I senatori non risponderanno ai Consigli regionali che li eleggono “in conformità alle scelte degli elettori” e non risponderanno ai governi regionali.

La nuova Costituzione non dice nulla su come si eserciterà questa nuova funzione di rappresentanza delle istituzioni territoriali e non dice nulla nemmeno sulla funzione di raccordo tra l’attività legislativa dello Stato e quella delle Regioni.

Il Senato non diventa nemmeno quel luogo istituzionale in cui potrebbero trovare risposte i dubbi interpretativi e il contenzioso che certamente scatenerà la riforma del Titolo V; quindi, ogni contenzioso arriverà alla Corte Costituzionale… esattamente come adesso. Continua a leggere

Il trionfo dell’imbecillità

Stralcio dell’intervento del senatore Tonini (PD) in aula.

La cosa importante che vogliamo conservare della seconda parte della Costituzione - la prima non è infatti in discussione - è la forma di Governo parlamentare. In fondo questo è anche il filo rosso che accompagna l’azione del centrosinistra italiano, dagli anni dell’Ulivo fino ad oggi. Abbiamo difeso, qualche volta anche con durezza, in particolare nello scontro con il centrodestra, la forma di Governo parlamentare, che i costituenti ci hanno consegnato.
(…)
Noi abbiamo difeso, e lo facciamo anche con la riforma in esame, la forma di governo parlamentare, cioè l’idea che il Governo debba essere espressione del Parlamento e debba trovare nel Parlamento il momento della sua legittimazione costituzionale, la sede dove trova la fiducia, che sa che in ogni momento può essere revocata.
Al tempo stesso noi dobbiamo, cioè, saper leggere i segni dei tempi, di questo nostro tempo, e quello principale è che i cittadini vogliono essere protagonisti della scelta di chi li governa.
(…)
Tanti degli interventi dei senatori che io ho ascoltato pazientemente e diligentemente hanno posto il seguente problema: questo Governo non è legittimato direttamente dal voto popolare. Hanno ragione, ma nello stesso tempo dicono una bestemmia dal punto di vista costituzionale, perché dal punto di vista della Costituzione del 1948 nessun Governo viene eletto dagli elettori, in quanto i Governi trovano la loro legittimità nella fiducia del Parlamento. Tuttavia è vero e sacrosanto che nel nostro tempo c’è voglia di legittimazione diretta dei Governi da parte dei cittadini e degli elettori. Infatti tutti diciamo che Tsipras è stato eletto, invece l’altro giorno Tsipras è stato eletto solo deputato, ma il Presidente della Repubblica greca non si sarebbe mai sognato di dare l’incarico a una personalità diversa, perché Tsipras ha vinto le elezioni arrivando al 34-35 per cento e, grazie al premio di maggioranza che prevede anche quel sistema, arriva alla maggioranza assoluta dei seggi. Diciamo che Cameron governa il Regno Unito, è Primo Ministro inglese, perché lo hanno voluto gli inglesi; certo, gli inglesi lo hanno eletto deputato del suo collegio, ma è sicuro che Cameron, essendo il leader del Partito conservatore che ha vinto le elezioni, legittimissimamente governa la Gran Bretagna. La signora Merkel non è eletta direttamente dai tedeschi, ma dal Bundestag; tuttavia tutti diciamo che lei è espressione del popolo tedesco.
Nel 2013 non abbiamo avuto un Governo eletto dai cittadini, legittimato direttamente dai cittadini, perché il nostro sistema, così come è congegnato oggi, mentre è in grado di risolvere e conservare ciò che va conservato, cioè la forma parlamentare, non è in grado di fare i conti con questa domanda nuova di legittimazione diretta che c’è da parte dei cittadini. Questa è la contraddizione nella quale viviamo.
La riforma in discussione si propone di sciogliere questa contraddizione, perché per un verso noi manteniamo il sistema della democrazia parlamentare, atteso che il Presidente del Consiglio che avremo con la riforma avrà comunque bisogno della fiducia della Camera; non avrà nessun potere nuovo rispetto a quello che la Costituzione oggi assegna al Presidente del Consiglio. Nello stesso tempo, il combinato disposto di riforma del bicameralismo (quindi il superamento del bicameralismo paritario e della necessità che anche il Senato dia la fiducia) e della legge elettorale maggioritaria consentiranno ai cittadini di essere loro i protagonisti della legittimazione del Governo.

Un mucchio di rispettabili imbecillità. Continua a leggere

I costituenti fregnoni

I rappresentanti dei Partiti che occupano il Senato hanno approvato una modifica al famigerato art. 2 del testo di riforma costituzionale per il superamento del bicameralismo paritario e la revisione del Titolo V della seconda parte della Costituzione.

Sono tutti contenti, in particolare la gran parte dei dissidenti interni al PD, perché, dicono, è stato affermato un punto fondamentale e qualificante: saranno gli elettori a indicare coloro che tra i Consiglieri regionali andranno al Senato… a fare i dopolavoristi!

Ciarlatani.

Ecco cosa recita l’emendamento della ritrovata concordia: “La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge“.

Complimenti. In italiano significa poco e sul piano giuridico vale meno di zero.

In conformità alle scelte espresse dagli elettori” non ha alcun valore vincolante tenuto conto che la riforma costituzionale prevede che i consiglieri regionali eleggono CON METODO PROPORZIONALE i senatori tra i propri membri e tra i sindaci della Regione.

Da un lato si afferma che sono i consiglieri a eleggere tra loro i senatori, dall’altro lato si dice che lo fanno in conformità al voto degli elettori.

L’art. 2 appena approvato recita “I Consigli regionali e i Consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, ELEGGONO, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori”.

I sindaci sono tutti eletti dagli elettori e i consiglieri sceglieranno un sindaco per regione: che significa scegliere in conformità?

Quindi, i Sindaci mandati a fare i dopolavoristi a Palazzo Madama non sono scelti in conformità alle scelte degli elettori perché tutti i sindaci sono conformi alle scelte degli elettori.

Delle due l’una: o la maggioranza dei senatori è costituita da imbecilli o si tratta di disonestà intellettuale.

Le scelte dei consiglieri\elettori saranno autonome; e non può, nel nostro sistema, essere diversamente. Sono invitati a fare delle scelte che somiglino e corrispondano a quelle effettuate degli elettori, ma come possono essere “conformi” alle scelte degli elettori?

Considerate le nostre disposizioni, nessuno può essere vincolato a votare “in conformità” al voto espresso da altri.

Sono forse tenuti a eleggere i più votati? NO

E più votati in assoluto o in rapporto ai voti raccolti da ciascun partito? BOH

Sono forse tenuti a rispettare le proporzioni tra i diversi gruppi consiliari? NO

E come potrebbero farlo? Non potrebbero, considerato l’esiguo numero di senatori che ogni regione dovrà eleggere. E poi, non tutti i Consiglieri sono eletti direttamente: ci sono quelli che entrano in Consiglio con il Listino del candidato alla Presidenza della Regione. Sono questi ultimi esclusi dal computo dei Consiglieri che devono eleggere i senatori? NO, al momento no!

Rifletteteci. Fate delle simulazioni sui diversi scenari che si potrebbero verificare… e vi renderete conto che è stata scritta una autentica fregnaccia!

Cosa autorizza certi senatori a raccontare che saranno gli elettori a scegliere i Senatori? Risposta: l’imbecillità o la malafede, o un mix di entrambe le cose.

Se sono scelti o indicati dagli elettori a che serve che i Consiglieri Regionali li eleggano? Boh!

Devono convalidare l’elezione fatta dagli elettori?

Siamo al delirio!

Poi, cosa c’entra con il Senato rappresentativo delle Istituzioni Territoriali la nomina, facoltativa, da parte del Presidente della Repubblica di cinque Senatori per meriti analoghi a quelli degli attuali Senatori a vita?

E i Senatori a vita attuali, che fine fanno? Tranquilli, sono confermati, al momento. Quindi, il numero dei Senatori è mobile: 95 + gli ipotetici magnifici 5 del PdR + gli attuali Senatori a Vita.

Che si tratti di una epidemia di demenza senile?

Boschi, basta la parola

Boschi8Qualcuno ricorderà lo slogan “Falqui, basta la parola”… erano i tempi di Carosello!
Falqui, il più noto lassativo… ascoltare Boschi è inizialmente rilassante, ma poi…

Chi ha ascoltato la puntata del 2 dicembre di Otto e Mezzo, se non si è lasciato distrarre dagli occhi blu e dalla ammaliante mimica facciale, non avrà potuto fare a meno di notare l’inconsistenza di quanto detto dal Ministro e la contraddittorietà di quanto affermava.

Gruber inizia ricordando che anche esponenti del PD sono coinvolti nella nuova indagine con annessa retata che scuote la politica romana.
Il ministro Boschi ci ricorda, bontà sua, che in Italia vige la presunzione di innocenza e aggiunge che il “PD romano deve fare chiarezza perché evidentemente esiste un problema“. Di grazia, su cosa deve fare chiarezza? Fa una indagine parallela?
O si aspetta l’esito delle indagini, dell’eventuale rinvio a giudizio e dei processi o cautelativamente un Partito decide di sospendere coloro che sono indagati o accusati di gravi reati. Delle due l’una. Non si comprende in cosa consista l’esortazione a fare chiarezza se si coniuga con la precisazione che tutti sono innocenti fino a prova contraria. Questione di regole, non di chiarezza. Continua a leggere

Che fine ha fatto il divorzio breve?

Divorzio breve? Insabbiato al Senato, parola di Alessandra Moretti.

Dopo l’approvazione alla Camera dei Deputati del Ddl n. 1504 che va sotto il nome di divorzio breve sono in tanti a chiedersi che fine abbia fatto quella riforma… Tra questi tanti, certamente le oltre 200.000 coppie che, non avendo ancora superato i prescritti tre anni di separazione legale, attendono di poter riconquistare lo status libero.

Soprassediamo sul dato che bisognerebbe più correttamente parlare di “separazione breve” e non di divorzio breve e sorvoliamo sul dato che a essere breve, caso mai, è il matrimonio e non certo il percorso per uscirne, sempre troppo lungo.

Voglio adesso soffermarmi su una riflessione “politica” sul tema. Lo spunto è offerto da quanto dichiarato da tanti estimatori del superamento del bicameralismo. Prendo come esempio quanto dichiarato da Alessandra Moretti, la quale ci spiega “Abbiamo visto con il divorzio breve come si blocca una legge a Palazzo Madama”.

Ci spiega la simpatica Moretti che “una norma di civiltà che rimette in linea con l`Europa, giace a Palazzo Madama in balia delle corrente di pensiero di qualche senatore. È il bicameralismo che ci riporta in questo pantano, vittime di un meccanismo dove non prevale l`interesse del paese. La modifica costituzionale darà più spazio, più velocità, più efficienza ad un paese che per progredire deve farlo anche sul terreno dei diritti sociale e civili”.

Moretti coglie la palla al balzo per rivendicare la bontà della riforma del Senato e il superamento del bicameralismo.

Premesso che sono assolutamente favorevole al superamento del bicameralismo e altrettanto assolutamente contrario a come stanno riformando il Senato e al modo in cui si afferma di superare il bicameralismo (in realtà sul tema famiglia, bioetica e sanità ogni provvedimento legislativo dovrà passare anche per il Senato, se la Camera non modificherà il testo licenziato), ritengo che l’affermazione della Moretti e di tanti altri politici custodisca una bella dose di illogicità e superficialità.

Il ragionamento proposto è: il Senato insabbia, rallenta, prevalgono i protagonismi, i veti ideologici.

Si tratta di affermazioni superficiali e banali e tutta la lettura degli avvenimenti politici appare grottesca.

Camera dei deputati e Senato hanno nei partiti la medesima fonte di reclutamento.

Pantano del bicameralismo? Interesse del paese? Ma i senatori di chi sono figli? Chi li ha selezionati e mandati in Senato? Non sono forse creature degli stessi partiti che esprimono i deputati?

Il Governo, in entrambe le Camere, è sostenuto dalla stessa maggioranza; anche se nulla vieta che ogni Camera abbia una maggioranza diversa, questo non si è mai verificato. Succede talvolta che su specifici provvedimenti si possano formare maggioranze differenti rispetto a quelle che sostengono stabilmente il Governo. In ogni caso, anche al Senato i gruppi parlamentari degli stessi partiti che hanno approvato alla Camera la riforma sono in grado di assicurare i voti necessari per la definitiva approvazione.

Quindi? Dove sta allora il problema?

Se alla Camera passa una legge che poi al Senato viene bloccata è esclusivamente perché così vogliono i partiti in un continuo gioco a rimpallare le questioni e i provvedimenti finché i partiti stessi non trovano un compromesso soddisfacente per tutelare gli interessi di bottega. Ogni tema è una occasione per contrattare e ridefinire gli equilibri di potere.

Se non esistesse il Senato, i partiti troverebbero un altro modo per condurre il medesimo gioco, come infatti stanno facendo prefigurando un Senato che, poiché sarà costituito da persone scelte da ciascun consiglio regionale, rischia di essere senza indirizzo politico e alla mercé degli ordini di partito e dei comitati d’affari che avranno sponsorizzato determinate nomine senatoriali.

Con il nuovo Senato si riproporrà la medesima logica attuale su una infinità di materie.

In ogni caso, additare il Senato come responsabile della lentezza legislativa è ridicolo giacché deputati e senatori sono scelti, candidati e nominati dai Partiti.

Certo, se abolissimo anche i parlamentari e decidessimo che ogni Partito, nella persona del segretario o portavoce, esprime un voto pari alla quota di voti che rappresenta… allora avremo accelerato tutto e trasformato il Parlamento in una sorta di Assemblea degli Azionisti.

Se siete interessati a questa moderna concezione della democrazia parlamentare potete leggerne i capisaldi e le ragioni ispiratrici in Incubo riforme.

Meno male che questo mese di agosto non è caldo come di consueto…

Il nuovo Senato

Il superamento del bicameralismo perfetto e la governabilità sono temi presenti nel dibattito politico sin dai tempi della Assemblea Costituente. Il compromesso allora raggiunto non piaceva a tanti; prevalse il timore di creare le condizioni per la nascita di un governo forte e i Costituenti non seppero creare organi di garanzia che permettessero equilibrio tra governabilità e rappresentatività.

Dalla lettura degli Atti della Costituente emerge che, sebbene da più parti fossero stati evidenziati con lucidità i limiti di quel bicameralismo che si stava configurando, non si seppe trovare punto di equilibrio più alto e lungimirante.

Così, mentre si vara un sistema a totale centralità parlamentare, prevedendo durata diversa per ciascuna camera oltre a corpo elettorale diverso e diverso metodo di assegnazione dei seggi, è totalmente trascurato il tema della governabilità. Il governo deve nascere dalla volontà dei gruppi parlamentari, attraverso il confronto e il dialogo: questo il metodo che ci consegna la Costituzione.

Il tema della governabilità ci accompagna sin dalla nascita della Repubblica; è del 1953 il primo tentativo di assicurare un premio di maggioranza a chi arrivava al 50%+1: quella legge passò alla storia come “legge truffa”. Il premio non scattò e la legge fu cancellata ripristinando il precedente sistema.

Da allora è stato un susseguirsi di tentativi abortiti e pessime leggi elettorali.

Oggi è il turno di Renzi e del suo governo tentare di dare risposta all’antico problema. Continua a leggere