Qualcuno ricorderà lo slogan “Falqui, basta la parola”… erano i tempi di Carosello!
Falqui, il più noto lassativo… ascoltare Boschi è inizialmente rilassante, ma poi…
Chi ha ascoltato la puntata del 2 dicembre di Otto e Mezzo, se non si è lasciato distrarre dagli occhi blu e dalla ammaliante mimica facciale, non avrà potuto fare a meno di notare l’inconsistenza di quanto detto dal Ministro e la contraddittorietà di quanto affermava.
Gruber inizia ricordando che anche esponenti del PD sono coinvolti nella nuova indagine con annessa retata che scuote la politica romana.
Il ministro Boschi ci ricorda, bontà sua, che in Italia vige la presunzione di innocenza e aggiunge che il “PD romano deve fare chiarezza perché evidentemente esiste un problema“. Di grazia, su cosa deve fare chiarezza? Fa una indagine parallela?
O si aspetta l’esito delle indagini, dell’eventuale rinvio a giudizio e dei processi o cautelativamente un Partito decide di sospendere coloro che sono indagati o accusati di gravi reati. Delle due l’una. Non si comprende in cosa consista l’esortazione a fare chiarezza se si coniuga con la precisazione che tutti sono innocenti fino a prova contraria. Questione di regole, non di chiarezza.
Il Ministro ci ricorda che ci sono tante riforme in cui il Governo è impegnato; e parte con l’elenco che sembra la Gelmini quando cantava le lodi del governo di sua eccellenza il cavaliere Silvio Berlusconi. Apprezzeremmo molto che si parlasse dei contenuti specifici delle riforme e non solo di elencazioni di riforme e di improbabili obiettivi che dovrebbero garantire. Sono decenni che sentiamo tanti governi vantarsi di aver fatto innumerevoli riforme e se questo è il risultato vien voglia di dire FERMATEVI NON TOCCATE NULLA CHE FATE SOLO DANNI!
Boschi ci ricorda che c’è in dirittura d’arrivo una nuova legge elettorale di cui decanta le virtù, “vedrete che altri Paesi imiteranno la nostra legge” afferma il Ministro… mah lasciamo che sia il tempo a dircelo.
L’Italicum non ha alcuna virtù, limitandosi a rimuovere la prima elementare censura mossa dalla Corte Costituzionale: un premio assegnato senza stabilire una soglia da raggiungere. Per il resto questa legge continua a essere incostituzionale. Infatti,
- saranno i partiti a decidere la gran parte dei parlamentari che occuperanno Montecitorio e non gli elettori come pretende la Costituzione;
- comprime la rappresentatività con le soglie di sbarramento, sebbene la governabilità sia garantita dal premio che non è di maggioranza (come era quello del ’53, la cosiddetta Legge Truffa) ma è un premio per dare la maggioranza assoluta a chi non ce l’ha;
- introduce surrettiziamente un sistema a elezione diretta dell’Esecutivo (il famoso “vincitore la sera delle elezioni”), ma si vota per rinnovare l’Assemblea parlamentare, ovvero il potere legislativo;
- altera il sistema costituzionale che rimane a centralità parlamentare, ma da un Parlamento, alterato dai numeri per effetto di un premio, scaturisce automaticamente un Governo; quindi, Parlamento e Governo si sovrappongono senza alcun contrappeso tipico di tutti i sistemi in cui c’è espressamente la previsione del l’elezione diretta del Governo;
- altera le legittime aspettative degli elettori che con un sistema elettorale proporzionale si attendono una trasformazione dei voti in seggi che rispecchi gli equilibri di forza;
- è irragionevole poiché pur prevedendo in alcune circostanze il ballottaggio tra i due primi classificati, concede un cospicuo premio al raggiungimento di una determinata soglia; perché allora non assegnare il premio solo a chi totalizza il 50%+1 dei voti validi e in tutti gli altri casi procedere con il ballottaggio?
Il meccanismo premiale garantisce l’attribuzione di seggi aggiuntivi (fino alla soglia dei 340 seggi, quindi una ampia maggioranza assoluta) a quella lista o coalizione di liste (ancora non si sa) che abbia ottenuto anche un solo voto in più delle altre, e ciò pure nel caso che il numero di voti sia in assoluto molto esiguo, in difetto della previsione di una soglia minima di votanti. Irragionevole, perché gli elettori votano per la rappresentanza e non per l’esecutivo.
Dopo dieci mesi di discussioni intorno all’Italicum, si rendono conto che la legge elettorale esistente, modificata dalla sentenza della Corte Costituzionale, non è auto-applicabile e se si approvasse l’Italicum, che riguarda solo la Camera, cosa facciamo con il Senato? E già, esiste ancora il Senato ed esisterà fintantoché non sarà approvata la riforma costituzionale in discussione, potrebbe volerci anche un anno. Si può approvare una legge elettorale, lasciando il Senato con la legge puramente proporzionale uscita dalla sentenza della Consulta? No, perché “rischia di vanificare il risultato che si intende conseguire con un’adeguata stabilità della maggioranza parlamentare e del governo”, ci ricorda la Consulta, sentenza 1/2014. Si comprime e si altera in modo irragionevole la rappresentanza parlamentare, senza avere la certezza di poter conseguire l’obiettivo della governabilità a causa del diverso sistema vigente per il Senato. E’ scritto con chiarezza nella sentenza della Corte Costituzionale: si violerebbero “i principi di proporzionalità e ragionevolezza”.
Eureka!
Mettiamo una clausola che rinvia l’entrata in vigore dell’Italicum a quando sarà approvata la riforma del Senato e il superamento del bicameralismo.
Che cazzata colossale!
Ecco a voi “il limbo delle leggi”. Una proposta simile è irricevibile!
Si spinge per approvare una legge che non solo non entra in vigore ma la cui entrata in vigore è subordinata a una riforma costituzionale e al suo contenuto. Annullati secoli di cultura giuridica. In ogni caso, approvando l’Italicum, dovrebbero intervenire anche sul Porcellum post-sentenza per introdurre le prescritte preferenze. Chissà perché allora non hanno subito reso applicabile la legge modificata dalla Consulta.
Ed eccoci alla riforma del Senato che sarà la Camera delle Autonomie, dei Comuni e delle Regioni… Non si comprende in cosa queste parole trovino corrispondenza con le proposte in discussione.
Ogni Consiglio Regionale sceglierà al proprio interno alcuni consiglieri da investire della carica di Senatore. Poiché sono sempre i Partiti che scelgono le persone da candidare, e gli elettori al massimo possono scegliere tra il menu proposto, ci spiegate perché questo dovrebbe essere il Senato delle Autonomie?
Al massimo sarà il Senato della partitocrazia! Coloro che detengono il potere sceglieranno in modo corporativo chi dovrà essere senatore. I senatori saranno nominati sulla base di accordi tra Gruppi consiliari.
Da moli anni le Regioni sono al centro d tutti gli scandali, i fatti di corruzione, le connivenze con la criminalità organizzata, la sistematica e scientifica ruberia del denaro pubblico… e per promozione ai consiglieri regaliamo il Senato.
Le Regioni sono al centro di una complessa rete di rapporti che unisce politica e comitati d’affari, politica e criminalità. Molti esponenti politici locali sono diventati potenti e contano all’interno dei partiti d’appartenenza grazie a inconfessabili rapporti e relazioni.
Se questa riforma fosse già in vigore da qualche anno avremmo probabilmente Renzo Bossi detto il Trota, Fiorito, Giovine o altri simpatici signori tra gli scranni di Palazzo Madama.
Inoltre, il Senato conserverà importanti funzioni legislative, però avremo un Senato che, per il modo in cui sarà eletto, con alta probabilità non avrà maggioranza e alcun indirizzo politico.
In questa rassegna del “così parlò Boschi” non poteva mancare il riferimento alla lotta alla corruzione, il vanto di aver istituito la commissione anticorruzione e di averla affidata a un valente magistrato come Raffaele Cantone.
Cantone è stato nominato all’unanimità. Tra le persone che hanno votato Cantone ci sono anche i referenti politici della criminalità organizzata, i manipolatori di appalti, gli intercettatori di fiumi di denaro pubblico, i corrotti e i corruttori…
L’Italia ha un lungo elenco di nomi eccellenti incaricati di lottare la criminalità organizzata; da Cesare Mori a Carlo Alberto della Chiesa, Giovanni Falcone… ma esiste realmente la volontà di incidere sulle cause che rendono possibile la sempre crescente corruzione e infiltrazione malavitosa nella vita pubblica e nelle Istituzioni? Davvero tutto si risolve con l’uomo giusto al posto giusto?
Mi sembra proprio di no!
L’analisi della storia repubblicana dimostra che il problema corruzione è strettamente intrecciato con il mondo politico istituzionale e in particolare con i Partiti politici, storici e nuovi.
La corruzione è una costante in Italia da molti decenni. Credo non ci sia opera pubblica o emergenza che non abbia avuto un seguito giudiziario di tangenti, appalti comprati e truccati, infiltrazioni malavitose…
Così avveniva prima di “mani pulite”, così anche dopo e sino ai nostri giorni, come ci testimoniano i casi Expo, Mose, ma potremmo parlare del terremoto dell’Abruzzo, degli scandali “Grandi Eventi” e di tutte le emergenze ad arte create, in primis quella ultradecennale del trattamento dei rifiuti.
Cambiano le occasioni, ma il copione è sempre lo stesso: politici nazionali e locali, amministratori di società pubbliche, faccendieri scelti come consulenti da politici e amministratori pubblici, magistrati e altri “servitori dello Stato” al servizio di ben altri interessi… e la mazzetta non manca mai!
Non è avventato affermare che i partiti politici, con rare eccezioni, sono il primo motore della corruzione, per volontà o per incapacità e ignavia.
I partiti sono associazioni private in cui gli iscritti non contano nulla – infatti stanno sparendo – e nelle quali non c’è alcuna trasparenza nei processi decisionali e nella selezione del personale politico.
L’elettore, con esclusione di qualche confusa iniziativa, è escluso dalla scelta dei candidati e spesso persino dalla scelta tra i candidati.
I parlamentari sono scelti dai capi-partito.
I potenti politici locali scelgono a chi affidare la gestione della cosa pubblica.
Sono questi “nominati” dalle segreterie di partito e questi potentati locali che scelgono le persone alle quali affidare la gestione delle aziende pubbliche.
Nominano opachi dirigenti, collocano familiari, amici e obbedienti servitori nelle aziende pubbliche, circondandosi d’improbabili consulenti, faccendieri e lestofanti cui affidare delicati compiti.
Così, i personaggi noti dai tempi di Tangentopoli li ritroviamo ancora oggi coinvolti in fresche faccende losche: Luigi Bisignani, Primo Greganti, Gianstefano Frigerio… e tanti altri.
Come si può in queste condizioni pensare che si possa vincere la lotta alla corruzione senza intervenire sulla disciplina legale di partiti e soggetti politici che partecipano alle elezioni?
Le leggi per contrastare la corruzione sono inefficaci perché non incidono sulle cause della corruzione e della permeabilità delle Istituzioni a corruzione e criminalità.
Otterrà risultati apprezzabili solo chi si adopererà per riformare i partiti politici: perché siano organizzati in modo democratico e trasparente; perché la selezione del personale e dei candidati si svolga in modo limpido e partecipativo.
La mancata attuazione dell’art. 49 della Costituzione è la prima causa di corruzione.
Di questo tema si discute dai tempi della Costituente, vedi Calamandrei e le sue riflessioni intorno al tema del “metodo democratico”. E’ questo un tema da sempre caro al Partito Radicale e anche al PD e al suo avo PCI, basti pensare a Enrico Berlinguer; il PD però, all’inizio di questa legislatura, alle prime difficoltà ha abbandonato ogni ipotesi d’intervento.
E’ necessario cambiare le regole della governance e i criteri di selezione delle persone e dei candidati.
Il problema non sono i Greganti e i Frigerio di turno, ma coloro che li mettono in determinati ruoli delicati.
La mancanza di trasparenza nelle nomine e il carosello delle improbabili consulenze… favoriscono oggettivamente la diffusione della corruzione.
Se l’Italia ha bisogno di Greganti e Frigerio per andare avanti… evidentemente l’arte della corruzione è indispensabile per la gestione della cosa pubblica.
Se un partito ha bisogno di candidare determinati personaggi condannati in primo grado, o si tratta di grandi irrinunciabili statisti o c’è qualcosa di opaco in quella candidatura.
In questo mare di opacità e mediocrità, di servilismi e clientelismi dilaga la criminalità organizzata che inesorabilmente penetra le Istituzioni.
Allora, la lotta alla corruzione non può prescindere da
– riforma dei partiti per affermare trasparenza e democraticità nei processi decisionali e nella selezione dei candidati
– espulsione dei politici dalla gestione delle aziende pubbliche, degli appalti, della sanità, dei trasporti e di ogni settore in cui c’è denaro pubblico
– trasparenza negli incarichi pubblici
– controllo popolare e democratico sugli incarichi pubblici e la gestione della res publica
In questo quadro, l’autorità anticorruzione è poca cosa tanto più che la nuova legge elettorale in discussione non affronta il tema della regolamentazione dei soggetti politici e della trasparenza nelle candidature e perpetua l’incostituzionale imposizione degli eletti. Con le proposte in discussione, il Parlamento continuerà a non rappresentare nessuno, a usurpare la sovranità popolare, a essere formato spesso da mediocri persone scelte dalle segreterie di partito con criteri di fedeltà e obbedienza. Ancora una volta saranno queste persone a scegliere, senza alcuna trasparenza e garanzia di competenza, a chi affidare la gestione di Enti pubblici, delle ASL, degli appalti e dell’immenso fiume di denaro pubblico.
Voglio ricordare quanto affermava Enrico Berlinguer nel lontano luglio 1981 perché le sue parole si adattano perfettamente alla realtà dei nostri giorni:
“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. (…) Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti”.
Sarà sufficiente una autorità anticorruzione per cambiare verso e per segnare la discontinuità con il passato?
Non è “il passato” che volle persone come Falcone e Carlo Alberto dalla Chiesa? Non erano abbastanza in discontinuità?
Viviamo in un Paese in cui sono più severi i requisiti per divenire Agente di Commercio rispetto a quelli richiesti per divenire parlamentare o ministro. Viviamo in un Paese in cui un signore come Totò Riina può fondare un partito politico, divenirne presidente, divenire interlocutore istituzionale di altri partiti… ma non può fare l’agente di commercio!