Attentato contro la Costituzione dello Stato

matteottiLa funzione principale del diritto penale è difendere la società dal reato. La pena sarà commisurata alla gravità dell’offesa e le forme di tutela saranno progressivamente più stringenti col crescere del valore del bene da tutelare. Il legislatore, per il rilevante valore giuridico del bene da tutelare, può anticipare la soglia di punibilità considerando anche comportamenti e atti che mettono a rischio il bene da tutelare. Non si direbbe che simili preoccupazioni abbiano occupato le menti dei legislatori quando si sono cimentati con la tutela della Costituzione dello Stato.

L’art. 283 del codice penale punisce il reato di “Attentato contro la Costituzione dello Stato”. E se a rendersi colpevole dell’attentato contro la Costituzione dello Stato fosse il Parlamento?

Ipotesi assurda e fantasiosa? Neanche un po’: realistica e reale. Continua a leggere

Metodo Democratico

parlamentoL’art. 49 della Costituzione recita “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

La XII norma transitoria della Costituzione vieta “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Con la legge Scelba n. 645 del 1952 è stata data attuazione alla citata norma transitoria. La legge Mancino n. 122 del 1993 punisce gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista e l’incitazione alla violenza e alla discriminazione razziale.

Cosa si debba intendere per “metodo democratico” resta ancora oggi, da un punto di vista giuridico, misterioso. Nonostante un fitto e intenso dibattito, sviluppatosi dall’Assemblea Costituente sino alla prima Commissione Bicamerale per le riforme istituzionali (1985, la cosiddetta commissione Bozzi), non è stata superata la generica formulazione dell’art. 49. Genericità non di poco conto giacché l’espressione “metodo democratico” può intendersi riferita ai rapporti tra i partiti, più che alla vita interna ai partiti. Anche l’acceso dibattito in occasione della introduzione del finanziamento pubblico dei partiti (1974) è stata una occasione persa. Paradossalmente il tema scompare dal dibattito politico da Tangentopoli in poi.

Interessi convergenti tra i partiti hanno sempre bloccato l’attuazione di un principio fondamentale per il funzionamento della democrazia.

Come era evidente già nel 1946 (assemblea costituente, Calamandrei e progetto Mortati) non può esserci democrazia se i soggetti politici che detengono il monopolio istituzionale della politica non sono organizzati in modo democratico e trasparente nei processi decisionali interni e nei rapporti con l’esterno (bilanci, gestione economica e finanziaria, finanziamenti e finanziatori…).

Il rischio è la degenerazione del sistema verso “l’autoritarismo partitico che Giuseppe Maranini definì “partitocrazia”. Continua a leggere

Senatore Berlusconi

dirittoLa partita sulla ineleggibilità di Berlusconi entra nel vivo.

Torno sul tema di cui mi sono occupato anche in L’ineleggibilità di Berlusconi e in Parlamento e Legalità solo per qualche precisazione.

Sono in tanti a sostenere che la norma (del 1957) è chiarissima e pertanto Berlusconi è ineleggibile.

Felice Casson non si sbilancia, per ragioni di riservatezza, ma afferma “in claris non fit interpretatio”, appunto nelle cose chiare non è concessa interpretazione. Concordo con Casson e per quanto mi riguarda Berlusconi è ineleggibile, o certamente lo era nel 1994.

Poiché da allora non è sopraggiunto alcun fatto nuovo, evidente che o nel passato la ragione politica ha prevalso sul diritto o adesso si vuole far prevalere il diritto perché i nuovi equilibri politici forse lo consentirebbero.

In ogni caso sarebbe la morte del diritto che dovrebbe essere affermato indipendentemente dagli equilibri politici.

Sul piano politico, sarebbe deleteria una “sentenza” di ineleggibilità nei confronti di Berlusconi dopo 19 anni e tanti “processi” sullo stesso tema. Berlusconi preferirei che fosse sconfitto sul piano politico. Ma sarebbe deleterio anche perché l’art. 66 della Costituzione, in forza del quale la Giunta del Senato si esprimerà, e nel caso successivamente l’intero Senato, recita testualmente: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

A voler essere pignoli, nessuna nuova causa è sopraggiunta. Ma a ben vedere il Senato non si è mai espresso sulla ineleggibilità di Berlusconi e considerata l’autonomia decisionale di ciascuna camera non rilevano i precedenti giudizi.

Forse è stato imprudente Berlusconi a candidarsi al Senato.

A prescindere da come finirà questa vicenda, ritengo sia ormai giunto il momento di interrogarsi seriamente sulla opportunità che sia la Camera di competenza a pronunciarsi sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità. Ritengo auspicabile una riforma dell’art. 66 della Costituzione per affidare queste funzioni a un potere terzo rispetto alla politica.

La droga, tra non punibilità e proibizionismo

W_SLa legislazione sul consumo di droga tra non punibilità, repressione e proibizionismo produce effetti devastanti. Un comportamento che è sintomo di disagio sociale, talvolta lieve, talaltra profondo, per effetto di una legislazione folle produce danni individuali e collettivi incalcolabili. Provo a affrontare il tema in modo schematico, considerata la vastità e complessità.

1) Le droghe fanno male, tutte indistintamente, una di più, l’altra di meno ma tutte certamente tossiche.

2) Ciascuno ha la facoltà e la libertà di farsi male come crede.

3) Nessuno ha il diritto di mettere a repentaglio la vita altrui per le proprie abitudini di consumo.

4) La collettività ha il diritto, forse il dovere, d’interrogarsi su fin dove è disposta a farsi carico dell’irresponsabilità altrui

5) Ogni limitazione della libertà individuale non può discriminare in base a fattori di valutazione soggettiva: a pari rischio pari limitazione, a pari pericolo pari limitazione.

6) Tra tutte le sostanze psicotrope nessuna è più dannosa dell’alcol. Nessuna droga uccide più dell’alcol: circa 25000 ogni anno i morti in Italia attribuiti all’abuso di alcolici. L’alcol è in Europa la prima causa di morte tra i giovani fino a 30 anni. Continua a leggere

Lo Stato dei Partiti

inciucio5La legge elettorale prevede un premio al partito o alla coalizione che totalizza il maggior numero di voti, con l’obiettivo dichiarato di favorire la governabilità con maggioranze omogenee e non “innaturali maggioranze” come quella che assicura la fiducia al governo in carica. Parallelamente, la legge fissa una serie di soglie di sbarramento per impedire l’eccessiva frammentazione della rappresentanza politica.

Tutto è concepito per incentivare l’alleanza dei partiti in coalizioni. Già questo mette a rischio l’omogeneità delle coalizioni (come i fatti hanno dimostrato) non perché in sé sia sbagliato ipotizzare delle coalizioni ma perché si persegue con uno strumento improprio (la legge elettorale) l’obiettivo della governabilità.

La storia repubblicana è contrassegnata dal problema della governabilità nonostante per mezzo secolo il sistema istituzionale sia stato incentrato sempre sullo stesso partito. Il problema risiede, infatti, nella Costituzione poiché i Costituenti scelsero di privilegiare la centralità del Parlamento sacrificando proprio la governabilità.

Se si decide di non toccare la Costituzione (come decisero già nel 1953, quando già era attuale il tema della governabilità, e poi nel 1993 e quindi nel 2005) è chiaro che bisogna trovare un equilibrio tecnico che sia rispettoso dei principi della Costituzione. Continua a leggere

Democrazia e Stato di diritto

calderolLa legge elettorale del 2005, nota come Porcellum, presenta rilevanti e non manifestamente infondate questioni di legittimità costituzionale. Questa volta il giudizio è della Corte di Cassazione che, nelle motivazioni con cui rimette il giudizio alla Corte Costituzionale, accoglie i rilievi riguardo a premio di maggioranza alla Camera, premio di maggioranza al Senato, liste bloccate che delegano agli organi di partito l’effettiva selezione dei parlamentari; respingono i rilievi relativamente all’indicazione del candidato premier poiché questa non è lesiva delle prerogative del Presidente della Repubblica e non introduce nemmeno surrettiziamente un sistema presidenziale.

Riguardo alla legge elettorale la Cassazione non dice nulla di nuovo. I rilievi sono ampiamente evidenti e sono stati sollevati sin dal momento dell’approvazione della legge. I rilievi della Corte confermano piuttosto quanta cialtronaggine sia dominante tra coloro che hanno occupato e occupano il Parlamento. Basta un po’ di buon senso per vedere quel che la Cassazione afferma con osservazioni tanto elementari quanto incontestabili. In realtà il Porcellum è l’ultimo atto di un lungo processo parlamentare con il quale siamo passati dal Partito Stato allo Stato dei Partiti. Continua a leggere

Omosessualità e devianza

omosexNella giornata (17 maggio) internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, nell’anniversario della decisione della Organizzazione Mondiale della Sanità di depennare l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali (1990), si continua a parlare dell’omosessualità come di malattia e devianza sessuale.

Si affiancano i termini devianza e omosessualità per rilevare la “natura” patologica della sessualità di gay e lesbiche.

Per rispetto di se stessi, prima ancora del rispetto dovuto agli altri, non è auspicabile che qualsiasi persona decida arbitrariamente cosa sia malattia e cosa no. Ignoro con quale diritto qualche medico, qualche psicoterapeuta, qualche chierico e parlamentare possa catalogare l’omosessualità tra le malattie. Queste affermazioni valgono tanto quanto quelle di chi afferma che “gli ebrei sono tutti avari“; con l’unica differenza che gli omosessuali possono impunemente essere offesi e derisi mentre gli ebrei no, si commetterebbe reato (non amo i reati d’opinione e non mi piace l’idea che il rispetto della persona umana necessiti per essere affermato la trasformazione in reato di pregiudizi e becere convinzioni razziste, antisemite, ma leggo in questo doppiopesismo della cultura giuridica il segno del dilagare della mediocrità della classe dirigente non solo italiana).

Accettiamo per un attimo - gli omosessuali mi perdonino - la “classificazione” proposta: l’omosessualità è una devianza, una malattia e costituisce un’anomalia del “normale” e “naturale” comportamento sessuale che ha funzione procreativa e quindi è necessariamente eterosessuale. Verifichiamo dove ci conduce questa classificazione.

A me sembra che la natura non sia orientata verso nulla perché non sceglie ma consente che tutto possa coesistere. La natura non commette sbagli; la natura agisce, senza volontà e premeditazione, secondo propri codici i cui effetti noi definiamo normali, perché maggioritari, o errori e anormali, perché minoritari. In natura c’è tutto e il contrario di tutto. In natura tra moltissime specie animali l’omosessualità è molto diffusa.

La sessualità nell’uomo non ha una funzione puramente biologica, anzi questa è secondaria rispetto alle valenze culturali e relazionali. Affermare che la sessualità ha prioritariamente una funzione biologica significa appiattire l’uomo sulla sua dimensione animale. Persino la Chiesa riconosce il valore della sessualità: infatti propone l’utilizzo dei metodi naturali di pianificazione familiare non per avere buone probabilità di procreare a ogni coito ma per escludere i giorni in cui è più probabile fecondare. Per il diritto canonico, la sterilità non è causa di nullità del matrimonio, mentre lo è la impotentia coeundi. Continua a leggere

La tirannia del mercato

Per il Papa “il denaro è diventato un idolo. Ideologie promuovono la autonomia assoluta dei mercati e speculazione finanziaria“. Papa Francesco sottolinea che “c’è una tirannia invisibile, a volte virtuale delle leggi del mercato“, ponendo all’attenzione di tutti “una riforma finanziaria e aiuto ai poveri“.

La tirannia del mercato: più facile credere alla esistenza del diavolo, più facile accettare l’ipotesi della destinazione inferno.

Che il denaro sia un idolo, da laico direi l’unica divinità reale, è assodato da secoli. Che ci siano ideologie liberiste è altrettanto risaputo.

Si parla di mercato come spesso si parla di Stato: “lo Stato bla bla … lo Stato… bla bla” e immancabilmente arriva qualcuno che dice “lo Stato siamo noi”.

Ecco appunto, non abbiamo capito nulla. Il mercato siamo noi. Lo stato siamo noi. Il mercato è lo Stato o lo Stato è il mercato.

Se è improprio affermare che lo “Stato siamo noi”, perché indubbiamente qualcuno è più Stato di altri, potendo decidere che leggi fare e come farle, è certamente più vera l’affermazione “il mercato siamo noi” perché tutti, mendicanti compresi, concorrono a creare il mercato.

Ciascuno contribuisce al mercato in rapporto alle proprie capacità è senza dubbio più vero rispetto alla litania che ciascuno concorre alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva (art. 53 Costituzione). Certo, ci sono gli avari che potrebbero contribuire di più, ma il comportamento prevalente è che si vorrebbe contribuire al mercato più di quanto i propri mezzi consentano di fare.

Il modello consumistico-produttivo al quale tutti partecipiamo (e vorremmo parteciparvi di più) è il prodotto delle nostre scelte, anche se non tutti abbiamo contribuito in uguale misura, ed è il modello al quale tutti siamo appesi e tremiamo all’idea che stia per crollare.

Il modello economico consumistico-produttivo si basa sull’idea insana della crescita all’infinito. La consapevolezza che farsi guidare dalla crescita del PIL sia una follia mi sembra ancora lontana da venire. Ma poiché quel modello economico è tecnicamente fallito, l’unica cosa sensata è trovare le soluzioni più efficaci per accompagnare la decrescita. Se la finanza, da strumento al servizio dell’economia, è divenuta padrona dell’economia significa che l’economia non è più da tempo in grado di generare ricchezza; serve il ricorso massiccio alla finanza per finanziare i consumi, la produzione e l’occupazione.

Noi uomini creiamo il mercato, noi abbiamo inventato il denaro e lo abbiamo beatificato, noi abbiamo fatto ricorso alla finanza per creare denaro col denaro o per godere di qualcosa senza averne i mezzi economici. Noi abbiamo avallato il debito pubblico e concorso a crearlo (dimenticato il bot people?) dando esplicitamente fiducia alla politica finanziaria dei nostri governi.

Quindi, questa “tirannia del mercato”, consapevolmente o inconsapevolmente, abbiamo tutti noi contribuito a crearla. Siamo invece vittime della tirannia partitocratica generata dal tradimento della “promessa di democrazia” contenuta nella nostra Costituzione. Siamo vittime di una Europa mercantile e pataccara che a causa della incapace classe dirigente europea ha ridotto “il sogno europeo” a un misero euro nominalmente sovranazionale, sostanzialmente nazionale.

Allora? Ci libereremo dalla tirannia del mercato quando cominceremo a gioire per la discesa del PIL, ma intanto ricordiamoci di rammendare i calzini perché dovranno andare ancora bene.

Si fa presto a dire mostri

mostri_goyaBambini che uccidono bambini. Genitori che uccidono figli. Figli che uccidono genitori. Uomini che uccidono donne. Folli che uccidono incolpevoli estranei. Stupratori e sadici che infieriscono quotidianamente su donne e bambini. E non siamo in guerra…

Continui fatti di cronaca ripropongono con forza il fronte interno della sicurezza e della socialità. Ripropongono le domande di sempre su natura e bestialità umana.

Può la collettività farsi carico del “comportamento bestiale” di taluni soggetti?

Temo che dobbiamo farci carico di tutta la bestialità umana perché ogni “asocialità” è frutto della nostra natura.

Non esiste civiltà umana a ogni latitudine e longitudine che non abbia praticato schiavitù, stupri di massa, deportazioni di intere popolazioni, genocidi, torture…

La violenza e la distruttività accompagnano l’uomo sin dai tempi delle caverne.

L’amore è invece apprendimento, la più grande esperienza intellettuale. Continua a leggere

Pro Life, quale vita?

194 Periodicamente il movimento “pro-life” manifesta la propria opposizione all’aborto e alla legislazione che regola l’interruzione volontaria della gravidanza. Dalla rappresentazione data si potrebbe pensare che qualcuno sia contrario alla vita o che la pratica dell’aborto sia iniziata con le leggi che regolamentano il ricorso alla interruzione volontaria di gravidanza. Ridurre il problema a uno schema di opposti schieramenti è una banalizzazione inaccettabile. Non esiste qualcuno che è favorevole all’aborto; altri sono gli interrogativi da porsi. Regolare per legge l’interruzione volontaria di gravidanza è o non è opportuno? Come contrastare efficacemente le gravidanze indesiderate? Come gestire l’evento indesiderato?

A prescindere dal proprio personale convincimento, la vita della madre non è sullo stesso piano di quella del nascituro. Partiamo da una situazione immediatamente percepibile per comprendere il problema sul piano etico e sociale.

Se si considera ammissibile l’aborto in caso di pericolo di vita per la madre, ne consegue che la vita della madre non è sullo stesso piano di quella del nascituro; le due vite e i diritti dei due soggetti sono posti su livelli diversi di tutele. Continua a leggere