Bambini che uccidono bambini. Genitori che uccidono figli. Figli che uccidono genitori. Uomini che uccidono donne. Folli che uccidono incolpevoli estranei. Stupratori e sadici che infieriscono quotidianamente su donne e bambini. E non siamo in guerra…
Continui fatti di cronaca ripropongono con forza il fronte interno della sicurezza e della socialità. Ripropongono le domande di sempre su natura e bestialità umana.
Può la collettività farsi carico del “comportamento bestiale” di taluni soggetti?
Temo che dobbiamo farci carico di tutta la bestialità umana perché ogni “asocialità” è frutto della nostra natura.
Non esiste civiltà umana a ogni latitudine e longitudine che non abbia praticato schiavitù, stupri di massa, deportazioni di intere popolazioni, genocidi, torture…
La violenza e la distruttività accompagnano l’uomo sin dai tempi delle caverne.
L’amore è invece apprendimento, la più grande esperienza intellettuale.
La violenza è animale e quindi riesce facile all’uomo, che è pur sempre un animale. La violenza umana è consapevole, volontaria; gli altri animali sono inconsapevolmente violenti, si tratta di uso della forza, istinto e non di scelta. La violenza umana sa essere devastante e sconfinata perché l’uomo aggiunge conoscenza, intenzionalità e consapevolezza alla naturale forza biologica, giungendo a una smisurata capacità distruttiva.
La capacità d’amare e di lasciarsi amare è cultura, creatività che dona all’uomo quel quid che lo rende diverso dagli altri animali. L’essere umano è l’unico animale capace di amare, progettare, creare. Solo valorizzando queste capacità a noi specifiche potremo tacitare l’istinto violento e sanguinario che emerge talvolta anche in miti persone appena diventano branco.
In ciascuno di noi può annidarsi un “mostro” e con questa eventualità dobbiamo convivere e a fare i conti. Pensiamo a efferati criminali corteggiati fino all’inverosimile. Come si può amare un mostro assassino? Mistero dell’amore o della perversione? Mostri loro o le loro spasimanti? O ciascuno cessa di essere percepito come mostro quando diviene proiezione di quel che un individuo vuole vedere per esorcizzare i personali conflitti interiori?
Gridare al “mostro” è spesso un modo per esorcizzare le personali paure, per non confrontarci con esse e con la propria misteriosa natura. Significa non fare i conti con la civiltà umana che ha sempre considerato la vita altrui un bene di cui poter disporre a piacimento. Di questa civiltà siamo figli.
La schiavitù, ma anche la vendita dei figli e i figli “promessi” in matrimonio…
Abramo pronto a sgozzare Isacco perché la Voce così gli comanda.
Il terrorista, in nome di un ideale superiore, dispone della vita di persone innocenti.
E i serial killer? Non si muovono il più delle volte perché spinti da una forza moralizzatrice e purificatrice? Cos’è il terrorista se non un serial killer “politico”?
Gli Stati hanno utilizzato milioni di persone come carne da macello in guerre assurde. Le religioni in nome della Verità Rivelata hanno ucciso e massacrato.
L’idea antropologica che si possa disporre della vita altrui genera assassini, mostri. Con questo dobbiamo fare i conti.
La stessa violenza sessuale è una manifestazione dell’esercizio del potere sugli altri che contrassegna la civiltà umana. C’è una profonda natura antropologica nella discriminazione di genere. Solo di recente lo stupro è diventato un reato contro la persona prima era un reato contro la moralità! Per quanti secoli il maschilismo imperante ha incitato e favorito la violenza contro le donne? Quante volte la cronaca della violenza subita da una donna è stata accompagnata da commenti del tipo “si vabbè ma se l’è cercata…”. C’è una bellissima pièce di Dario Fo su questo aspetto oppure pensate al film “Sotto accusa” con una straordinaria Jodie Foster.
Guerre giuste, sacrifici necessari… sono frutti della nostra civiltà e natura.
Gli altri animali sono dotati di una “moralità” genetica, l’uomo deve essere educato all’amore, alla moralità e alla legalità. Vi sembra che si facciano seri sforzi in questa direzione?
Se Abramo è indicato come un pilastro della cristianità, la missione diviene ardua. Se perfino la Chiesa ritiene lecita, anche se con prudenza, la guerra… allora non c’è scampo.
No, nessuno ha il diritto di disporre della vita altrui. Solo così “la sacralità della vita” ha un senso e potrà essere difesa. Dobbiamo prendere atto che l’uomo è un “animale disadattato”, un pesce fuor d’acqua. Questa è la nostra natura.
Ciascun uomo nella propria forza distruttiva si sente con facilità simile a Dio che distrugge Sodoma e Gomorra, incurante del terrorizzato Abramo preoccupato per la possibile presenza di “giusti” in quelle città. Non è questa la percezione di Dio che serve all’umanità.
Non si tratta di dare le colpe alla società sollevando l’individuo dalla proprie responsabilità.
L’individuo deve giustamente essere inchiodato alle proprie responsabilità, ma se vogliamo che la società non diventi una giungla in cui prevalga la legge del più forte, della prevaricazione, della violenza, il teatro in cui sempre più numerosi sono gli spostati, gli psicopatici che terrorizzano e seminano tragedie, allora dovremo valorizzare gli attrezzi culturali di cui disponiamo non per liberarci dal “male”, ma per dotarci di anticorpi che consentano di limitare i danni.
La capacità di amare, che significa anche rispetto e ascolto, la capacità di dare attenzione, che è la prima forma di giustizia per una comunità, la cultura della legalità sono le risorse che ci consentono sempre di trovare risposte efficaci ai conflitti senza ricorrere alla violenza, che è sempre una scorciatoia che presto o tardi si rivelerà illusoria, ovvero mai risolutiva di un problema.
Per riuscire in questa impresa dobbiamo fare i conti con le nostre istituzioni politiche, civili e anche religiose. Tutte hanno un pesante bilancio fallimentare.