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Istituzioni eversive?

Istituzioni eversive? Interrogativo imbarazzante.

Comma 1 Art. 65 della Costituzione: “La legge determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore.”

La LEGGE!

Art. 66 della Costituzione: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.”

La Costituzione, quindi, contempla che le cause di ineleggibilità possano essere pre-esistenti alla elezione o sopraggiungere a elezione avvenuta.

Il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012 n. 235 recita all’art. 1Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore: a) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti…” .

Le parole “non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore” tolgono ogni dubbio: non è rilevante quando è stato commesso il reato ma lo “status” al momento della condanna. Retroattività? Ma neanche per sogno. La legge prevede che chi ha subito condanne per determinati reati non possa essere candidato al Parlamento; prevede anche che se la condanna definitiva sopraggiunge a elezione avvenuta il parlamentare decade dalla carica; questa legge era in vigore quando gli attuali componenti del Parlamento sono stati eletti e quindi “giocavano” con queste regole. Se si affermasse ai fini della retroattività che conta il momento in cui è stato commesso il reato allora anche coloro che sono stati esclusi dalle elezioni perché “condannati” dovevano essere ammessi poiché i reati erano stati commessi quando non esisteva il D. Lgs. 235/2012. Ma allora a chi si applicherebbe questa norma? Solo a coloro che sono stati raggiunti da sentenza definitiva per reati commessi dal 2013 in poi… Una legge voluta per arginare la corruzione e tutelare le Istituzioni che nella migliore delle ipotesi comincerebbe a dare qualche frutto intorno al 2020, ammesso che un reato sia immediatamente scoperto e perseguito e si giunga a sentenza definitiva nel giro di qualche anno. Un po’ di serietà e torniamo alla legge Severino.

L’art. 3 comma 1 prevede: “Qualora una causa di incandidabilità di cui all’articolo 1 sopravvenga o comunque sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione. A tal fine le sentenze definitive di condanna di cui all’articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza.”

La norma è chiarissima: attua quanto previsto dalla Costituzione nel rispetto delle numerose sollecitazioni della Corte Costituzionale a indicare con precisione le cause di ineleggibilità.

Un comune cittadino si aspetta che in caso di sopravvenuta sentenza definitiva la Camera di appartenenza verifichi che i reati per i quali il parlamentare è stato condannato rientrino tra le fattispecie previste dalla legge e quindi decretino nel caso la decadenza. D’altra parte, per ottenere la patente di guida occorre avere dei requisiti e se si perdono questi requisiti… si perde la patente. Nessuno comprende perché non debba avvenire la stessa cosa per chi non dovesse più avere i necessari requisiti dopo essere stato eletto perché in possesso di quei requisiti richiesti.

Perché allora il Senato e la Giunta competente sono da tempo impegnati in un lavoro che appare come il più classico esempio di inconcludenza malandrina da azzeccagarbugli borderline? 

Dicono dal Senato che stanno applicando il regolamento! Un regolamento può fare aggio sulla legge?

Come mai il regolamento del Senato e della Giunta per le elezioni e le immunità prevede un iter così complesso nonostante la legge sia perentoria e non lasci alcun margine di valutazione politica?

Sembra di tornare ai tempi del caso Lockeed o di essere di fronte a una richiesta di autorizzazione a procedere.

Ci si attende un ruolo per così dire “notarile”, come d’altra parte avviene in altri casi.

Dal sito del Senato apprendiamo che il regolamento non è stato modificato per adeguarlo alla nuova normativa (il decreto legislativo 235/2012); ma d’altra parte non era probabilmente necessario poiché all’art. 19 comma 4 del regolamento leggiamo “La Giunta procede alla verifica, secondo le norme dell’apposito Regolamento, dei titoli di ammissione dei Senatori e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità; riferisce, se richiesta, al Senato sulle eventuali irregolarità delle operazioni elettorali che abbia riscontrato nel corso della verifica”.

Verifica: semplice no? Per quali reati è stato condannato il senatore? Rientrano tra i casi contemplati dalla legge? Sì, no. Voilà!

Approfondiamo allora con il Regolamento della Giunta delle elezioni e delle immunità.

Anche in questo caso non c’è traccia di modifiche per adeguare il regolamento alla nuova normativa. Il Regolamento per la Verifica dei Poteri (così è definita questa importante attività della Giunta delle elezioni e delle immunità volta a verificare l’eleggibilità del candidato, la regolarità dell’elezione e che non siano sopravvenute cause che impediscano il legittimo esercizio del mandato parlamentare) al capo IV e V è tutto orientato alla pre-vigente normativa, alla verifica delle cariche dei senatori… e quindi si muove come se il decreto legislativo 235/2012 non esistesse …

Siamo tutti consapevoli che ciascuna camera parlamentare ha una “riserva  di giurisdizione” con compiti esclusivi di verifica e di accertamento ma tali compiti devono – come prescritto dalla Costituzione – tener conto delle leggi.

Perché la Giunta si comporta come se il decreto legislativo 235/2012 non esistesse?

Perché i Regolamenti non vengono prontamente aggiornati sulla base delle nuove disposizioni?

La sensazione è che il Senato (in buona compagnia con il fratello gemello) operi al di fuori e al di sopra della legge, fuori dalla legalità e dallo Stato di Diritto abusando delle prerogative costituzionali. Ancora una volta le vecchie logorate prassi annullano le leggi. L’iter che si sta seguendo in Senato non tiene in alcun  conto le nuove normative varate in attuazione della Costituzione. La prassi non conta nulla quando si è in presenza di una norma scritta.

Non si tratta solo di una attività inutilmente complessa, vistosamente ridicola, sulla quale potremmo soprassedere. Infatti,  se leggiamo questi avvenimenti coniugandoli con

–         la legge elettorale che nega al cittadino la facoltà di scegliere i rappresentanti e determinare il corpo legislativo

–         la nuova formulazione dell’art. 283 del codice penale che richiede per il reato di “Attentato contro la Costituzione dello Stato” la sussistenza di “atti violenti”

emerge quella che appare come una precisa volontà eversiva dell’ordinamento costituzionale per mano del Parlamento.

Che difese abbiamo rispetto al rischio reale e concreto che la minaccia eversiva arrivi dalle Istituzioni?

Molti parlamentari da mesi ripetono che il loro leader è vittima di un complotto politico. Urlano agli italiani che si tratta di “sentenze politiche” che non richiedono pertanto “analisi e  valutazioni tecniche o giuridiche” perché appunto sono sentenze politiche. Ci spiegano questi signori delle Istituzioni che giudici manovrati dalla “sinistra”, giudici che apparterrebbero a “magistratura democratica”, una “specie di setta segreta”, stanno attuando un colpo di stato “per eliminare politicamente l’unico avversario politico della sinistra. Parlamentari che hanno avuto importanti cariche istituzionali e di governo ci parlano di colpo di stato” attuato da giudici solidali con la sinistra…

E se avessero ragione?

Sono cialtroni che rappresentano (si fa per dire) indegnamente il “popolo sovranoo hanno ragione e sono i paladini dell’ordinamento democratico?

Bel dilemma, ma una cosa è certa: non siamo più nell’ambito dell’opinabilità politica, della discrezionale valutazione degli eventi quando si accusano giudici e politici di attuare un complotto ai danni dell’avversario politico.

Come mai nessun magistrato convoca come “persone informate dei fatti” questi parlamentari per comprendere se le accuse che rivolgono a giudici e ad altri parlamentari sono fondate?

E se ritengono che siano così palesemente infondate da non aver neanche bisogno di ascoltarli allora questi parlamentari sono degli impostori, probabilmente non punibili perché “diffamano” nell’esercizio delle loro alte funzioni istituzionali…  ma noi cittadini abbiamo il diritto e il bisogno di sapere che le loro accuse sono infondate, ovvero abbiamo bisogno di sapere da “giudici terzi” che le accuse rivolte ad altri giudici sono montature politiche, frottole, cazzate, minchiate, panzane, fregnacce… ne abbiamo il disperato bisogno gentili Signori delle Istituzioni, diversamente abbiamo il dovere di diffidare di tutti voi.

Non possiamo accontentarci del nostro giudizio politico perché non è materia politica: è stato applicato il diritto (con le ovvie possibilità di errore, ma il diritto) o sono stati utilizzati gli strumenti giuridici per raggiungere un risultato politico predeterminato e voluto? La differenza non è cosa da poco. Per fare un esempio, un conto è dire che dei giudici hanno sbagliato e persistito nell’errore condannando Enzo Tortora, altra cosa dire che quei giudici hanno condannato Enzo Tortora perché a libro paga della camorra con il fine di depistare e dare il tempo di eliminare una serie di prove che avrebbero consentito di inchiodato i veri camorristi. Non vi sembra che ci sia una bella differenza?

Posso prendere in considerazione l’eventualità che Silvio Berlusconi sia innocente, nonostante una sentenza definitiva, ma non posso non preoccuparmi se qualcuno dalle Istituzioni afferma che Berlusconi è stato volutamente condannato da innocente per portare a compimento un piano politico. Si tratta di una affermazione di estrema gravità penale e istituzionale che va assolutamente chiarita.

In altre parole, se non fossi stato chiaro, o è un bugiardo diffamatore chi da mesi accusa i magistrati di aver emesso sentenze politiche per rispondere a interessi politici di parte o chi afferma ciò dice il vero.

Tertium non datur e urge che sia accertato se persone che formalmente rappresentano il popolo italiano sono ignobili diffamatori delle istituzioni e dell’ordine giudiziario o se ci stanno difendendo da una deriva istituzionale.

Comprenderete, signori delle Istituzioni, che noi cittadini siamo messi proprio male.

O c’è una parte che attenta all’ordinamento costituzionale e istituzionale denunciando inesistenti complotti e inesistenti “servitù” politiche nell’azione giudiziaria di una nutrita schiera di giudici o c’è una parte, costituita da giudici e politici, che attenta all’ordinamento costituzionale e istituzionale inducendo giudici politicamente vicini (o addirittura a libro paga di qualche politico o chissà cos’altro… magari ricatti…) a “eliminare” l’avversario politico “per via giudiziaria”.

Fintantoché non ci sarà un accertamento delle responsabilità e della verità sarà compromessa la credibilità del sistema istituzionale. Mi sembra che chi  rappresenta le Istituzioni si stia dimostrando poco attrezzato per difendere le Istituzioni.

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