Francesco non va alla guerra!

francescoPapa Francesco lancia un appello “Mai più la guerra!”. Invita tutta la Chiesa a una giornata di preghiera per la pace in Siria, Medio Oriente e nel mondo intero. Ci ricorda che la violenza chiama violenza. Belle appassionate parole condivise da quasi tutti noi, compresi coloro che alla guerra pensano.

La Siria, dopo mezzo secolo di stato di emergenza, è in una situazione di crescente drammaticità da ormai 30 mesi. Cosa è stato fatto dalla comunità internazionale in tutto questo interminabile tempo? Quasi nulla. Le solite operazioni routinarie in attesa che le grandi potenze del mondo trovino un accordo a loro confacente o qualcuno si convinca di poter forzare la mano.

Non dimentichiamoci che la Siria, oltre a essere membro dell’ONU, è tra i firmatari della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e come  ogni Stato aderente è tenuto al rispetto dello Statuto ONU e degli obblighi che ne derivano.

Quanti, anche tra le autorità politiche, ascoltando papa Francesco hanno pensatosarebbe bello mai più guerra ma purtroppo bisogna andare in guerra per costruire la pace”?

A che servono le belle parole di papa Francesco se la Chiesa Cattolica è tra i maggiori ispiratori della dottrina della “guerra giusta, largamente abusata nei pochi anni di questo terzo millennio già così affollato di guerre. Questo dato culturale e dottrinale non può essere ignorato.

Vorrei che la dottrina della Chiesa sulla guerra, come sulla pena di morte, riflettesse le belle parole di papa Francesco per non offrire alibi etico a quanti pensano alla guerra come a una soluzione inevitabile, senza adoperarsi prima per rendere possibile la pace.

Riprendo quanto previsto dal Catechismo della Chiesa Cattolica al capitolo “La difesa della pace” (http://www.vatican.va/archive/ITA0014/_P80.HTM#5X) .

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La tirannia del mercato

Per il Papa “il denaro è diventato un idolo. Ideologie promuovono la autonomia assoluta dei mercati e speculazione finanziaria“. Papa Francesco sottolinea che “c’è una tirannia invisibile, a volte virtuale delle leggi del mercato“, ponendo all’attenzione di tutti “una riforma finanziaria e aiuto ai poveri“.

La tirannia del mercato: più facile credere alla esistenza del diavolo, più facile accettare l’ipotesi della destinazione inferno.

Che il denaro sia un idolo, da laico direi l’unica divinità reale, è assodato da secoli. Che ci siano ideologie liberiste è altrettanto risaputo.

Si parla di mercato come spesso si parla di Stato: “lo Stato bla bla … lo Stato… bla bla” e immancabilmente arriva qualcuno che dice “lo Stato siamo noi”.

Ecco appunto, non abbiamo capito nulla. Il mercato siamo noi. Lo stato siamo noi. Il mercato è lo Stato o lo Stato è il mercato.

Se è improprio affermare che lo “Stato siamo noi”, perché indubbiamente qualcuno è più Stato di altri, potendo decidere che leggi fare e come farle, è certamente più vera l’affermazione “il mercato siamo noi” perché tutti, mendicanti compresi, concorrono a creare il mercato.

Ciascuno contribuisce al mercato in rapporto alle proprie capacità è senza dubbio più vero rispetto alla litania che ciascuno concorre alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva (art. 53 Costituzione). Certo, ci sono gli avari che potrebbero contribuire di più, ma il comportamento prevalente è che si vorrebbe contribuire al mercato più di quanto i propri mezzi consentano di fare.

Il modello consumistico-produttivo al quale tutti partecipiamo (e vorremmo parteciparvi di più) è il prodotto delle nostre scelte, anche se non tutti abbiamo contribuito in uguale misura, ed è il modello al quale tutti siamo appesi e tremiamo all’idea che stia per crollare.

Il modello economico consumistico-produttivo si basa sull’idea insana della crescita all’infinito. La consapevolezza che farsi guidare dalla crescita del PIL sia una follia mi sembra ancora lontana da venire. Ma poiché quel modello economico è tecnicamente fallito, l’unica cosa sensata è trovare le soluzioni più efficaci per accompagnare la decrescita. Se la finanza, da strumento al servizio dell’economia, è divenuta padrona dell’economia significa che l’economia non è più da tempo in grado di generare ricchezza; serve il ricorso massiccio alla finanza per finanziare i consumi, la produzione e l’occupazione.

Noi uomini creiamo il mercato, noi abbiamo inventato il denaro e lo abbiamo beatificato, noi abbiamo fatto ricorso alla finanza per creare denaro col denaro o per godere di qualcosa senza averne i mezzi economici. Noi abbiamo avallato il debito pubblico e concorso a crearlo (dimenticato il bot people?) dando esplicitamente fiducia alla politica finanziaria dei nostri governi.

Quindi, questa “tirannia del mercato”, consapevolmente o inconsapevolmente, abbiamo tutti noi contribuito a crearla. Siamo invece vittime della tirannia partitocratica generata dal tradimento della “promessa di democrazia” contenuta nella nostra Costituzione. Siamo vittime di una Europa mercantile e pataccara che a causa della incapace classe dirigente europea ha ridotto “il sogno europeo” a un misero euro nominalmente sovranazionale, sostanzialmente nazionale.

Allora? Ci libereremo dalla tirannia del mercato quando cominceremo a gioire per la discesa del PIL, ma intanto ricordiamoci di rammendare i calzini perché dovranno andare ancora bene.

Viva il Papa!

Ieri 13 marzo tra le 19 e le 21 l’elezione del Papa è stata accompagnata da una fitta sequenza di comportamenti che meritano attenzione. Uno spaccato interessante è il fitto susseguirsi di post su twitter nella trepidante attesa che fosse annunciato il nome.

Che aspettative avranno Anna Paola Concia e Debora Serracchiani dal nuovo pontefice? In qualche caso l’attesa è stata subito seguita da qualche incrinatura…

Come interpretare i tripudi di gioia del PDL  che annuncia che il nuovo papa sarà la loro guida spirituale? E il tripudio di Polverini, Continua a leggere