La legge elettorale del 2005, nota come Porcellum, presenta rilevanti e non manifestamente infondate questioni di legittimità costituzionale. Questa volta il giudizio è della Corte di Cassazione che, nelle motivazioni con cui rimette il giudizio alla Corte Costituzionale, accoglie i rilievi riguardo a premio di maggioranza alla Camera, premio di maggioranza al Senato, liste bloccate che delegano agli organi di partito l’effettiva selezione dei parlamentari; respingono i rilievi relativamente all’indicazione del candidato premier poiché questa non è lesiva delle prerogative del Presidente della Repubblica e non introduce nemmeno surrettiziamente un sistema presidenziale.
Riguardo alla legge elettorale la Cassazione non dice nulla di nuovo. I rilievi sono ampiamente evidenti e sono stati sollevati sin dal momento dell’approvazione della legge. I rilievi della Corte confermano piuttosto quanta cialtronaggine sia dominante tra coloro che hanno occupato e occupano il Parlamento. Basta un po’ di buon senso per vedere quel che la Cassazione afferma con osservazioni tanto elementari quanto incontestabili. In realtà il Porcellum è l’ultimo atto di un lungo processo parlamentare con il quale siamo passati dal Partito Stato allo Stato dei Partiti.
Avvilente dover sentire il ministro Quagliariello invitare la politica a non cincischiare: torna a casa? Perché se continuerà a fare politica si riducono le possibilità che la politica non cincischi, considerato che questa è da lunghi anni la sua unica abilità.
Deprimente sentire Gasparri che si esibisce con una delle sue cretinate: prima la riforma istituzionale e poi la riforma elettorale. La legge elettorale è stata modificata senza cambiare l’assetto istituzionale e con l’intenzione di inserire surrettiziamente l’elezione diretta del premier. Quante volte abbiamo sentito Berlusconi, Schifani e tanti altri affermare che Berlusconi è “l’unica carica dello stato eletta direttamente dal Popolo”. Gasparri vorrebbe prima introdurre il presidenzialismo, poi si procederà alla nuova legge elettorale. Già per Gasparri, l’uomo che non sa mai di cosa parla, abbiamo tanto tempo da perdere a cincischiare, seguendo l’indicazione del suo cincischiante ministro. Dimentica Gasparri che una riforma costituzionale che andava in direzione presidenziale è stata già bocciata nel 2006 dagli elettori.
Qualcuno riflette su cosa potrebbe accadere se per votare ancora con il Porcellum facessero cadere il governo Letta. Credo che potrebbero cadere tutti, ma Napolitano non scioglierà mai le Camere in questa situazione.
Può darsi che il Parlamento si affretti a varare una nuova legge elettorale che elimini i rilievi della Corte e inventandosi qualcosa che difficilmente sarà in linea con la Costituzione: se ne fossero capaci non avrebbero varato e mantenuto in vita il Porcellum. Dobbiamo nutrire doverosa diffidenza per il Parlamento che da molti anni è l’assemblea dei rappresentanti dei partiti. Dobbiamo pretendere che per legge sia effettuata dalla Corte Costituzionale la valutazione di costituzionalità della legge elettorale, prima della sua entrata in vigore: solo in questo modo potremo assicurarci che il Parlamento non si renda colpevole di violazione dei diritti costituzionali del popolo italiano come già ha ripetutamente fatto.
Qualcuno rimprovera i giudici: “ma lo scoprono adesso dopo 8 anni!?”. Faccio notare che in Italia non esiste il ricorso diretto alla Corte Costituzionale. Si giunge alla valutazione di legittimità costituzionale attraverso un iter processuale, ovvero per via incidentale. Così, dopo una complessa vicenda, meritoriamente promossa da un valoroso avvocato, Aldo Bozzi, finalmente la Cassazione ha deciso di rimettere gli atti alla Corte.
L’aspetto più significativo dell’operato della Cassazione sta proprio nell’aver riconosciuto la natura incidentale della verifica di legittimità costituzionale. Per la Cassazione non è condivisibile la tesi secondo la quale quanto previsto dalla legge elettorale rientra nell’ampio potere discrezionale del legislatore, poiché non esistono nella Costituzione indicazioni riguardo ai sistemi elettorali da adottare e tutto è rinviato al legislatore ordinario. Giustamente, rileva la Cassazione, la legge deve essere conforme ai principi costituzionali e a essere violato è proprio il diritto fondamentale di uguaglianza e di determinazione della propria rappresentanza politica.
Se accettassimo la tesi della totale discrezionalità del legislatore si verificherebbe un vulnus gravissimo per l’ordinamento democratico poiché la legge fondamentale per il funzionamento della democrazia sarebbe sottratta al giudizio di costituzionalità.
Il filtro all’accesso al giudizio della Corte Costituzionale non può tradursi in una sostanziale impossibilità di ricorso alla Corte con la conseguente impossibilità di valutare la legittimità costituzionale di una legge fondamentale per il funzionamento istituzionale e per l’esercizio dei diritti fondamentali dell’uomo.
La Cassazione osserva che l’elettore può votare solo una lista bloccata al cui interno i candidati sono posti secondo un ordine deciso dagli organi di partito cosicché l’elettore non ha possibilità alcuna di scegliere il proprio rappresentante ma deve solo sperare che la lista prenda tanti voti quanti ne servono perché il suo candidato preferito risulti eletto. La Cassazione sfiora così due temi fondamentali per la democrazia: l’organizzazione democratica del partito, la selezione dei candidati. L’elettore non solo non può scegliere tra i candidati ma è escluso anche dalla scelta di chi candidare. Non solo. I partiti, che dovrebbe essere per Costituzione strumenti organizzativi per la partecipazione alle scelte politiche, non sono tenuti a dotarsi di meccanismi interni democratici e quindi si risolvono in associazioni private che di fatto si sostituiscono al corpo elettorale.
Adesso la palla passa alla Corte Costituzionale che dovrà decidere sulla legittimità costituzionale riguardo ai rilievi posti. Alto il rischio di una decisione politica, nel senso che di seguito illustro.
La Corte Costituzionale si occupa di Costituzione, ovvero la più alta espressione della volontà politica che regola la vita di una collettività. Le sentenze della Suprema Corte sono inevitabilmente politiche, nel senso che devono accertare la compatibilità di una legge con i principi giuridici e pre-giuridici che la collettività ha posto alla base della propria esistenza.
In questa situazione è altissimo il rischio che la Corte assuma una decisione fortemente politica, non nel senso spregevole di sentenza di parte deliberatamente assunta contro un’altra parte, ma nel senso nobile di avvertire il peso politico di una decisione in un contesto gracile in cui da anni i partiti si confrontano improduttivamente, nell’ambito di una Costituzione che ha oggettive carenze (che hanno reso possibile una legge elettorale sulla cui legittimità costituzionale dovrebbe pronunciarsi dopo tre tornate elettorali), in un contesto politico in cui dal 1953 si persegue l’obiettivo della governabilità attraverso il voto quando i Costituenti decisero che la governabilità doveva essere garantita dal Parlamento. Le decisioni della Corte Costituzionale potrebbero, in un contesto politico oggettivamente dominato da irresponsabili cialtroni, portare alla totale ingovernabilità. Non sarebbe quindi sorprendente che la Corte decidesse con una sentenza di inammissibilità.
Prescindendo da quale sarà la decisione della Suprema Corte non c’è dubbio alcuno sulla incostituzionalità del Porcellum.
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