Al voto, al voto!

Perché precipitarsi al voto?

Abbiamo importanti scadenze finanziarie, ci sono in discussione leggi sinora considerate urgenti, tra queste la riforma del processo penale, occorre mettere in sicurezza i conti pubblici anche per evitare sanzioni a livello europeo.

Come se non bastasse c’è la legge di stabilità che il Governo dovrà presentare in parlamento entro il 15 ottobre per essere approvata entro fine anno.

Su tutto ciò grava il rischio della speculazione finanziaria: questa corsa al voto è un ghiotto pasto per gli squali della finanza.

Tutto questo per andare al voto qualche mese prima della naturale scadenza della legislatura; perché? a chi giova?

Non certo al Paese e agli italiani; quindi, serve solo agli interessi di parte dei capi-partito che gridano al voto, al voto!

Vediamo il calendario.

Dopo aver cincischiato per mesi – il parlamento poteva e doveva mettersi al lavoro sulla legge elettorale sin dal 5 dicembre – adesso vogliono accelerare per approvare un “mega porcellum”, come giustamente Paola Taverna ha definito questa nuova proposta di legge elettorale.

La tabella di marcia prevede l’approvazione definitiva della legge al 7 luglio.

Che succede dopo? Continua a leggere

Le sgangherate tesi del SI by Violante e Ceccanti

Uno degli argomenti forti degli oltranzisti della riforma targata Boschi è che il bicameralismo perfetto sarebbe il maggiore responsabile dei 63 governi repubblicani in soli 68 anni.

In “Le ragioni del SI”, un lungo intervento fitto di surreali affermazioni, LucianoViolante pone degli interrogativi e ovviamente ci regala le sue risposte: “L’instabilità, dodici governi negli ultimi venti anni, verrà finalmente superata? (…) Si potranno riattivare forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche?
La riforma risponde positivamente a questi interrogativi. Poiché una delle grandi difficoltà delle democrazie occidentali è costituita dalla estraneità dei cittadini alla politica, dovrebbe essere particolarmente sottolineata quella parte della riforma che riconosce il diritto dei cittadini al referendum propositivo e a vedere prese in esame entro un determinato termine le proposte di legge di iniziativa popolare, che oggi finiscono in un cestino. Si tratta di novità che, insieme ad una nuova legge elettorale che non sacrifichi la rappresentanza dei cittadini, potrebbe riattivare il circuito virtuoso tra società e politica.

Violante rafforza il concetto: “le proposte di iniziativa popolare devono essere necessariamente prese in esame dalle Camere

 

Chissà se Violante ha fatto fatica a mettere insieme in poche righe tante inesatte semplificazioni o se gli riesce spontaneo.

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Il suicidio del Parlamento, ovvero quando la storia non insegna proprio nulla

Senza fare analogie spicce, credo si debba guardare alla storia con maggior rispetto e consapevolezza per evitare di ripetere gli stessi errori. Gli errori del passato possono ripetersi e avranno di volta in volta effetti diversi perché il contesto cambia, ma un errore resta tale anche se la maestra non lo vede e non lo segna con la matita rossa: semplicemente non ha effetti. Gli errori si ripetono, gli effetti cambiano.

La storia non è fatta dai mediocri, per consolazione definiti grandi, che di volta in volta interpretano i mal di pancia dei tanti, ma dai tanti che non sanno gestire il proprio mal di pancia. Così, non sono Mussolini, Hitler, Stalini demoni responsabili della più grande tragedia del XX secolo e forse della storia della umanità, ma i loro contemporanei che lasciarono che si aprissero le porte della sconfinata distruttività.

La cecità dei contemporanei.

Nella bibliografia del Parlamento trovo una pregevole opera di Alessandro Visani, “La conquista della maggioranza. Mussolini, il Pnf e le elezioni del 1924”. La Camera dei Deputati mette a disposizione dei deputati tante perle, ma i poveretti non hanno tempo da dedicare alle letture. Consiglio a Boschi e Renzi e poi a tutti gli altri di leggere questo libro di Visani. Forse comprenderebbero la portata di quanto stanno facendo nel loro arrogante cretinismo politico e delirio di onnipotenza.

Giovanni Sartori nel 2008, in altro contesto, scrisse queste note che prendo in prestito per il caso dei giorni nostri.

Il maggiore costituzionalista inglese dell’Ottocento, Walter Bagehot, spiegava che il sistema di governo del suo Paese si fondava sulla «stupidità deferente» degli inglesi. Forzando quel testo mi azzarderei a dire che una deferential stupidity è, può essere, una forma di intelligenza pratica. Se sai di non sapere, se sai di non capire, è intelligente essere deferenti. Invece assistiamo sempre più a un crescendo di «ignoranza armata», e così di un’arroganza dell’ignoranza, che rappresenta un perfetto e devastante cretinismo pratico. Sì, a mio avviso una persona intelligente senza buonsenso si trasforma facilmente in un cretino, s’intende, un cretino pratico. Sì, il buonsenso può correggere la stupidità e aiuta a «scretinizzare» i cretini. Sì, la scomparsa del buonsenso prefigura un mondo sempre più popolato da stupidi la cui caratteristica, scriveva giocosamente Carlo Cipolla, è di non fare soltanto il male proprio ma anche il male altrui.”

Il nostro destino è sempre più nelle mani di cretini istruiti; il governo e il parlamento ne sono pieni.

Torniamo al testo di Visani. Lo studioso fa propria la tesi di Giovanni Sabbatucci (altra presenza nella biblioteca parlamentare; consiglio “Il suicidio della classe dirigente liberale. La legge Acerbo 1923-1924” e “Le riforme elettorali in Italia. 1848 – 1994”) e afferma “l’approvazione della legge Acerbo fu un classico caso di suicidio di un’assemblea rappresentativa, accanto a quelli del Reichstag che vota i pieni poteri a Hitler nel marzo del 1933 o a quello dell’Assemblea Nazionale francese che consegna il paese a Petain nel luglio del 1940. La riforma fornì all’esecutivo lo strumento principe – la maggioranza parlamentare – che gli avrebbe consentito di introdurre, senza violare la legalità formale, le innovazioni più traumatiche e più lesive della legalità statuaria sostanziale, compresa quella che consisteva nello svuotare di senso le procedure elettorali, trasformandole in rituali confirmatori da cui era esclusa ogni possibilità di scelta”. Continua a leggere

Democrazia e Partiti: il caso Lega Nord

Cultura e civiltà politica vorrebbero che passasse in secondo piano ogni aspetto di colore della contesa Salvini vs Tosi e persino la distanza politica tra i due dovrebbe essere irrilevante rispetto al dato che quanto sta avvenendo è l’ennesima dimostrazione della inadeguatezza del sistema dei partiti, di quanto la nostra democrazia sia lontana dal dettato costituzionale, di quanto il nostro sistema parlamentare sia diventato criminogeno e truffaldino.

E’ la gracilità del sistema politico, giuridico, istituzionale, democratico, informativo… che questa contesa dovrebbe porre al centro del dibattito. Chiaramente, anche i mass media si occupano prevalentemente di colore o di secondari contrasti politici fingendo di non vedere un problema che pregiudica la ragione stessa di una democrazia rappresentativa fondata sul sistema dei partiti politici.

La Lega Nord per l’Indipendenza della Padania è un movimento formato dalla confederazione dei movimenti “nazionali”, identificabili con le attuali Regioni. Un movimento che “ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”.

Lo Statuto della Lega Nord, approvato a luglio 2014, prevede che (vedasi in particolare gli articoli 1-2-30-38-39), in occasione delle elezioni amministrative, la formazione delle liste e la valutazione delle eventuali alleanze competono al Consiglio Nazionale e al segretario “nazionale, nella accezione leghista, vale a dire quello che corrisponde al segretario regionale per gli altri partiti. Il segretario della Liga Veneta è Flavio Tosi.

Il segretario federale, dunque, non ha voce in capitolo e non può imporre candidati e alleanze elettorali.

Stiamo assistendo a una evidente violazione dello Statuto di un movimento politico; violazione che offende i diritti degli iscritti e degli elettori tutti. E’ dunque un tema squisitamente di civiltà politica, cultura e legalità.

La Lega Nord è iscritta al Registro Nazionale dei Partiti proprio perché ha uno Statuto che impegna al rispetto delle regole democratiche e dei diritti degli iscritti. L’iscrizione a questo Registro consente l’accesso a una serie di benefici fiscali ed economici, compreso l’essere destinatario del 2permille dell’IRPEF e l’accesso alla Cassa Integrazione per i dipendenti dei partiti (singolare beneficio dopo le sistematiche ruberie ampiamente diffuse in tanti partiti).

La verifica della sussistenza dei requisiti per l’accesso a questi benefici è solo formale, mentre è demandata agli iscritti ogni azione per tutelare i propri diritti. In sostanza, una volta ottenuta l’iscrizione al Registro Nazionale, il Partito è libero di fare quel che vuole, alla faccia della trasparenza e democraticità sulla carta richieste.

Nonostante il ruolo proprio dei Partiti, questi rimangono pur sempre associazioni private non riconosciute (art. 36 codice civile), come delle semplici bocciofile, e sebbene un comportamento contrario allo Statuto arrechi offesa a tutto il sistema democratico, fondato sull’imprescindibile ruolo dei soggetti politici che concorrono alle elezioni per la formazione delle assemblee elettive, il cittadino può solo restare a guardare confidando su un gesto di orgoglio e sul desiderio di giustizia che porti gli iscritti a citare in giudizio il proprio Partito. Esattamente quel che dovrebbe fare Tosi nei confronti di Salvini, invece di chiamarlo “dittatore”.

A questo si aggiunga la misera attività svolta dal Parlamento anche su questo fronte.

La legge n. 13/2014 intitolata “Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore” è, infatti, una legge ingannevole e criminogena.

Non si dovrebbe intitolare “Abolizione del finanziamento pubblico” una legge che sostituisce i rimborsi elettorali introducendo quel che dicono di abolire. Oltretutto, i parlamentari avevano sempre sostenuto che non si trattasse di finanziamenti pubblici, ma di rimborsi, appunto… Invece, avvalendosi del potere impositivo fiscale, il Parlamento decide di devolvere ai partiti parte delle somme raccolte grazie a questo potere: nei fatti una introduzione dei finanziamenti pubblici perché somme pubbliche dovute allo Stato saranno conferite ai partiti.

Inaccettabile, ridicolo e un tantino criminogeno, subordinare benefici fiscali ed economici alla sola esistenza dei requisiti formali per ottenere l’iscrizione al Registro nazionale dei partiti, iscrizione necessaria per accedere ai benefici stessi, senza svolgere alcun controllo sulla effettiva trasparenza e democraticità dei partiti.

Ancora una volta abbiamo la dimostrazione di quanto il Parlamento, occupato dai rappresentanti dei Partiti e non dai rappresentanti del popolo, operi al di fuori della Costituzione, della legalità e dello stato di diritto. I Partiti, che non sono organizzazioni trasparenti e democratiche, hanno occupato le Istituzioni. Con l’approvazione della legge 13/2014 il Parlamento conquista ancora una volta il titolo di primo motore del qualunquismo e dell’antipolitica.

Calderoli vede orango

La Giunta per le autorizzazioni a procedere non ritiene si debba procedere nei confronti del senatore Roberto Calderoli.

Non costituisce razzismo e istigazione all’odio razziale affermare che “Kyenge ricorda un orango”.

Questa volta sono d’accordo con la Giunta per le autorizzazioni.

L’orango è un nobile primate, senza dubbio più in alto nella evoluzione rispetto a tanti ominoidei e persino di alcuni esemplari di bipedi homo sapiens.

Ciascuno di noi associa spesso una persona a qualcosa e l’orango è un nobile animale. Se avesse detto che le ricorda un pavone o una leonessa… sarebbe stato offensivo?

Avete mai visto un elefante defecare?

Ecco, quando vedo Calderoli mi viene in mente l’immagine del prodotto della defecazione di un elefante.

elefante cacca

Diritto di microfono

Chi concede il diritto di microfono?

salviniLa cosiddetta opinione pubblica si forma prevalentemente sulle informazioni proposte dai media.

Rilevante, dunque, in una democrazia come sono organizzati i media, chi li controlla, il grado di libertà di cui godono dal potere politico e da quello economico-finanziario, spesso intrecciato con quello politico.

La circolazione delle idee, l’accesso al palcoscenico mediatico e al microfono sono importanti tanto quanto la libertà di accesso alle notizie, alle fonti, ai documenti. E c’è sempre qualcuno che decide di cosa di deve parlare: i temi del giorno.

Conoscere per deliberare non è uno slogan, ma il pane di cui ogni giorno dovrebbe nutrirsi ogni cittadino per difendere e far crescere la democrazia.

L’accesso alle fonti, nell’era di Internet, è apparentemente semplice, ma se una persona non è stata educata al pensiero critico… sarà difficile che si dedichi alla ricerca e all’approfondimento e se avviene spesso si troverà in difficoltà perché gli mancano le griglie interpretative, le conoscenze di base per interpretare quel che legge. Si accontenterà quindi della TV illudendosi di essere una persona informata perché naviga tra le innumerevoli trasmissioni di cosiddetto approfondimento.

Analfabetismo di ritorno che produce un mondo pieno di cretini istruiti.

Succede così che ciascuno di noi è alla mercé dei media, di quel che ci propongono. Nascono i nuovi casi mediatici e spesso anche i leader politici. Creati a tavolino per essere facilmente masticati dall’opinione pubblica, come una canzonetta orecchiabile.

Ultimo caso da qualche mese in costruzione: Matteo Salvini

Più si coltiva l’idea che Salvini possa essere il leader del centro-destra più si mette in evidenza il fallimento dello storico leader: Berlusconi, che in vent’anni non ha saputo creare una squadra che andasse oltre la sua persona. Chi sono i personaggi che possono prendere il posto di Berlusconi? Non ci sono.

Berlusconi accetterà acconsentirà ad affidare la leadership a Salvini? Probabilmente NO

C’è una previsione di leadership costituita con metodo democratico e confronto interno? NO, siamo ancora fermi al predellino.

Salvini può essere lusingato e illuso di poter essere il leader? SÌ

Sa che non vincerà, ma sa che prenderà più voti se si propone come nuovo leader (anche non riconosciuto e in opposizione ad altro leader) dello schieramento di centro-destra a livello nazionale o semplicemente della Lega 2.0, abbandonando il vecchio e ormai logoro slogan “prima il nord“.

Così il centro-sinistra avrà più probabilità di vittoria, per mancanza di una alternativa unitaria e credibile e perché così vuole Berlusconi al quale serve essere utile alla leadership renziana per ottenere riabilitazione e protezione. Ah quanto erano belli i tempi in cui potevo contare sul bravo Craxi, pensa ogni giorno Silvio. Non solo di riabilitazione si tratta, con evidenza sono tanti gli interessi che Berlusconi deve ancora tutelare e mettere in salvo per la progenie.

La strategia pro - Salvini che i media ci stanno rifilando con assiduità quotidiana ha anche la funzione di contenere il M5S… E questo è un aspetto sottovalutato che può presentare qualche sorpresa.

Per tanti italiani Grillo rappresenta ancora una incognita eccessiva e rischiosa.

Salvini pesca nel torbido, nella paure, nelle inefficienze… ma oltre le parole c’è ben poco, come dimostra la reazione alla bocciatura del referendum sulla legge Fornero, ampiamente scontata. Idee concrete e progetti sono prossimi allo zero.

Centro-destra diviso, opposizioni divise e poco appetibili per il grande pubblico, ecco che si inizia a costruire a tavolino la vittoria del PD senza il rischio del ballottaggio.

Si scherza col fuoco: il gioco delle alleanze in politica è imprevedibile, come dimostra quanto avvenne nel 1994.

I media stanno creando il consenso a Salvini, dando per scontato che tanto non ha alcuna possibilità di vittoria, stanno facendo dimenticare il fallimento della Lega bossiana, la mediocrità della gestione Cota e Maroni, l’inconsistenza dei tanti notabili leghisti… Ma se dovessero cambiare le alleanze, smontare il consenso creato non sarà affatto facile e immediato.

La politica è imprevedibile: non si vince mai a tavolino e quel che oggi appare ovvio e prevedibile potrebbe con facilità sfuggire di mano.

Chi concede il diritto di microfono?

Exploit della Lega, déblậcle dei pentastellati

salviniExploit della Lega, déblậcle dei pentastellati.
Da settimane sentiamo questo ritornello, al quale immancabilmente si aggiunge che il PD di Renzi ha portato a casa due regioni su due con ottimi risultati e l’astensione è un dato secondario, e quindi si ribadisce che il vero vincitore è la Lega di Salvini, mentre il Movimento 5 Stelle di Grillo sarebbe già sulla via della rottamazione. Stanno proprio così le cose?

Compito dei partiti è raccogliere il consenso.
Le elezioni servono a misurare il gradimento di ciascun partito e ciascuno lavora per riconfermare i voti in precedenza raccolti e possibilmente incrementarli.
La prima valutazione da fare è quanti voti un partito ha raccolto rispetto alla precedente elezione, indipendentemente dalla quota dei votanti.
L’efficacia dell’azione di un partito si misura sulla capacità di riportare gli elettori al voto, di avere riconfermato il voto e possibilmente incrementare i voti.
Il fatto che il partito A abbia deluso i propri elettori non impatta sugli elettori del partito B, che anzi potrà avvantaggiarsi dei voti in uscita.

Se applichiamo queste riflessioni all’ultimo voto nelle elezioni regionali svoltesi in Emilia Romagna e in Calabria, scopriamo che la realtà dei fatti è molto diversa da quella raccontata da eterei politici e giornalisti dalla penna nobile.

Contrariamente a quanto tutti danno per assodato, in Calabria c’è stata una reale affermazione del PD che, nonostante il forte calo degli elettori, ha aumentato il proprio consenso. Nel 2010 aveva preso 162.000 voti e nel 2014 185.000. Dimostrazione che il consenso verso un partito è influenzato dal clima generale di scontento e sfiducia solo se anche quel partito ha creato scontento e sfiducia. Il risultato di un partito e il suo gradimento va sempre misurato solo ed esclusivamente rispetto all’ultima prestazione.

Se andiamo in Emilia Romagna, scopriamo che in realtà non ci sono vincitori politici, solo un mezzo vincitore di cui dirò dopo.

Nel loro insieme i partiti non sono riusciti a portare gli elettori al voto. Il crollo dei votanti è stato del 44,6%, vale a dire che ogni 1000 elettori che nel 2010 avevano votato, nel 2014 ben 446 non hanno votato.

Se il dato generale è -44,6%, possiamo dire che chiunque abbia perso meno di questa quota ha performato meglio, ma non possiamo dire che ha vinto o ha avuto successo perché, ricordiamolo, un partito ha successo se ottiene la riconferma del consenso precedentemente acquisito e magari riesce a incrementarlo.

Se un titolo in borsa perde il 20% e gli altri dello stesso indice di riferimento perdono mediamente il 40%, potremo senza dubbio dire che è andato meno peggio, ma nessun investitore dirà di aver guadagnato se ha perso il 20% del proprio capitale.

La palma dell’insuccesso spetta a Forza Italia e a tutta l’area di centro-destra.
Nel 2010 si presentava il PdL, mentre nel 2014 troviamo separatamente FI, NCD, Fratelli d’Italia e se regaliamo all’area ex-berlusconiana anche i voti dell’UDC, presentatosi nel 2014 in coalizione con il NCD, scopriamo che questa area ha perso il 70% dei consensi riuscendo a totalizzare solo 155.000 voti contro i precedenti 518.000.

Al secondo posto sul podio dei peggiori perdenti troviamo il PD che totalizza 535.000 voti contro 857.000 del 2010: -37%!

Medaglia di bronzo quale terzo peggiore perdente alla Lega: totalizza 233.000 voti contro 288.000 del 2010: -19%

Quindi, la Lega ha perso per strada 55.000 elettori nonostante la grande fuga dagli altri partiti. Ha scontentato meno, è meno colpito dalla sfiducia generale ma possiamo dire che ha vinto?
Singolare affermazione considerato il presenzialismo di Salvini.

Fuori dal podio dei peggiori perdenti, l’unico vero vincitore dimezzato: il M5S; aveva totalizzato 126.000 voti e nel 2014 ne prende 159.000, aggiudicandosi una percentuale sui voti validi del 13% che non è molto lontano dal 14 o dal 17% conquistato nel 2013 in Lombardia e in Lazio. Certamente una vittoria dimezzata perché non riesce più a essere catalizzatore della protesta, ma non possiamo parlare di sconfitta. Il dato dell’Emilia Romagna conferma che era eccezionale il risultato conseguito alle politiche del 2013, che si svolsero in contemporanea con le regionali in Lombardia e Lazio. Mentre per la Camera il M5S raccoglieva in Lombardia circa il 20% e ben 1.126.000 voti, nello stesso momento per le Regionali solo 775.000 confermavano il voto al M5S.

Questo dimostra quanto sia fuorviante confrontare risultati elettorali conseguiti per differenti finalità: gli elettori sanno quel che fanno quando votano per il Parlamento, il Comune, le Regioni, le Europee… i giornalisti evidentemente no.

Possiamo affermare che il treno del M5S sembra aver fortemente rallentato la corsa, non sembra più capace di raccogliere lo scontento e non è nemmeno percepito come voto di protesta, ma possiamo parlare di déblậcle?

La crisi di rappresentanza è anche crisi di rappresentazione.

Maroni e l’infantilismo politico

Ricordiamo tutti lo stizzito Maroni che da ministro pretese di intervenire in una trasmissione televisiva.
Ricordiamo tutti l’irritato Maroni affermare che nei fatti di Rosarno il Governo non aveva alcuna responsabilità. Ricordiamo tutti l’estraniato stupore di Maroni per i fatti che travolsero il vertice della Lega.
Ricordiamo tutti l’assoluta fedeltà di Maroni al fondatore e timoniere della Lega, Umberto Bossi.

Non suscita stupore, dunque, se adesso Maroni esordisce con uno splendido io non c’entro, la mia Giunta non c’entra, la mia gestione di Regione Lombardia non è coinvolta.

Come gestire il potere il tre mosse: negare, ridurre, accusare. Continua a leggere