Le sgangherate tesi del SI by Violante e Ceccanti

Uno degli argomenti forti degli oltranzisti della riforma targata Boschi è che il bicameralismo perfetto sarebbe il maggiore responsabile dei 63 governi repubblicani in soli 68 anni.

In “Le ragioni del SI”, un lungo intervento fitto di surreali affermazioni, LucianoViolante pone degli interrogativi e ovviamente ci regala le sue risposte: “L’instabilità, dodici governi negli ultimi venti anni, verrà finalmente superata?  (…) Si potranno riattivare forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche?
La riforma risponde positivamente a questi interrogativi. Poiché una delle grandi difficoltà delle democrazie occidentali è costituita dalla estraneità dei cittadini alla politica, dovrebbe essere particolarmente sottolineata quella parte della riforma che riconosce il diritto dei cittadini al referendum propositivo e a vedere prese in esame entro un determinato termine le proposte di legge di iniziativa popolare, che oggi finiscono in un cestino. Si tratta di novità che, insieme ad una nuova legge elettorale che non sacrifichi la rappresentanza dei cittadini, potrebbe riattivare il circuito virtuoso tra società e politica.

Violante rafforza il concetto: “le proposte di iniziativa popolare devono essere necessariamente prese in esame dalle Camere

 

Chissà se Violante ha fatto fatica a mettere insieme in poche righe tante inesatte semplificazioni o se gli riesce spontaneo.

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Marino, tra bullismo e Lista Nazionale

Il caso Marino ha assunto toni farseschi degni di una realtà e cultura politica che fa impallidire Cetto La Qualunque. La realtà politica è più comica della finzione cinematografica, ma proprio per questo assume i toni drammatici che solo la messinscena della realtà può avere: se non fosse realtà, verrebbe da ridere.

In tanti hanno dato interpretazioni dell’accaduto e su tutte spicca quanto scrive Gilioli in Non è politica, è bullismo; vi invito a leggere questo contributo. Molto interessanti i retroscena raccontati da Marco Causi: testimonianza della pessima qualità del personale politico ormai incapace di decenza, dignità e pensiero.

linettiMa anche Gilioli ha commesso un errore… non usa brillantina Linetti. Scrive Gilioli: “La questione oggi, infatti, non è più se Marino ha fatto errori ma è se la caduta di un governo cittadino debba avvenire nell’aula dei rappresentanti eletti dai cittadini – cioè il consiglio comunale – oppure debba avvenire con uno stratagemma (le 25 dimissioni) che impedisca il confronto pubblico, deciso in una sede non istituzionale e non rappresentativa dei cittadini, su imposizione del commissario di un partito e con i suoi consiglieri che obbediscono all’ukase per la paura di non essere ricandidati. E questo ovviamente varrebbe chiunque fosse il sindaco, e pure se fosse Barbablù.

La questione oggi? Ma neanche per sogno! La questione che oggi si ripropone è vecchia di qualche decennio e ha raggiunto l’apice con l’avvento di Renzi al governo. Tutto avviene e si decide fuori dalle sedi istituzionali perché questo è il tratto caratteristico della partitocrazia.

E’ la questione che caratterizza la storia repubblicana: le crisi di governo extraparlamentari. “Se i partiti politici, all’interno dei loro organi statutari dovessero sempre prendere le decisioni più gravi sottraendole ai rappresentanti del popolo, tanto varrebbe –  lo dico naturalmente per assurdo – trasformare il Parlamento in un  ristretto comitato esecutivo. Risparmieremmo tempo e denaro. Una democrazia che avvilisce il Parlamento avvilisce se stessa e le masse elettorali”, Cesare Merzagora, presidente del Senato, 25 febbraio 1960. Si consumava allora la crisi del governo Segni che lasciò il posto al governo Tambroni.

Tanto per rinfrescare la memoria, con l’operazione Renzi siamo tornati indietro di 54 anni. Il governo Letta lascerà il passo al governo Renzi con una manovra extraparlamentare che è la peggiore conferma del sistema partitocratico che da sempre regge la Repubblica Italiana. Continua a leggere

Antipolitica patologia eversiva

napolitano linceiIl 10 dicembre 2014, all’Accademia dei Lincei, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha pronunciato un denso discorso in cui un passaggio in particolare ha destato molte critiche.

Afferma il Presidente: “Ma così la critica della politica e dei partiti, preziosa e feconda nel suo rigore, purché non priva di obbiettività, senso della misura, capacità di distinguere ed esprimere giudizi differenziati, è degenerata in anti-politica, cioè, lo ripeto, in patologia eversiva”.

L’antipolitica è una patologia eversiva?

Non sono d’accordo, Presidente. Continua a leggere

La scuderia quirinalizia

interrogativoSquillino le trombe, entrino le squadre.
A breve tutti i grandi elettori si riuniranno per l’elezione del Presidente della Repubblica.
I cavalli di razza, le riserve della Repubblica cominciano a scalpitare.

Chi saranno i cavalli in corsa?
Non lo so, ma so che tipo di persona vorrei.

Vorrei una persona dotata di buon equilibrio e senso profondo delle Istituzioni e quindi non  autoreferenziale e cresciuta nei cortili del Palazzo di pasoliniana memoria.

Vorrei una persona sostanzialista e non formalista, e quindi che sappia guardare dentro la Costituzione, senza avere soggezione della prassi.
Maledetta prassi. Laddove c’è una norma scritta la prassi va nel cesso.

Vorrei una persona che difenda alla lettera la Costituzione, senza farsi paladino della sua trasformazione: solo la difesa rigorosa e intransigente della Costituzione sarà da stimolo per riforme profonde, sensate ed efficaci.
Da troppi decenni assistiamo a continui interventi sulla Costituzione, con l’unico risultato di peggiorare le cose (vedi riforma del Titolo V che adesso è da riformare nuovamente).
Da troppi decenni, proprio per una scarsa vigilanza sulla Costituzione, assistiamo al tentativo di affermare un nuovo sistema istituzionale, senza tener conto del quadro costituzionale e del necessario sistema di equilibri e contrappesi.

Così mentre c’è sempre qualcuno pronto a urlare al colpo di stato, al governo non eletto dai cittadini, a sognare un vincitore alla sera delle elezioni…  tutti si dimenticano che il nostro è e rimane un sistema a centralità parlamentare in cui gli elettori votano per rinnovare i rappresentanti delle assemblee parlamentari: per questo votano e solo per questo.

Votano per rinnovare i rappresentanti a cui sarà affidato il potere legislativo e non per nominare un governo, vale a dire il potere esecutivo.

Come vedete non ho grandi pretese. Da quanto scritto, risulta evidente cosa vorrei che non si ripetesse. Continua a leggere

Perché Renzi sbaglia

 @matteorenzi

Renzi, segretario del PD, sollecitando Letta ad abbandonare la guida dell’esecutivo, sbaglia nella forma e nei contenuti.

Letta non è primo ministro perché il PD lo ha messo lì ma perché dopo le fallimentari elezioni politiche del 2013, nella necessità di dare un esecutivo al Paese, è sembrato che intorno a Enrico Letta si potesse formare una maggioranza parlamentare in grado di sostenere l’esecutivo il tempo necessario per realizzare vaghe riforme e incerti programmi, aldilà della fumosità delle ampollose dichiarazioni da più parti rilasciate. Così è stato: il Parlamento con ampia maggioranza ha dato la fiducia all’esecutivo guidato da Enrico Letta.

Il governo Letta non è un monocolore DC (rinvio al periodo 1948 – 1963, legislature I – II – III e primo anno della IV), ma un governo espressione storica della diaspora DC.

A differenza del periodo storico citato, quando PRI, PLI e PSDI avevano l’unica scelta di stare con la DC o stare all’opposizione, adesso NCD, Casini e parte di SC hanno la possibilità di decidere se stare con il PD o stare con FI e il ricostituendo centro-destra.
Se decideranno di sostenere il passaggio da Letta a Renzi lo faranno esclusivamente per “senso di responsabilità” e per “il bene del Paese” sino alla approvazione della nuova scellerata legge elettorale.

Il giorno dopo avranno ampie e valide argomentazioni per affermare che il PD è inaffidabile e quindi toglieranno la fiducia al governo Renzi, portandoci a elezioni anticipate.

E Napolitano, in qualità di Presidente della Repubblica, non potrà che prenderne atto.

Renzi sta offrendo armi solidissime per ricompattare il centro-destra, dalla Destra di Storace alla Lega passando per Fratelli d’Italia, UDC, profughi da SC e forse qualche profugo finiano.

L’esecutivo Letta non sta certo brillando per l’attività sinora sviluppata e da adesso farà ancora peggio.

Ma cosa potrà fare Renzi con gli stessi alleati di Letta?

Assolutamente nulla, tranne ciò che si potrebbe fare con qualsiasi governo perché in realtà le proposte sul tappeto riguardano l’attività legislativa del Parlamento e non il governo.

Ci sono proposte di iniziative governative elaborate dal PD e bloccate da Letta?

Non risulta proprio.

Quindi?

Oltre a ricompattare il centro-destra e trasmettere la forte percezione di un PD democristianamente posseduto da logiche correntizie, Renzi non fa e non potrà fare in questa legislatura, con questo Parlamento.

Tranne l’ipotesi in cui Renzi non sia in grado di definire un programma preciso di governo e riforme con altri alleati che non siano il NCD e SC.

Ha Renzi l’appoggio e il sostegno di SEL e del M5S o di parte di esso per poter rinunciare a NCD e SC?

Se Renzi non ha questo piano di alleanze, alternativo a quello esistente, allora sta sbagliando tutto perché non è De Gasperi e nemmeno quel toscanaccio di Fanfani… è solo un renziano.

Italicum compatibile…

@matteorenzi @EnricoLetta @angealfa @QuirinaleStampa @lauraboldrini @PietroGrasso @pdnetwork @forza_italia 

Ecco come rendere #Italicum compatibile con la Costituzione.

Bastano 4 semplici mosse:

1) Premio di maggioranza assegnato al ballottaggio se nessuno al 1° turno raggiunge il 50%+1

2) Eliminare le soglie di sbarramento per l’accesso al Parlamento poiché non servono alla governabilità, assicurata nel caso dal premio di maggioranza; anzi, arrecano danno alla governabilità, spingendo verso la formazione di ammucchiate coalizzate per tentare di prendere il premio e ridurre il rischio di essere estromessi dal Parlamento. La governabilità, invece, richiede accordi programmatici e non essere insieme contro senza sapere poi che fare.

3) Introduzione della preferenza o collegio uninominale perché i partiti non possono sostituirsi agli elettori e non devono coartare la libertà degli elettori, per dirla con parole della Corte Costituzionale

4) Approvare disciplina legale per i partiti al fine di attuare l’art. 49 della Costituzione, stabilire requisiti minimi per l’assunzione delle cariche di partito, garantire trasparenza e democrazia nei processi decisionali interni ai partiti, compresa la selezione dei candidati. Norme che devono essere valide per tutti i partiti che decidono di concorrere alle elezioni per qualsiasi assemblea elettiva. Non dimentichiamo che l’elettore è, con l’eccezione di qualche encomiabile e spontanea iniziativa, prima privato della possibilità di concorrere alla selezione dei candidati e poi con il voto è privato della possibilità di scegliere tra i candidati.

Quattro semplici mosse per cominciare a realizzare la democrazia delineata dalla Costituzione ma negli anni sempre più degenerata in OLIGARCHIA, perché così va definito e classificato il nostro sistema politico-istituzionale.

PS: a questo link la sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale (sufficiente inserire 2014 nella casella Anno, 1 nella casella Numero e premere il pulsante Ricerca) oppure disponibile qui in versione pdf nel caso qualcuno non l’avesse ancora letta.

 

Eziologia del vaffanculismo

italiaPrendo spunto da un articolo di Massimo Giannini “Due paesi troppo lontani” (la Repubblica 12 dicembre 2013). L’articolo è ben scritto e condivido nella sostanza la rappresentazione della realtà offerta da Giannini, mi trovo però in disaccordo sulle premesse che rendono fragile e inconcludente tutta l’articolazione di Giannini, come di gran parte dei commentatori.

Leggo nell’articolo citato “In questo clima velenoso e confuso da piccola Weimer tricolore, vediamo agire due Italie distinte e destinate fatalmente a confliggere. In Parlamento, il luogo in cui la democrazia rappresentativa celebra i suoi riti e il popolo sovrano elegge i suoi rappresentati, il premier delle Intese Ristrette Enrico Letta ottiene la sua seconda fiducia e scommette su un «nuovo inizio» che dovrebbe portarlo senza traumi al traguardo del 2015”.

Ecco, leggo e ho la conferma che i media, che della “rappresentazione” dovrebbero essere protagonisti, sono troppo spesso complici della politica inconcludente. Politica che non è più il luogo della decisione ma il palcoscenico in cui si rappresentano le decisioni prese altrove. Continua a leggere

Da Piccoli a Letta: 40 anni di finanziamento pubblico ai partiti

prendi i soldiNel 1974 il Parlamento approva la legge n. 195 che introduce il finanziamento pubblico ai partiti. Pochi colsero allora come oggi la natura incostituzionale e partitocratica della legge Piccoli che introduceva il finanziamento pubblico ai partiti. L’art. 3 prevedeva che il finanziamento andava ai gruppi parlamentari “per l’esercizio delle loro funzioni” e per “l’attività propedeutica dei relativi partiti” e obbligava il gruppo parlamentare a versare “una somma non inferiore al 95% del contributo riscosso” ai partiti; parallelamente, introduceva il finanziamento per l’attività “elettorale” dei partiti. Si configurava una evidente e palese violazione dell’art. 67 della Costituzione poiché il parlamentare è per Costituzione indipendente e senza vincolo di mandato. La legge 195/1974 instaura una commistione tra due identità giuridiche distinte:  il Gruppo parlamentare, che è parte della struttura legislativa dello Stato e quindi certamente figura di diritto pubblico, e il Partito, che invece è regolato dal diritto privato e si configura come un’associazione di fatto. In forza della legge il gruppo parlamentare si ritrovava ad avere una posizione debitoria verso il partito. Inoltre, la legge finanziando i partiti già presenti in Parlamento introduceva un elemento di vantaggio rispetto ai nuovi soggetti politici, cristallizzando i rapporti di forza e le posizioni acquisite in chiara violazione dell’art. 49 della Costituzione, perché il diritto dei cittadini di associarsi in partiti si configura in un diritto di serie A per i cittadini che si associano a quelli già esistenti e in un diritto di serie B per coloro che si associano a partiti nuovi. Danno ulteriormente aggravato nel caso una nuova formazione non riuscisse a raggiungere il quorum per entrare in Parlamento: il finanziamento era riservato a chi raggiungeva almeno “un quoziente in una circoscrizione ed una cifra elettorale nazionale di almeno 300.000 voti di lista validi, ovvero una cifra nazionale non inferiore al 2 per cento dei voti validamente espressi”. Ovviamente, anche chi non raggiungeva il quorum aveva sostenuto delle spese; il finanziamento pubblico, lungi dal favorire la partecipazione dei cittadini alla politica, mirava a consolidare posizioni di potere cristallizzate in ParlamentoContinua a leggere

Enrico Letta, ci sei o ci fai?

letta2Mai più un’elezione del capo dello Stato come l’ultima”. “Intendevo dire che non può più ripetersi ciò che è successo con Marini e Prodi”.

Sì, signor Presidente del consiglio dei ministri è molto chiaro il suo pensiero e mi chiedo c’è o ci fa?

Quanto successo con l’ultima elezione del Presidente della Repubblica non dimostra che le regole sono sbagliate ma che la responsabilità è tutta in capo ai partiti, quindi anche sua considerato il ruolo che ricopriva nel PD.

La responsabilità è tutta dei partiti per la duplice ragione che

A)  sono arrivati impreparati all’elezione del PdR e hanno gestito la “pratica” con pressapochismo e improvvisazione, comportandosi come svogliati e asini studentelli che arrivano all’esame di maturità balbettando le tabelline;

B)   hanno scelto molti omminicchi e quaquaraquà da collocare in Parlamento; perché la pessima figura fatta dai “grandi elettori” ricade tutta sulle segreterie dei partiti che ci hanno imposto quei piccoli grandi elettori.

Completamente sciocco e inconcludente, quindi, pensare di risolvere il problema cambiando le regole: rischieremmo di avere un qualsiasi Totò Riina presidente della repubblica.

Presidenzialismo o semi-presidenzialismo sono assetti istituzionali rispettabili ma servono una serie di regole e contrappesi. Una seria legge sul conflitto d’interessi; una efficace legge anti-corruzione; la riforma delle autorità di garanzia (in gran parte carrozzoni al servizio delle oligarchie partitiche); l’ampliamento dei poteri della Consulta; una legge elettorale che restituisca ai cittadini il diritto di scegliere i rappresentanti; la riforma dei partiti per renderli strumenti democratici e trasparenti nelle mani dei cittadini; riforma del sistema informativo per assicurare accesso a tutti e indipendenza dal potere politico…

Senza avere alcun potere costituente vi state imbarcando in una operazione che affida a 40 uomini, ambasciatori dei partiti che li hanno collocati in Parlamento, il compito di riscrivere la Costituzione. State perdendo del tempo sottraendovi in modo irresponsabile al dovere di procedere subito alla nuova legge elettorale e all’indispensabile riforma dei partiti. Se ai partiti compete il monopolio della politica nelle Istituzioni non è pensabile che gli stessi non siano organizzati in modo democratico e trasparente. I cittadini devono poter selezionare i candidati e dopo averli selezionati devono poter scegliere chi eleggere.

Avete fallito nell’attuazione e nel rispetto dell’attuale Costituzione; perché dovremmo darvi fiducia e autorizzarvi a riscriverla? Abbiate l’onestà intellettuale di riconoscere che non rappresentate ilpopolo sovrano” ma solo scalcinati partiti. Fate questo passo importante dandoci subito una legge elettorale che ci restituisca l’usurpata sovranità. Poi, forse potrete tornare a meritarvi fiducia e rispetto. Adesso abbiamo il dovere di diffidare di ogni  rappresentante politico che occupa le Istituzioni.

Nesso di causalità

28 aprile 2013 ore 11:34, Roma Palazzo del Quirinale: Enrico Letta e i ministri del 62° governo giurano fedeltà alla Repubblica. Stessa ora, poco distante, in Piazza Colonna, tra Palazzo Chigi e Piazza  di Montecitorio, un uomo spara ferendo due carabinieri.

Inizia la corrida dei politici dalla dichiarazione facile e degli sgambettanti giornalisti che li rincorrono.

Apre la corsa il sindaco Alemanno: “Quando si dice diamo l’assalto al Parlamento, al Palazzo, presto o tardi, un pazzo, un folle, un disperato che esce e spara viene fuori”.

Prosegue Maroni: “l’idea  che i politici sono causa di tutti i mali, le frasi di chi ha detto “bombardiamo il Parlamento” sono parole che hanno conseguenze”.

gasparri_ditoE poi Brunetta, Gasparri e avanti con le dichiarazioni tutte tese a stabilire un forte nesso di causalità tra la cosiddetta antipolitica e il gesto di un  hombre.

Il top si raggiunge con la trasmissione In Onda: sul banco degli imputati, la critica alla “casta”. La tesi che la trasmissione intende discutere, muovendo dalle dichiarazioni di Alemanno,  è il nesso di causalità, la responsabilità morale, tra la propaganda “di tanti anni di odio e di antipolitica” e lo sparatore. L’accusa è forte e sostenuta con veemenza, tanto Continua a leggere