Lo studente e la Ministra

 

Non siate maliziosi. Non si tratta di una commedia sexy stile anni settanta. Però, vi consiglio di vedere il video prima di leggere le mie risposte alla replica della ministra Boschi a Alessio, studente universitario di Catania.

1) Sulla legittimità del Parlamento
Boschi afferma che secondo la Corte Costituzionale questo parlamento è perfettamente legittimato. E invita a leggere tutta la sentenza della Corte. Chissà se ha seguito il suo consiglio.

Vale la pena ricordare che la Corte Costituzionale, in nome del principio di continuità dello Stato, ha affermato la legittimità di questo Parlamento nel proseguire l’attività legislativa. Non poteva essere diversamente poiché questo Parlamento e i precedenti due (quello del 2008 e del 2006) sono stati eletti con la medesima legge, in più punti profondamente incostituzionale. Dichiarare decaduto il Parlamento avrebbe aperto un effetto domino sulla attività dal 2006 a oggi con disastrose conseguenze. La stessa Corte Costituzionale, però, richiama gli articoli 61 e 77 comma 2 della Costituzione: “Tanto ciò è vero che, proprio al fine di assicurare la continuità dello Stato, è la stessa Costituzione a prevedere, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri delle Camere precedenti «finchè non siano riunite le nuove Camere» (art. 61 Cost.), come anche a prescrivere che le Camere, «anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni» per la conversione in legge di decreti- legge adottati dal Governo (art. 77, secondo comma, Cost.)”.

E’ troppo malizioso leggere in questo non necessario richiamo esemplificativo della Corte Costituzionale l’invito alle Camere di approvare in tempi brevi una nuova legge elettorale e andare a nuove elezioni?

Secondo le indicazioni della stessa Corte, il Parlamento non doveva intraprendere un percorso di revisione costituzionale perché tale percorso avrebbe richiesto tempi non brevi e perché un Parlamento eletto con il porcellum non ha la necessaria legittimità politica per modificare la Costituzione. Figuriamoci per modificare la Costituzione cambiando radicalmente l’assetto Istituzionale con l’effetto combinato di nuova legge elettorale e riforma costituzionale.

 

2) Sul mandato presidenziale a Letta e poi a Renzi

Boschi afferma con disinvoltura che il presidente Napolitano ha chiesto a Letta di adoperarsi per le riforme costituzionali.

Da quando un presidente della Repubblica si fa attivatore della riforma costituzionale?
Come fa a essere considerato potere di garanzia se anziché essere garante della Costituzione spinge per cambiarla?

Da quando un Presidente, poiché il governo non procede speditamente sulle riforme, promuove la sostituzione del governo in carica, senza nemmeno un passaggio parlamentare?
Il governo Letta si è dimesso perché la direzione di un partito (struttura extraparlamentare) ha decretato che quel governo aveva esaurito il suo compito.

Tutto questo discorso ondeggia tra l’eversione dell’ordinamento repubblicano e l’apologia della partitocrazia.
La fine del governo Letta, attraverso un procedimento extraparlamentare orchestrato e sollecitato dal Quirinale, è un disegno eversivo che ci conferma un dato incontestabile: il presidente della Repubblica non è un potere di garanzia.

Inoltre, il parlamento non è stato “nominato” con un mandato costituzionale.
Penso, inoltre, che revisione non significhi trasformazione; questa riforma cambia l’assetto istituzionale della Repubblica. Siamo oltre i limiti previsti dall’art 138 della Costituzione.
Perché non eleggere una assemblea costituente? Continua a leggere

Questo o quello per me pari sono

Ricordate la celebre aria “questa o quella per me pari sono“?

Mi è tornata in mente in questi giorni in cui in tanti dicevano “ah se avessero eletto Rodotà, Imposimato… ancora un democristiano cresciuto nel Palazzo” (ho ingentilito tanti commenti…)

La verità è che nessun Presidente della Repubblica, nelle condizioni date, convincerebbe di più e sbaglieremmo a non avere aprioristica e doverosa assenza di fiducia nei confronti di chiunque altro fosse stato incaricato di svolgere l’incarico di Presidente della Repubblica.

Chiunque fosse stato eletto Presidente (quindi, anche colui che è stato eletto) era destinato ad avere un grave handicap: sarebbe stato eletto da persone che non rappresentano il popolo sovrano poiché “alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini” (Corte Costituzionale, sentenza 1/2014).

Se coloro che eleggono il Presidente non hanno la fiducia degli elettori e non li rappresentano allora non c’è nemmeno la fiducia che dai primi passa all’eletto alla presidenza.

Chi non è investito di un potere non può investire.

Ergo, chiunque fosse stato eletto PdR non avrebbe avuto la fiducia del popolo sovrano e avrebbe dovuto conquistarsela.

Non cadiamo nella trappola che se fosse stato eletto un altro, sarebbe stato meglio: non sarebbe cambiato nulla nella sostanza perché immutate sarebbero state le condizioni di partenza.

Quindi, non ci resta che essere vigili e intransigenti.

Verificare come si muoverà e come (e se) motiverà le sue scelte. Dipenderà anche da noi: non limitiamoci a fare gli spettatori pronti ad alzare il dito. Col dito… digitiamo e cominciamo a scrivere al Presidente perché lui sappia cosa noi ci aspettiamo da lui.

Perché sappia che per il momento è il Presidente dei suoi Elettori, che rappresentano i Partiti, …ma in base a come si comporterà potrebbe divenire il nostro Presidente.

Vorrei tanto poter con fierezza affermare “Questo è il mio Presidente!

Non ho potuto dirlo con Ciampi, che ha fatto passare il porcellum senza battere ciglio.

Non ho potuto dirlo con Napolitano, che ha lasciato che un Governo si dimettesse, senza pretendere un passaggio parlamentare, solo perché una organizzazione extra-parlamentare - la direzione di un partito - così aveva preteso.

Potrò dirlo con il nuovo presidente Mattarella?

Dipende da lui, solo da lui.

Oppure il rischio sarà che ci uniremo a Rigoletto: “Vendetta, tremenda vendetta!

rigoletto

Il Presidente, potere di garanzia?

Sarà lui il prossimo PdR?

Sarà lui il prossimo PdR?

Si dice che il Presidente della Repubblica rappresenti un potere di garanzia del rispetto della Costituzione. Nel giorno delle dimissioni di Napolitano, Eugenio Scalfari scrive che il Presidente rappresenta “la più alta istituzione chiamata a tutelare la Costituzione”.

È davvero così?

Se il Parlamento approvasse una legge incostituzionale in grado di sovvertire il potere costituzionale… che cosa può fare il Presidente della Repubblica?

Può rinviare la legge al Parlamento e con messaggio motivato chiedere delle modifiche; se il Parlamento approva nuovamente la legge, anche senza cambiare una virgola, deve promulgarla pena il rischio di essere incriminato per alto tradimento.

Può il Presidente trovandosi nella ferma convinzione che si tratti di una legge incostituzionale e pericolosa per l’ordinamento repubblicano sollevare presso la Corte Costituzionale conflitto tra poteri dello Stato? Continua a leggere

Sentenza clamorosa… urlano gli strilloni

Lo dice la Cassazione…

Come di consueto, a ogni sentenza si scatena la gazzarra dovuta a ignoranza, pessima abitudine di ripetere quel che altri dicono senza alcun approfondimento o verifica, malafede, ovvero disonestà intellettuale, pessimo sistema dell’informazione.

Questa volta a essere stravolta è la sentenza di Cassazione 8878\14 del 4 aprile 2014 le cui motivazioni sono state depositate il 16 aprile.

Scatena le danza il Blog di Beppe Grillo con La Cassazione: il Parlamento è incostituzionale #Napolitanoacasa e seguono gli eserciti dei discepoli fedeli che sui social network suonano la grancassa, senza ovviamente prendersi la briga di leggere la sentenza. Continua a leggere

Incubo riforme

Ieri, conversazione captata casualmente.
Signor X: Insomma se confermiamo il sistema bipolare e maggioritario è chiaro che non possiamo andare troppo per il sottile.
Signor Y: Che senso ha un governo votato dal popolo se poi in parlamento s’impantana tutto.
Signor X: Il parlamento deve portare avanti i provvedimenti del governo in tempi veloci; come si fa a governare, se no.
Signor Y: Hanno fatto a pezzi la costituzione! Ma chi ha votato questo governo? Ma chi lo vuole? E hanno impedito a Berlusconi di governare.
Signor X: Tutta colpa di Napolitano che prima ha messo lì Monti e adesso ha tirato fuori Letta.
Signor Y: Guarda tu lo sai io non lo sopporto Travaglio, che ne ha dette un’infinità su Berlusconi, ma questa volta sono d’accordo con lui. Napolitano si comporta come fosse un Re!
Signor X: Ma sì, se c’è un governo voluto dagli elettori questo deve poter governare. In fondo governare un paese è come governare una grande azienda e Berlusconi sa bene come si fa.

Vado via.

Incubo
Costituzione. Parlamento. Governo.
Incubo

Il Parlamento esercita il potere legislativo; o meglio, dovrebbe esercitarlo perché ultimamente non si capisce bene. In occasione dell’ultimo governo Berlusconi credo che il parlamento abbia dedicato oltre l’80% del tempo a discutere proposte di iniziativa governativa. Eppure il governo lamentava l’immobilismo parlamentare, pur disponendo di una larga maggioranza. C’è qualcosa che non torna.

Il governo Monti, messo lì proprio perché i partiti si erano impaludati, è stata certamente una “trovata” di Napolitano, pienamente legittima e conforme alla Costituzione. I parlamentari potevano non dare la fiducia a Monti e Napolitano sarebbe stato costretto a fare passi lunghi e ben distesi. I berluscones, i maronines e i travagliones se ne facciano una ragione: se Monti ha governato è per esclusiva responsabilità del Parlamento, con in prima fila il PdL. Nel caso può essere rimproverato a Monti di non aver avuto coraggio politico. Poiché governava perché i partiti avevano alzato bandiera bianca poteva e avrebbe dovuto dire al Parlamento, incapace e irresponsabile, al parlamento dei Partiti e non certo rappresentativo della sovranità popolare, avrebbe dovuto dire “questa è la nostra proposta sulla quale c’è il voto di fiducia, prendere o lasciare”. Invece no, Monti si comportò come se avesse a che fare con un Parlamento e non con incapaci rappresentanti delle bande partitiche.

Adesso si chiede al governo di fare ma il governo dice che spetta al parlamento decidere la riforma della legge elettorale però s’intesta la riforma dell’art. 138 per riscrivere a capocchia la Costituzione, decidendo un iter fantasioso. Quindi il PdL si spacca e il sogno della riforma va in frantumi perché non c’è più la maggioranza dei due terzi del parlamento. Poi si pretende che la legge elettorale sia espressione unitaria della maggioranza (Lupi e il Nuovo Centro Destra), anteponendo un insignificante e inesistente valore politico al principio fondante di una democrazia che vorrebbe una legge elettorale equilibrata tra esigenza di rappresentanza e esigenza di governo. Questi poveracci stanno confondendo la stabilità con il rigor mortis. Irrilevante da che parte provenga la riforma elettorale purché sia rispettosa dei principi costituzionali e della “sovranità che appartiene al popolo”. Insomma un gran casino; è giunta l’ora di fare chiarezza e ordine.

Incubo

L’Italia è piena di persone che dicono di non aver eletto questo governo; quindi per questa massa di persone sarebbe il popolo che per Costituzione elegge il Governo; la Costituzione dice altro ma non è il caso di essere pignoli. Per una moltitudine di persone Napolitano sta travalicando le sue funzioni costituzionali perché impone governi a destra e a manca. Non mi ero accorto che avesse abolito il voto di fiducia del parlamento. Chissà con quali sottili armi riesce a convincere persone toste come Berlusconi a votare la fiducia a Monti e a Letta. Mah, misteri quirinalizi!

Per tante persone il compito del Parlamento sarebbe approvare i provvedimenti di provenienza governativa, a cosa serve diversamente una maggioranza. Poi, nel tempo libero, il Parlamento potrà prendere autonomamente qualche iniziativa legislativa, possibilmente preventivamente concordata con il Governo, diversamente rischiamo che qualcuno remi contro. Se il Parlamento si mette a pensare, progettare, discutere sul cosa legiferare e come legiferare, non ne veniamo più fuori, restiamo imbrigliati in una rete di inutili discorsi.

L’Italia ha bisogno di decisioni veloci, efficaci e ha soprattutto bisogno di ridurre al minimo lo spazio concesso ai sabotatori, ai disfattisti, ai nemici della Patria. Non possiamo eliminarli, ma evitare che facciano troppi danni sì. Quando la splendida azione governativa dispiegherà tutti i suoi benefici effetti, i disfattisti saranno messi all’angolo e il Popolo esulterà riconoscente.

Date queste premesse non mi resta che concludere che tutto è possibile, tanto basta sovvertire l’ordinamento costituzionale senza compiere atti violenti (art. 283 cp).

Incubo
Una soluzione per salvare la Patria.
Incubo

L’incubo prende corpo in “Democrazia Azionaria Bicamerale”.

DAB è imperniato sul principio fondante dell’elettore-azionista della Repubblica Italiana, come i nostri Padri Costituenti, ai quali saremo sempre grati, l’avevano mirabilmente progettata.

Ciascun elettore detiene una “azione” che affida con il voto a un “partito”.
Il “partito” in base ai voti raccolti controlla così un “pacchetto di azioni”.
Il “partito” incarica una persona di fiducia a “rappresentare” in Parlamento quel “pacchetto di azioni”, ma ovviamente opererà nell’interesse della Nazione.
Il “partito” che non dovesse raggiungere il 5% delle azioni non ha il diritto di “nominare” un “rappresentante” al Parlamento ma, nel rispetto del pluralismo fondante della democrazia liberale alla quale si ispirarono i nostri illuminati Padri Costituenti, potranno depositare in Parlamento tutti i progetti di legge che vorranno, senza limitazione alcuna e secondo un iter semplificato ispirato ai principi della più avanzata democrazia partecipativa. Sarà la maggioranza parlamentare a decidere quali discutere e nel caso approvare. Ciascun progetto di legge depositato dai Partiti senza Rappresentanti sarà soggetto al principio del silenzio-rifiuto, vale a dire che se entro 60 giorni dal deposito il Parlamento, nella sua insindacabile autonomia, non avrà deliberato sulla messa in discussione del progetto lo stesso dovrà intendersi rifiutato.
Nessuna proposta resterà così senza risposta, il pluralismo sarà garantito, la partecipazione esaltata e stimolata.
Ovviamente, se un progetto è stato respinto potrà essere ripresentato ma non prima che siano trascorsi 12 mesi dal rifiuto, diversamente rischieremmo di ingolfare il Parlamento. Questo è un piccolo prezzo che la democrazia dovrà pagare per garantire efficienza e governabilità.

A questo punto avremo una Camera e un Senato ciascuno composto al massimo da 20 rappresentanti, con un notevole risparmio di denaro e guadagno di efficienza.

I Parlamentari potranno riunirsi per mezzo di video-conferenza, senza inutile spreco di energie, tempo e denaro per raggiungere e far funzionare i sontuosi Palazzi attualmente occupati dalle Camere.

Ecco realizzato il bicameralismo perfetto: per far funzionare il Parlamento basteranno due camere con servizi e non più due costosi palazzi.

Avremo un Parlamento che funzionerebbe come una assemblea degli azionisti e un Governo che funzionerebbe come un Consiglio di Amministrazione.

Quale soluzione migliore ci può essere per un Paese che voglia definirsi democratico?
Non è forse un Paese una grande Azienda? E come sono gestite le grandi Aziende? Mi sembra un progetto pienamente rispettoso della Costituzione; non vi pare?

Se si continua così a breve forse riusciamo ad avere un azionista unico!

Incubo

Dannatamente elettorali

cettoPer giorni mi sono risuonate in testa queste parole del presidente Giorgio Napolitano: “polemiche dannatamente elettorali”. Le ho trovate istintivamente sgradevoli e ho cercato di allontanarle come si fa con una mosca fastidiosa. Niente da fare: quelle parole riaffioravano prepotentemente. Mi sono fermato a riflettere: perché provo fastidio per questa espressione “polemiche dannatamente elettorali” ?

Le elezioni sono un bel momento per la democrazia: momento di verifica, bilancio, conferme, progettazione del futuro. La polemica elettorale dovrebbe essere funzionale al confronto, al mettere in evidenza la bontà della propria proposta e la debolezza della proposta dell’avversario. Un aiuto a comprendere, uno stimolo all’analisi e all’approfondimento.

In un certo senso, si tratta di un incontro sportivo in cui tutti i concorrenti giocano con le stesse regole e armi… certo se l’incontro è truccato, se la partita è stata venduta è un’altra storia!

In effetti percepiamo da tempo la portata truffaldina delle elezioni… che non servono a nulla, che tanto non aiutano a risolvere i problemi; andare a votare, per cosa? pensano in tanti.

Polemica” è un termine che ha assunto una valenza negativa. Eppure la “polemica” è una controversia su un argomento, un evento bellico condotto con il confronto verbale; starà all’intelligenza e alla preparazione dei contendenti riempire la polemica con fatti, dati, ricerche, analisi… condite con le parole o… esprimersi con fiumi di parole condite con il nulla. Che sarebbe della tradizione cristiana se la spogliassimo della polemica e dell’apologetica?

Dannatamente” è avverbio equivoco; assume significati diversi: dannatamente bello, dannatamente stronzo… Sinonimi di dannatamente sono terribilmente, tremendamente. Come si fa a essere terribilmente bello? A sua volta sta per irresistibilmente bello, una bellezza che induce a tentazioni, a trasgressione, a peccato… dannatamente bello! Direi che nel contesto del discorso “dannatamente” era in senso negativo… e non esprimeva entusiasmo per le irresistibili polemiche elettorali.

Dannatamente elettorali”. Mi ricorda altra consueta espressione: “le urne sono chiuse, non è più tempo di comizi”.

Comizio, altro termine che ha assunto una connotazione negativa. Segno di una dannata degenerazione politica. Sentire un politico invitare un altro politico a “non fare comizi” è la dimostrazione dell’imperante scadente politica. Politica parolaia che si nutre di discorsi smaccatamente propagandistici, noiosi, sproloquio… tipica di colui che con la politica ha risolto il personale problema occupazionale.

Comizio: dal latino comitium, cum itium, andare insieme. Adunata di popolo per discutere e decidere su problemi di interesse comune.

Comizi elettorali: apertura delle operazioni che culmineranno con la elezione dei rappresentanti alle assemblee amministrative e politiche.

Comizio: assemblea di cittadini per ascoltare le proposte di uno o più oratori su un tema specifico o su un progetto politico.

Certo se il comizio è un vociare insignificante dove un parolaio recita maldestramente una parte… tanto qualcuno andrà a occupare le sedie messe a disposizione a prescindere dalla capacità di ottenere il consenso… Pensate come sarebbe diverso se i seggi fossero assegnati nell’esatta proporzione corrispondente ai voti validi espressi e tutti i seggi non assegnati a causa di astensione, schede bianche e schede nulle fossero assegnati per sorteggio tra tutti i cittadini eleggibili, esclusi ovviamente coloro che erano già candidati. La capacità dei politici si misurerebbe effettivamente sulla capacità di creare consenso. Con il nostro sistema, invece, anche se votassero solo i candidati sarebbero assegnati tutti i comodi seggi… troppo facile! Perché facile è creare sdegno e rigetto; più impegnativo generare consenso e partecipazione.

Allora, perché polemiche dannatamente elettorali? Perché non è più tempo di comizi?

Perché la politica da arte del fare, che si avvale della parola per spiegare e convincere, è stata ridotta a retorica vuota e insopportabile, ampollosa verbosità che nasconde inconcludenza, incapacità, cialtronaggine

Il fare e il decidere è in politica anche il frutto legittimo della polemica politica, della propaganda e del comizio. Quando mancano idee e progetti presentabili e legittimi allora trionfa la polemica improduttiva, fine a se stessa. Allora non c’è differenza tra Razzi e Formigoni o D’Alema, tra Bossi, Cuffaro e Casini, tra Minetti e scegliete voi… le differenze sono un pelo e potete stare certi che con Cetto Laqualunque ci sarà… pelo per tutti!

Se le polemiche sono dannatamente elettorali significa che non servono a convincere sulla bontà delle proprie idee ma a turlupinare il prossimo, ovvero l’elettore, trattandolo come un incapace da circonvenire.

Allora la politica è fatta di parole tradite. Attenzione, perché se è vero che le parole sono pietre è allora vero che le pietre sono parole.

Mi sovviene Gaber : Le Elezioni, da Libertà obbligatoria, 1976/77

Generalmente mi ricordo

una domenica di sole

una mattina molto bella

un’aria già primaverile

in cui ti senti più pulito

Anche la strada è più pulita

senza schiamazzi e senza suoni

chissà perché non piove mai

quando ci sono le elezioni

Una curiosa sensazione

che rassomiglia un po’ a un esame

di cui non senti la paura

ma una dolcissima emozione

E poi la gente per la strada

li vedo tutti più educati

sembrano anche un po’ più buoni

ed è più bella anche la scuola

quando ci sono le elezioni

Persino nei carabinieri

c’è un’aria più rassicurante

ma mi ci vuole un certo sforzo

per presentarmi con coraggio

C’è un gran silenzio nel mio seggio

un senso d’ordine e di pulizia

democrazia

Mi danno in mano un paio di schede

e una bellissima matita

lunga sottile marroncina

perfettamente temperata

E vado verso la cabina

volutamente disinvolto

per non tradire le emozioni

E faccio un segno

sul mio segno

come son giuste le elezioni

E’ proprio vero che fa bene

un po’ di partecipazione

con cura piego le due schede

e guardo ancora la matita

così perfetta e temperata

io quasi quasi me la porto via

Democrazia”

http://www.giorgiogaber.it/discografia-album/le-elezioni-testo

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=R8kUUFxDiJo

 

Parole in libertà

Parole in libertà. Ho sempre avuto difficoltà a riconoscermi nell’esortazione “Bisogna rispettare le opinioni altrui”. Sin da bambino mi chiedevo “perché dovrei rispettare le opinioni, le idee di Hitler? E dei razzisti che vogliono bianchi da una parte e neri dall’altra?

Crescendo ho maturato una convinzione che ancora mi accompagna: il rispetto è dovuto alla persona e al diritto di ciascuno di pensare e dire quel che crede; nessun rispetto è dovuto per il prodotto della libertà di pensiero e di espressione. In altri termini, è diritto di ciascuno dire quel che crede ed è mio diritto qualificare nel caso come scemata ciò che è stato detto, con il dovere di argomentare e spiegare il giudizio espresso.

Non ho così alcun problema a definire scemata l’affermazione di Grillo e di tanti esponenti del M5S così come le analoghe scemate di Renato Brunetta e di tanti esponenti di FI.

Recentemente hanno affermato che 148 parlamentari sarebbero illegittimi e dovrebbero essere estromessi dalle Camere. Non serve andare molto in là per cogliere quanto siano cretine opinioni di questo genere e quanto sia stupido e servile il sistema dell’informazione che ormai svolge il ruolo del banale reggi microfono. Non serve un sistema giornalistico con tanti quotidiani, TV, radio… per semplicemente tenerci informati sulle cazzate sparate da qualsiasi pirla. Bastano le semplici agenzie di stampa: mi collego all’ANSA o all’ASCA o all’Adnkronos e sono informatissimo sulle dichiarazioni di ogni politico minchione e non, ma prevalgono sempre i cazzoni…

Un po’ di logica non guasterebbe. Se i 148 parlamentari sono illegittimi perché la Corte Costituzionale ha bocciato il premio di maggioranza, allora lo sono anche tutti gli altri perché la stessa Corte ha bocciato la mancanza del voto di preferenza; in altri termini, il cittadino è stato privato del diritto di scegliere il corpo legislativo.

Non solo.

Se sono illegittimi i 148, con chi li sostituiamo? Impossibile procedere alla sostituzione poiché anche i “non eletti” sarebbero non legittimati.

Se seguiamo il ragionamento del duo comico Grillo-Brunetta ne consegue che l’intero parlamento è illegittimo. Attendiamo le dimissioni dei parlamentari del M5S, di Brunetta, che ha smarrito il collegamento con i suoi neuroni, e dei suoi illegittimi commilitoni.

La realtà è che questi parlamentari sono stati eletti con le regole allora in vigore e con quelle regole occorre fare i conti per determinarne la legittimità.

Il porcellum non può più essere applicato ma non per questo decadono gli atti che dalla applicazione di quella legge sono derivati.

Quanto alla illegittimità dell’elezione del Presidente della Repubblica, vale ancora una volta il principio della presunzione di legittimità: chi ha eletto il Presidente della Repubblica, nel momento in cui procedeva all’elezione, riteneva di essere nel diritto di farlo in forza di una legge che gli affidava tale compito. Quindi, la circostanza che oggi la legge elettorale sia stata censurata dalla Suprema Corte in due punti fondamentali non toglie legittimità giuridica a quanto precedentemente deliberato. Pensate a cosa accadrebbe se venisse meno il principio della continuità storica dell’autorità statale. Che ne sarebbe dei trattati internazionali siglati negli ultimi anni da governi legittimati da parlamenti che non sarebbero stati legittimati a farlo?

Il problema piuttosto si pone dal momento in cui saranno depositate dalla Corte Costituzionale le motivazioni della sentenza sul Porcellum. Sono ansioso di leggerle ma in via generale ritengo che il problema della legittimità delle Camere ci sia da quel momento in poi e soprattutto se le Camere vorranno procedere con la revisione della Costituzione.

Analogamente trovo stupide le osservazioni di chi afferma che così la Corte ci fa precipitare al proporzionale in vigore fino al 1993 a nella ingovernabilità. Costoro dovrebbero avere un briciolo di onestà intellettuale e iniziare a guardare la realtà per quello che è: la nostra Costituzione non ha voluto affrontare il problema della governabilità demandando la soluzione di questo compito al parlamento.

Con questa Costituzione non può esistere alcuna legge elettorale in grado di assicurare la governabilità perché anche se dal voto uscisse fuori una maggioranza in grado di assumere il governo del Paese, è sempre possibile un cambio di maggioranza e un conseguente governo che con il voto non ha nulla da spartire; e sarebbe un governo pienamente costituzionale e legittimato. In fondo il governo Monti è nato così; ma anche il governo Dini, D’Alema, Amato… Le forze politiche, i costituzionalisti, i media… hanno sinora preso in giro se stessi facendoci perdere 60 anni: è dal 1953 che cercano invano di risolvere il problema della governabilità agendo sulla legge elettorale.

L’opinione di Giorgio Napolitano sulla legittimità delle Camere è al momento una opinione tra tante che si regge più su considerazioni di buon senso, come d’altra parte fanno Zagrebelsky e Onida, che su considerazioni di merito. La questione vera è che si fa da domani e fin dove è lecito e opportuno che si spingano le Camere. Se Napolitano riterrà ancora di avallare il percorso di riforma costituzionale che ha contribuito a mettere in moto, certamente non avrà la mia approvazione e checché lui potrà dire non ritengo che questo Parlamento sia legittimato a riformare la Costituzione: non lo era prima, figuriamoci adesso.

La realtà è che non abbiamo strumenti per venire fuori da questo casino in cui ci troviamo per responsabilità primaria di tutte le Istituzioni troppo attente alla prassi e all’interesse del momento e poco alla lettera della nostra Costituzione. Non mi stancherò di sottolineare il ruolo gravissimo e pesante che in tutta questa vicenda ha avuto il presidente della Repubblica in carica nel 2005: Carlo Azeglio Ciampi.

Per buon senso, occorre trovare con questo Parlamento una soluzione decorosa perché si possa procedere in tempi ragionevoli a nuove elezioni e occorre che tutte le forze politiche e le persone che rappresentano le più alte Istituzioni repubblicane prendano consapevolezza che la riforma della Costituzione deve necessariamente essere affidata a una Assemblea Costituente eletta in modo proporzionale dai cittadini italiani.

Perché Letta sbaglia

In queste condizioni (economiche, sociali e istituzionali) e con questa legge elettorale è assurdo andare a elezioni anticipate: altissima la probabilità che l’impasse si rafforzi.

Non aver provveduto a varare una nuova legge elettorale che superasse l’infamia costituzionale del Porcellum è stato un grave e imperdonabile errore (anche) di questo Esecutivo e di questo Parlamento.

Per non andare in queste condizioni a elezioni anticipate è sufficiente non sciogliere le Camere e ciò è possibile poiché spetta per Costituzione al Parlamento eleggere il Governo e non al “popolo sovrano” che si limita a eleggere il Parlamento, ma non i Parlamentari, indicati e scelti dai Partiti. Non c’è quindi alcuna ragione che il Presidente della Repubblica assecondi le bizze isteriche e istrioniche dei rappresentanti di partito così poco propensi a fare il dovere per il quale si sono proposti: è compito dei parlamentari dare un governo al Paese.

Il Parlamento verrebbe meno al proprio dovere costituzionale se non trovasse l’intelligenza, la capacità, la responsabilità di fare il proprio dovere individuando un comun denominatore tra le forze politiche per portare il Paese fuori dalla palude.

Se tornassimo a votare, con questo sistema elettorale e istituzionale e con questo personale partitico, si potrebbe ricreare la stessa attuale situazione e mi sembra chiaro che non si può votare all’infinito…

Tutto ciò premesso, Letta sta sbagliando nella gestione di questa crisi che più che essere politica è prova di infantilismo della maggioranza dei parlamentari.

Le dimissioni di alcuni ministri non comportano, né sul piano politico né su quello costituzionale, una nuova richiesta di fiducia parlamentare: i ministri sono sostituibili; nel caso, è il Parlamento che deve attivarsi per sfiduciare il Governo.

I ministri possono per Costituzione essere estranei al Parlamento e ai partiti. Le dimissioni dei ministri non autorizzano a concludere che l’eventuale partito di provenienza dei ministri abbia revocato la fiducia al Governo; dovrebbe essere questo partito a presentare una mozione di sfiducia, nel caso; e non dimentichiamo che la fiducia è individuale e non di gruppo o di partito. .. sempre in termini costituzionali

Poi c’è la prassi che fa carta straccia della Costituzione ma questa è altra storia.

Quindi, se consideriamo le modalità e le motivazioni delle dimissioni abbiamo ancora più forza per risolvere il problema con la nomina di altri ministri.

Per quale motivo allora chiedere la fiducia ?

Trovare un po’ di dissidenti? Ottimo obiettivo anche per comprendere fino a che punto un intero partito è appiattito sugli interessi di un singolo, fosse pure il “capo“. Anche per questo obiettivo non guasta un po’ di strategia e di rispetto rigoroso delle norme costituzionali.

Sia come sia Letta ha scelto di chiedere la fiducia e ha deciso di iniziare dal Senato e sarà importante che si presenti anche alla Camera dei Deputati, a prescindere dal risultato che otterrà al Senato. Da questo punto di vista avrebbe fatto meglio a scegliere di iniziare dalla Camera dove la fiducia è abbastanza certa.

Al Senato il Governo potrebbe raggiungere l’obiettivo di ottenere la fiducia o potrebbe non averla, esito probabile. In questa seconda ipotesi il Presidente della Repubblica potrebbe - e a mio avviso dovrebbe - sciogliere il solo Senato, nel pieno e rigoroso rispetto della Costituzione e dell’interesse del Paese.

Infatti, pur con questa mefitica legge elettorale, se avendo una maggioranza già costituita alla Camera si votasse per l’elezione del Senato avremmo eliminato una serie di scenari possibili che si verificherebbero se si andasse alle elezioni dell’intero Parlamento. Il corpo elettorale nell’angusta e desolante partecipazione al “rito democratico” si troverebbe di fronte a una scelta chiara e risolutiva.

Ragionevole attendersi una campagna elettorale all’insegna della concretezza perché si parte sapendo che o si conferma la maggioranza che c’è alla Camera, o in ogni caso si trova con questa maggioranza un terreno di incontro, oppure saremo destinati a proseguire in questa situazione di logorante stallo.

Un briciolo di responsabilità da parte di pochi sarebbe sufficiente per delineare questo terreno d’incontro nel corso della campagna elettorale, per scongiurare il rischio che si ricrei una situazione d’impasse.

In altre parole, se si votasse per il solo Senato i partiti dovrebbero indicare i fronti comuni con il PD sui quali sarebbero disposti a collaborare. Se qualche forza politica escluderà ogni ipotesi di collaborazione con il PD sarà ovviamente libera di scegliere questa strada ma nella consapevolezza che se prevalesse ci porterebbe a proseguire nella instabilità e ingovernabilità.

A questo punto saranno gli elettori a decidere se proseguire nella instabilità dando in prevalenza credito a chi rifiuta ogni tipo di collaborazione programmatica con chi ha già la maggioranza in una camera parlamentare o dare il potere necessario a chi ha i numeri per governare o a un progetto di collaborazione tra forze politiche già definite.

Nel caso non venisse fuori un risultato chiaro che consenta a una parte politica o a un insieme di forze di assumersi la responsabilità di governo sarebbe in ogni caso evidente la necessità di un accordo tra parti politiche per trovare una soluzione idonea.

Sciogliendo il solo Senato daremmo, quindi, più forza all’Italia e più opportunità per uscire dal pantano.

Speriamo che, nel caso Letta non dovesse ottenere la fiducia al Senato, il Presidente della Repubblica non commetta l’errore del suo predecessore, quando nel 2008 sciolse le camere…

Presidente, prima la legge elettorale

Gentile signor Presidente,

le esprimo il mio disaccordo rispetto all’annunciato percorso di riforme istituzionali e alla legittimazione che lei sta offrendo a questo percorso.

Lei ha lunga esperienza istituzionale; io posseggo solo una singola quota di “sovranità popolare”, che avverto svilita da un sistema elettorale che con la democrazia condivide solo il rito del voto.

I partiti si sono sostituiti al corpo elettorale nella selezione dei candidati che piazzano in Parlamento. La presenza in Parlamento dipende esclusivamente dal partito che ha piazzato il candidato in una lista bloccata; mi chiedo come possa un parlamentare rappresentare la Nazione.

I Partiti non sono organizzati in modo democratico e la loro gestione non conosce trasparenza nei processi decisionali. Continua a leggere

E infine giunse Provvidenza…

rospo4Come in un western all’italiana quando ormai il nostro eroe sta per soccombere… arriva Provvidenza… Ma nella terra del Manzoni provvidenza significa molto: un mondo di attese, una filosofia di vita…

Riepiloghiamo.

Il PD conduce una pessima campagna elettorale: prende sberle da tutti e in particolare da Monti ma, nonostante ciò, il PD decide di tenere aperta la porta a una eventuale privilegiata collaborazione con la formazione politica guidata dal tecnico dei tecnici. Continua a leggere