Le sgangherate tesi del SI by Violante e Ceccanti

Uno degli argomenti forti degli oltranzisti della riforma targata Boschi è che il bicameralismo perfetto sarebbe il maggiore responsabile dei 63 governi repubblicani in soli 68 anni.

In “Le ragioni del SI”, un lungo intervento fitto di surreali affermazioni, LucianoViolante pone degli interrogativi e ovviamente ci regala le sue risposte: “L’instabilità, dodici governi negli ultimi venti anni, verrà finalmente superata? (…) Si potranno riattivare forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche?
La riforma risponde positivamente a questi interrogativi. Poiché una delle grandi difficoltà delle democrazie occidentali è costituita dalla estraneità dei cittadini alla politica, dovrebbe essere particolarmente sottolineata quella parte della riforma che riconosce il diritto dei cittadini al referendum propositivo e a vedere prese in esame entro un determinato termine le proposte di legge di iniziativa popolare, che oggi finiscono in un cestino. Si tratta di novità che, insieme ad una nuova legge elettorale che non sacrifichi la rappresentanza dei cittadini, potrebbe riattivare il circuito virtuoso tra società e politica.

Violante rafforza il concetto: “le proposte di iniziativa popolare devono essere necessariamente prese in esame dalle Camere

 

Chissà se Violante ha fatto fatica a mettere insieme in poche righe tante inesatte semplificazioni o se gli riesce spontaneo.

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Riflessioni sul premio di maggioranza

Succede frequentemente di leggere sul premio di maggioranza contrapposte valutazioni, non sempre di immediata comprensione.

Per semplicità, segnalo questo intervento di Ceccanti, 3 Obiezioni agli argomenti di Onida sul Corsera, che mi sembra rappresentativo delle considerazioni più frequenti.

Quel che si definisce “premio di maggioranza” dovrebbe essere denominato “premio per avere la maggioranza” perché trasforma una maggioranza relativa in una maggioranza assoluta. L’unico premio di maggioranza che la nostra storia repubblicana conosca è quello previsto dalla legge elettorale del 1953, passata alla storia come “legge truffa”, che assegnava un premio a chi avesse ottenuto il 50%+1 dei voti validi. Il premio previsto dall’Italicum è invece, per tipologia, vicino a quello della legge Acerbo del 1923.

Il premio di maggioranza, come da noi concepito, rappresenta un unicum nei sistemi parlamentari: un premio in grado di garantire con assoluta certezza a una parte politica di avere il controllo della Camera ed esprimere il Governo, alla sola condizione che qualcuno voti.

Ceccanti ricorda la sentenza n. 275/2014 della Corte Costituzionale in cui si afferma la legittimità costituzionale della attribuzione del premio nelle elezioni amministrative per i comuni.

Il premio previsto per i comuni della provincia di Trento sopra i 3.000 abitanti, di ciò si occupa la richiamata sentenza, era stato contestato trasferendo sulla legge elettorale locale le argomentazioni espresse con sentenza n. 1/2014 della Consulta (quella relativa al “Porcellum”).

La Corte nella citata sentenza n. 275/2014 afferma che tale presupposto “non può essere condiviso, stante la netta diversità delle due discipline. La normativa statale oggetto della richiamata sentenza n. 1 del 2014 riguarda l’elezione delle assemblee legislative nazionali, espressive al livello più elevato della sovranità popolare in una forma di governo parlamentare. La legge regionale impugnata riguarda gli organi politico-amministrativi dei Comuni, e cioè il sindaco e il consiglio comunale, titolari di una limitata potestà di normazione secondaria e dotati ciascuno di una propria legittimazione elettorale diretta.

La legge locale serve a eleggere congiuntamente Esecutivo e Consiglio, la legge nazionale serve a eleggere l’assemblea legislativa, rappresentativa della sovranità popolare.

Non solo: “Questa Corte ha già affermato, con riferimento ad elezioni di tipo amministrativo, che le votazioni al primo e al secondo turno non sono comparabili ai fini dell’attribuzione del premio”.

Perché ignorare l’inciso “con riferimento ad elezioni di tipo amministrativo”? Non è una puntualizzazione irrilevante.

Non si può sovrapporre la normativa elettorale per il parlamento a quella per gli organi politico-amministrativi dei Comuni.

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Marino, tra bullismo e Lista Nazionale

Il caso Marino ha assunto toni farseschi degni di una realtà e cultura politica che fa impallidire Cetto La Qualunque. La realtà politica è più comica della finzione cinematografica, ma proprio per questo assume i toni drammatici che solo la messinscena della realtà può avere: se non fosse realtà, verrebbe da ridere.

In tanti hanno dato interpretazioni dell’accaduto e su tutte spicca quanto scrive Gilioli in Non è politica, è bullismo; vi invito a leggere questo contributo. Molto interessanti i retroscena raccontati da Marco Causi: testimonianza della pessima qualità del personale politico ormai incapace di decenza, dignità e pensiero.

linettiMa anche Gilioli ha commesso un errore… non usa brillantina Linetti. Scrive Gilioli: “La questione oggi, infatti, non è più se Marino ha fatto errori ma è se la caduta di un governo cittadino debba avvenire nell’aula dei rappresentanti eletti dai cittadini - cioè il consiglio comunale - oppure debba avvenire con uno stratagemma (le 25 dimissioni) che impedisca il confronto pubblico, deciso in una sede non istituzionale e non rappresentativa dei cittadini, su imposizione del commissario di un partito e con i suoi consiglieri che obbediscono all’ukase per la paura di non essere ricandidati. E questo ovviamente varrebbe chiunque fosse il sindaco, e pure se fosse Barbablù.

La questione oggi? Ma neanche per sogno! La questione che oggi si ripropone è vecchia di qualche decennio e ha raggiunto l’apice con l’avvento di Renzi al governo. Tutto avviene e si decide fuori dalle sedi istituzionali perché questo è il tratto caratteristico della partitocrazia.

E’ la questione che caratterizza la storia repubblicana: le crisi di governo extraparlamentari. “Se i partiti politici, all’interno dei loro organi statutari dovessero sempre prendere le decisioni più gravi sottraendole ai rappresentanti del popolo, tanto varrebbe – lo dico naturalmente per assurdo – trasformare il Parlamento in un ristretto comitato esecutivo. Risparmieremmo tempo e denaro. Una democrazia che avvilisce il Parlamento avvilisce se stessa e le masse elettorali”, Cesare Merzagora, presidente del Senato, 25 febbraio 1960. Si consumava allora la crisi del governo Segni che lasciò il posto al governo Tambroni.

Tanto per rinfrescare la memoria, con l’operazione Renzi siamo tornati indietro di 54 anni. Il governo Letta lascerà il passo al governo Renzi con una manovra extraparlamentare che è la peggiore conferma del sistema partitocratico che da sempre regge la Repubblica Italiana. Continua a leggere

La scuderia quirinalizia

interrogativoSquillino le trombe, entrino le squadre.
A breve tutti i grandi elettori si riuniranno per l’elezione del Presidente della Repubblica.
I cavalli di razza, le riserve della Repubblica cominciano a scalpitare.

Chi saranno i cavalli in corsa?
Non lo so, ma so che tipo di persona vorrei.

Vorrei una persona dotata di buon equilibrio e senso profondo delle Istituzioni e quindi non autoreferenziale e cresciuta nei cortili del Palazzo di pasoliniana memoria.

Vorrei una persona sostanzialista e non formalista, e quindi che sappia guardare dentro la Costituzione, senza avere soggezione della prassi.
Maledetta prassi. Laddove c’è una norma scritta la prassi va nel cesso.

Vorrei una persona che difenda alla lettera la Costituzione, senza farsi paladino della sua trasformazione: solo la difesa rigorosa e intransigente della Costituzione sarà da stimolo per riforme profonde, sensate ed efficaci.
Da troppi decenni assistiamo a continui interventi sulla Costituzione, con l’unico risultato di peggiorare le cose (vedi riforma del Titolo V che adesso è da riformare nuovamente).
Da troppi decenni, proprio per una scarsa vigilanza sulla Costituzione, assistiamo al tentativo di affermare un nuovo sistema istituzionale, senza tener conto del quadro costituzionale e del necessario sistema di equilibri e contrappesi.

Così mentre c’è sempre qualcuno pronto a urlare al colpo di stato, al governo non eletto dai cittadini, a sognare un vincitore alla sera delle elezioni… tutti si dimenticano che il nostro è e rimane un sistema a centralità parlamentare in cui gli elettori votano per rinnovare i rappresentanti delle assemblee parlamentari: per questo votano e solo per questo.

Votano per rinnovare i rappresentanti a cui sarà affidato il potere legislativo e non per nominare un governo, vale a dire il potere esecutivo.

Come vedete non ho grandi pretese. Da quanto scritto, risulta evidente cosa vorrei che non si ripetesse. Continua a leggere