Dilettanti allo sbaraglio

I nuovi concorrenti della corrida istituzionale si chiamano Renzi, Boschi e la loro corte di berlusconidi e cretini istruiti.

Da 10 mesi ci parlano di Italicum e adesso sono al palo perché inebetiti iniziano a scorgere quel che era evidente nel loro progetto di legge elettorale: incostituzionalità e inapplicabilità.

La legge elettorale uscita dalla sentenza della Consulta del gennaio 2014 non è autoapplicabile: richiede interventi da parte del legislatore.

Questo era quel che dovevano fare i parlamentari, se avessero avuto un briciolo di responsabilità e cultura: rendere subito applicabile la legge uscita dalla sentenza della Corte Costituzionale. Continua a leggere

Se gli storici perdono la memoria

Se gli storici perdono la memoria, e con essa anche la cultura della memoria, allora probabilmente è la storia che perde la propria funzione cessando ogni ragione di interesse come oggetto di studio e di riflessione. Cos’è infatti la storia senza memoria?

Sempre più spesso succede di leggere interventi di storici, politologi, commentatori politici… che propongono riflessioni e analisi storiche di eventi del tempo andato, ricostruzioni del decorso storico di determinati problemi o dell’evoluzione di un determinato tema ancora presente nel dibattito politico e culturale.

Succede in questi mesi, in cui si dibatte di riforma del Senato e di bicameralismo, che in tanti propongano ricostruzioni storiche sul tema, partendo proprio dal ricco dibattito sviluppatosi in Assemblea Costituente. Continua a leggere

Che fine ha fatto il divorzio breve?

Divorzio breve? Insabbiato al Senato, parola di Alessandra Moretti.

Dopo l’approvazione alla Camera dei Deputati del Ddl n. 1504 che va sotto il nome di divorzio breve sono in tanti a chiedersi che fine abbia fatto quella riforma… Tra questi tanti, certamente le oltre 200.000 coppie che, non avendo ancora superato i prescritti tre anni di separazione legale, attendono di poter riconquistare lo status libero.

Soprassediamo sul dato che bisognerebbe più correttamente parlare di “separazione breve” e non di divorzio breve e sorvoliamo sul dato che a essere breve, caso mai, è il matrimonio e non certo il percorso per uscirne, sempre troppo lungo.

Voglio adesso soffermarmi su una riflessione “politica” sul tema. Lo spunto è offerto da quanto dichiarato da tanti estimatori del superamento del bicameralismo. Prendo come esempio quanto dichiarato da Alessandra Moretti, la quale ci spiega “Abbiamo visto con il divorzio breve come si blocca una legge a Palazzo Madama”.

Ci spiega la simpatica Moretti che “una norma di civiltà che rimette in linea con l`Europa, giace a Palazzo Madama in balia delle corrente di pensiero di qualche senatore. È il bicameralismo che ci riporta in questo pantano, vittime di un meccanismo dove non prevale l`interesse del paese. La modifica costituzionale darà più spazio, più velocità, più efficienza ad un paese che per progredire deve farlo anche sul terreno dei diritti sociale e civili”.

Moretti coglie la palla al balzo per rivendicare la bontà della riforma del Senato e il superamento del bicameralismo.

Premesso che sono assolutamente favorevole al superamento del bicameralismo e altrettanto assolutamente contrario a come stanno riformando il Senato e al modo in cui si afferma di superare il bicameralismo (in realtà sul tema famiglia, bioetica e sanità ogni provvedimento legislativo dovrà passare anche per il Senato, se la Camera non modificherà il testo licenziato), ritengo che l’affermazione della Moretti e di tanti altri politici custodisca una bella dose di illogicità e superficialità.

Il ragionamento proposto è: il Senato insabbia, rallenta, prevalgono i protagonismi, i veti ideologici.

Si tratta di affermazioni superficiali e banali e tutta la lettura degli avvenimenti politici appare grottesca.

Camera dei deputati e Senato hanno nei partiti la medesima fonte di reclutamento.

Pantano del bicameralismo? Interesse del paese? Ma i senatori di chi sono figli? Chi li ha selezionati e mandati in Senato? Non sono forse creature degli stessi partiti che esprimono i deputati?

Il Governo, in entrambe le Camere, è sostenuto dalla stessa maggioranza; anche se nulla vieta che ogni Camera abbia una maggioranza diversa, questo non si è mai verificato. Succede talvolta che su specifici provvedimenti si possano formare maggioranze differenti rispetto a quelle che sostengono stabilmente il Governo. In ogni caso, anche al Senato i gruppi parlamentari degli stessi partiti che hanno approvato alla Camera la riforma sono in grado di assicurare i voti necessari per la definitiva approvazione.

Quindi? Dove sta allora il problema?

Se alla Camera passa una legge che poi al Senato viene bloccata è esclusivamente perché così vogliono i partiti in un continuo gioco a rimpallare le questioni e i provvedimenti finché i partiti stessi non trovano un compromesso soddisfacente per tutelare gli interessi di bottega. Ogni tema è una occasione per contrattare e ridefinire gli equilibri di potere.

Se non esistesse il Senato, i partiti troverebbero un altro modo per condurre il medesimo gioco, come infatti stanno facendo prefigurando un Senato che, poiché sarà costituito da persone scelte da ciascun consiglio regionale, rischia di essere senza indirizzo politico e alla mercé degli ordini di partito e dei comitati d’affari che avranno sponsorizzato determinate nomine senatoriali.

Con il nuovo Senato si riproporrà la medesima logica attuale su una infinità di materie.

In ogni caso, additare il Senato come responsabile della lentezza legislativa è ridicolo giacché deputati e senatori sono scelti, candidati e nominati dai Partiti.

Certo, se abolissimo anche i parlamentari e decidessimo che ogni Partito, nella persona del segretario o portavoce, esprime un voto pari alla quota di voti che rappresenta… allora avremo accelerato tutto e trasformato il Parlamento in una sorta di Assemblea degli Azionisti.

Se siete interessati a questa moderna concezione della democrazia parlamentare potete leggerne i capisaldi e le ragioni ispiratrici in Incubo riforme.

Meno male che questo mese di agosto non è caldo come di consueto…

Non c’è solo l’elezione del Senato

ass_costNon c’è solo la riforma del Senato, rivendica Renzi.Giusto, verissimo. La riforma costituzionale in discussione non riguarda solo il metodo elettivo del Senato. C’è molto di più nella riforma costituzionale sulla quale si cerca di imporre tempi certi per arrivare al voto, come se si trattasse di una qualsiasi discussione per la conversione di un decreto in scadenza e dimenticando che non dovrebbe essere il Potere Esecutivo a farsi carico di una riforma istituzionale e in più minacciando o riforme o voto

Poi che razza di minaccia è?

Andremmo al voto con una legge puramente proporzionale e chissà se i parlamentari avrebbero il pudore e l’onestà di compiere quel piccolo compito che la Corte Costituzionale ha imprudentemente affidato loro: “Per quanto riguarda la possibilità per l’elettore di esprimere un voto di preferenza, …, possono essere risolti mediante l’impiego degli ordinari criteri d’interpretazione, alla luce di una rilettura delle norme già vigenti coerente con la pronuncia di questa Corte” o con “interventi normativi secondari, meramente tecnici ed applicativi della presente pronuncia”, scriveva la Corte con la sentenza 1/2014.

In ogni caso, ci ritroveremmo ancora nella stessa situazione attuale: altamente probabile l’impossibilità di formare una maggioranza politica in grado di svolgere efficientemente le funzioni istituzionali. Quindi, che minaccia è o riforma o voto?

Tradotta, la minaccia significa: molti di voi non saranno rieletti, volete continuare a prendere lo stipendio e magari aumentare le probabilità di essere ricandidati o preferite andare a casa?

A quale logica democratica e del diritto costituzionale si appella un Governo che minaccia o riforma o voto?

Non dimentichiamolo, si tratta di riforme costituzionali non di riforma della sanità, delle pensioni o altre materie ordinarie…

Come si diceva, cambierà il sistema di elezione del Senato; saranno i consiglieri regionali a eleggere tra i consiglieri stessi e tra i sindaci di ciascuna regione coloro che svolgeranno anche le funzioni di Senatore.

Il Senato non dovrà votare la fiducia all’esecutivo e avrà funzioni legislative ridotte e differenziate rispetto alla Camera.

Si supera quindi il bicameralismo perfetto e, se non fosse per il modo irresponsabile e inefficace con cui si rischia che avvenga questo superamento, sarebbe pure una bella notizia. Continua a leggere

Ho visto un merlo ubriaco

La lettura di Il footing dell’ostruzionismo di Francesco Merlo, la Repubblica del 25 luglio 2014, mi ha ricordato la danza di un merlo ubriaco per essersi ingozzato di fichi strafatti al sole. Non è educato ironizzare sul cognome delle persone, ma Merlo se le va proprio a cercare con i suoi frequenti articoli privi di lucidità e obiettività, ma in compenso ricchi di parole svuotate di significato: logorrea onanistica.

Se bastasse l’uso e l’abuso del vocabolo “riforma” per essere dei riformisti… allora gli ultimi due decenni sarebbero per la politica e le Istituzioni italiane un trionfo di riformismo. Se non mi credete, interrogate Maria Stella Gelmini: in 30 secondi vi snocciolerà un elenco di riforme attuate da Berlusconi e dai suoi magnifici governi.

Necessario andare oltre le parole e analizzare nei fatti cosa avviene, cosa è avvenuto e cosa si preannuncia… prima di scrivere “ieri sera i giovani recitavano il ruolo dei vecchi, gli innovatori si degradavano a conservatori”.

Non basta proporre riforme per essere dei riformatori e non basta contestare tali riforme per essere arruolati tra i conservatori. Pessimo e inutile giornalismo quello che piega la realtà a parole abusate. Siamo alle riforme mestruali (ricordate lo slogan di Renzi, Una riforma al mese?), ma cosa c’è oltre le parole e gli slogan? Continua a leggere

Il nuovo Senato

Il superamento del bicameralismo perfetto e la governabilità sono temi presenti nel dibattito politico sin dai tempi della Assemblea Costituente. Il compromesso allora raggiunto non piaceva a tanti; prevalse il timore di creare le condizioni per la nascita di un governo forte e i Costituenti non seppero creare organi di garanzia che permettessero equilibrio tra governabilità e rappresentatività.

Dalla lettura degli Atti della Costituente emerge che, sebbene da più parti fossero stati evidenziati con lucidità i limiti di quel bicameralismo che si stava configurando, non si seppe trovare punto di equilibrio più alto e lungimirante.

Così, mentre si vara un sistema a totale centralità parlamentare, prevedendo durata diversa per ciascuna camera oltre a corpo elettorale diverso e diverso metodo di assegnazione dei seggi, è totalmente trascurato il tema della governabilità. Il governo deve nascere dalla volontà dei gruppi parlamentari, attraverso il confronto e il dialogo: questo il metodo che ci consegna la Costituzione.

Il tema della governabilità ci accompagna sin dalla nascita della Repubblica; è del 1953 il primo tentativo di assicurare un premio di maggioranza a chi arrivava al 50%+1: quella legge passò alla storia come “legge truffa”. Il premio non scattò e la legge fu cancellata ripristinando il precedente sistema.

Da allora è stato un susseguirsi di tentativi abortiti e pessime leggi elettorali.

Oggi è il turno di Renzi e del suo governo tentare di dare risposta all’antico problema. Continua a leggere