Finalmente Cesare Battisti, lo “schifoso” come lo definisce il ministro Salvini, è in carcere per scontare la pena dell’ergastolo a cui è stato condannato nel 1985.
Il terrorista è adesso nel carcere di massima sicurezza di Oristano in isolamento diurno.
Voglio sperare che questa scelta (del carcere e dell’isolamento) risponda a esigenze investigative e non a un distorto concetto della giustizia che trapela dalle parole del ministro Salvini secondo il quale Battisti è uno “schifoso” che deve “marcire in galera”.
Definire un condannato “schifoso” e augurarsi che marcisca in galera non è un pensiero degno di chi rappresenta le Istituzioni e dovrebbe incarnare i principi costituzionali.
Come mi sembra improprio definire “terrorista” colui che da circa quattro decenni non è associato a nessun crimine di terrorismo: lo definirei più correttamente ex-terrorista.
Dopo queste elementari considerazioni è forse opportuno provare a svolgere qualche riflessione, senza nulla togliere alla gravità delle accuse e conseguente condanna che pesano su Battisti.
Innanzitutto, per la Costituzione nessuno deve “marcire” in galera. Questo è un linguaggio da forcaiolo, da guappo che non si addice a un Ministro della Repubblica.
Come è improprio che esponenti dell’Esecutivo si facciano allestire un palchetto sul luogo di arrivo dell’ergastolano riportato in Italia e tengano un comizietto.
L’arresto di un condannato ricercato da molti anni non dovrebbe essere trasformato dai politici in una occasione per mettersi in mostra. Due ministri che approfittano dell’arresto di un ergastolano per fare un comizietto è abbastanza avvilente. Avremmo fatto volentieri a meno della passerella di Ciampino perché sempre abbiamo bisogno di verità e giustizia.
Varrebbe invece la pena riflettere su una situazione che a distanza di tanti anni è conseguenza di un’epoca storica e di una legislazione d’emergenza che spesso ha ridotto in frantumi il diritto.
Sarebbe oggi Battisti condannato all’ergastolo sulla base degli elementi disponibili allora?
Probabilmente NO!
Le condanne si basano essenzialmente sulle dichiarazioni di un pentito, Pietro Mutti, che, per propria ammissione, partecipò a un omicidio ma avendo “collaborato” e accusato Battisti – che era già in fuga – si beccò solo 9 anni mentre Battisti si beccava l’ergastolo! Non abbiamo prove oggettive della colpevolezza di Battisti ma la legislazione d’emergenza e le norme sui collaboratori di giustizia rendevano possibile questo esito giudiziario anche senza riscontri oggettivi.

Giuseppe Memeo mentre spara a Campagna
Nessun omicidio diretto o indiretto è realmente provato; su tutti è legittimo il dubbio e pesano molte ombre.
E’ vero, Battisti non ha mai chiesto perdono per gli omicidi che gli sono stati attribuiti ma d’altra parte non ha mai riconosciuto di aver ucciso qualcuno mentre chi lo accusa è reo-confesso ma ha beneficiato di importanti sconti di pena.
La Cassazione nel 1993 scrive “Del resto, Pietro Mutti utilizza l’arma della menzogna anche a proprio favore, come quando nega di avere partecipato, con l’impiego di armi da fuoco, al ferimento di Rossanigo o all’omicidio Santoro; per il quale era d’altra parte stato denunciato dalla DIGOS di Milano e dai CC di Udine. Ecco perché le sue confessioni non possono essere considerate spontanee”.
Confessioni spontanee … Sono anni in cui quando si mettono le ami addosso a un terrorista o presunto tale … spesso si alzano letteralmente le mani per estorcere confessioni, nomi, dichiarazioni. Spesso si utilizzano mezzi impropri e la stessa carcerazione seguita dalla minaccia “marcirai in galera” è uno strumento di pressione … come attestato da tante carcerazioni ingiuste, denunce di torture, inspiegabili morti e clamorosi errori giudiziari con imputazioni farlocche.
Uno dei casi più clamorosi fu il tentativo di coinvolgimento, per opera di Carlo Fioroni, di Toni Negri e Oreste Scalzone nel rapimento con successiva morte di Carlo Saronio: sulla base delle accuse false di Fioroni furono arrestate diverse decine di persone!
In quegli anni la regola sembra essere solo una: se le dichiarazioni di un pentito confermavano la tesi dell’accusa … allora vanno assunte come verità!
Dai tempi della strage di Piazza Fontana (1969) al caso 7 aprile (1979) e la successiva indagine per l’omicidio Calabresi (1988 – 1997) gli aspetti bui e controversi, i depistaggi e gli insabbiamenti, le collaborazioni interessate e non veritiere sono una costante.
Le sentenze vanno eseguite ma oggi forse sarebbe più produttivo guardare a quegli anni con un po’ di distacco storico perché in ogni caso mettiamo in carcere a vita una persona che non è più quella che tanti anni fa è stata condannata. In ogni caso, eseguiamo una sentenza per ciò che gli è stato addebitato e non per ciò che adesso è. Parlare oggi di Battisti come di un terrorista è come negare che il tempo sia passato, come affermare che lui oggi pratica e sostiene la lotta armata.
Perché operare questa farsesca trasposizione?
Le ombre – anche giudiziarie – sugli anni di piombo sono tante: è bene non dimenticarlo per rispetto della storia, della verità, della giustizia e delle tante vittime del terrorismo e di coloro che non sempre hanno servito lo Stato con fedeltà. Perché chi ha offerto coperture ai terroristi, chi ha depistato e insabbiato, chi per ragioni politiche ha fatto macelleria giudiziaria … ha contribuito a coprire gli assassini e a non dare giustizia ai familiari delle vittime.