Ceccanti e la rappresentazione grottesca della realtà

E’ deprimente che persone come il professor Ceccanti insistano a offrire una rappresentazione falsata della realtà e della storia. Lo spunto per questa riflessione è offerto dall’intervento di Ceccanti in cui indica le due scelte qualificanti della riforma costituzionale

Attribuire al bicameralismo perfetto “il rischio costante (dal ‘94 in 4 consultazioni elettorali su 6) di avere nei due rami del Parlamento maggioranze diverse” significa alterare capziosamente i fatti.

Questa circostanza, che non si è verificata nella misura indicata da Ceccanti, dipende da precise scelte dei legislatori responsabili della pessima legge nota come “Porcellum” con cui sono state effettuate 3 delle 6 elezioni ricordate da Ceccanti.

Le elezioni del 2006, 2008 e 2013 si sono svolte sotto la regia del Porcellum che è stato pensato per rendere più difficile la formazione di maggioranze omogenee introducendo un premio a livello regionale per il primo classificato.

Confondere un meccanismo elettorale con un tema istituzionale è una mistificazione.

Tutti sanno, compreso Ceccanti, che la Costituzione del 1947 presentava alcune differenziazioni tra Camera e Senato:

- Diverso corpo elettorale, tutti i maggiorenni per la Camera, over 25 per il Senato

- Durata differente della legislatura per ciascuna camera

- Ripartizione dei seggi su base nazionale per la Camera e regionale per il Senato

- Assegnazione minima di 6 senatori per ciascuna regione, con esclusione della Valle d’Aosta che ne ha uno, stabilendo una relazione discorsiva nel rapporto tra popolazione e rappresentanti al Senato, rispetto a quella vigente alla Camera.

I parlamentari non hanno mai rispettato la differente durata delle camere, sciogliendo sempre anticipatamente il Senato fino a quando nel 1963 approvarono una modifica costituzionale con la quale uniformarono la durata delle camere.

 

Permangono nel nostro sistema degli elementi (corpo elettorale differente, metodo diverso di assegnazione dei seggi e sproporzione dei seggi rispetto alla popolazione) che rendono più marcate le differenze tra le due camere in termini di assegnazione dei seggi.

La Basilicata, per esempio, con una popolazione che è il doppio del Molise ha 7 senatori contro i 2 del Molise; Basilicata e Umbria hanno gli stessi senatori di Friuli e Abruzzo, pur avendo una popolazione nettamente inferiore.

Ciò comporta, per fare un esempio, che un partito forte in Basilicata con pochi voti può conquistare più seggi al Senato di un altro partito che prende più voti in Liguria o in altre regioni.

In conclusione, i parlamentari hanno nel tempo eliminato un elemento di differenziazione elettorale tra Camera e Senato, ma hanno peggiorato gli altri aspetti addirittura prevedendo un premio di maggioranza assegnato su base regionale (premio censurato dalla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale).

Gli studiosi, che attribuiscono tante responsabilità al bicameralismo paritario, fingono di ignorare questi fattori e omettono di dire che i cambiamenti di casacca potrebbero esserci anche in futuro con la nuova costituzione perché nulla cambia su questo fronte. Continua a leggere

La paura del NO

La storia dell’umanità inizia con un NO, con la disobbedienza.

Da Cacciari a Ceccanti ci imbattiamo a un SI illogico e pretestuoso alla proposta di revisione costituzionale. Un SI che tenta di far leva sulla paura, sulla irrazionale rappresentazione di un prossimo futuro catastrofico.

Se la revisione dovesse essere bocciata, non succederà nulla di tremendo: andremo avanti con la Costituzione attuale che, nel bene e nel male, ci accompagna dal 1948!

Questa riforma fa schifo ma votare NO significa decretare il fallimento della classe politica, afferma Massimo Cacciari.
Bocciare la riforma significa delegittimare il parlamento e si aprirebbe una stagione di instabilità … aggiunge Stefano Ceccanti.

Non so dove stia di casa la logica per costoro, ma è opportuno ricordare che questa legislatura è nata sotto la stella della massima instabilità ed è diventata una delle più stabili della nostra storia repubblicana. Quindi, non agitiamo spettri inesistenti.

Inoltre, le Camere sono già delegittimate politicamente dal metodo con cui sono state elette.
Gli attuali parlamentari non rappresentano il popolo ma i partiti che hanno coartato la libertà degli elettori nella determinazione dei propri rappresentanti.
I gruppi parlamentari sono alterati nella propria consistenza da premi elettorali incostituzionali.
Ho ricordato due aspetti censurati dalla Corte Costituzionale; ma evidentemente c’è chi ha già dimenticato la sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale.

Non c’è bisogno della vittoria del NO per delegittimare politicamente questo Parlamento che è nato delegittimato e resta in vita solo per il necessario principio di continuità dello Stato!

Non solo abbiamo parlamentari che sono stati nominati dai partiti, ma un parlamentare su quattro è oggi in un partito diverso da quello in cui è stato candidato e l’elettore non ha votato lui ma la lista in cui era candidato. Chi rappresenta Alfano e i suoi del NCD che non ha preso alcun voto nel 2013? E chi rappresenta Verdini e i suoi?
Questa situazione avrebbe dovuto imporre prudenza e responsabilità.

Va ancora considerato che gli elettori, votando nel 2013 i partiti, non hanno nemmeno espresso un generico consenso su questi propositi di riforma costituzionale, assenti dai programmi elettorali.

Il NO oltre a certificare che la riforma ha più aspetti negativi che positivi, che fa schifo come afferma Cacciari, rappresenta anche la bocciatura di un ceto politico in gran parte pressapochista, trasformista, opportunista, irresponsabile … che non è stato capace di mettere insieme una revisione costituzionale decente.

La vittoria del NO sarebbe la bocciatura dei Partiti che da tempo sono privi di un progetto politico e culturale; partiti che non hanno mai smesso di occupare lo Stato e le Istituzioni, come disse nel 1981 Enrico Berlinguer. E l’occupazione continua: dal Partito Stato allo Stato dei Partiti.

Riusciranno la minoranza dei politici e la maggioranza degli italiani a imprimere una svolta in grado di archiviare l’andazzo degli ultimi decenni?

Non lo so, ma so che votare NO è la premessa perché una svolta positiva possa verificarsi. Una svolta in cui il cittadino, i diritti e la legalità siano finalmente al centro dell’azione politica.

Le sgangherate tesi del SI by Violante e Ceccanti

Uno degli argomenti forti degli oltranzisti della riforma targata Boschi è che il bicameralismo perfetto sarebbe il maggiore responsabile dei 63 governi repubblicani in soli 68 anni.

In “Le ragioni del SI”, un lungo intervento fitto di surreali affermazioni, LucianoViolante pone degli interrogativi e ovviamente ci regala le sue risposte: “L’instabilità, dodici governi negli ultimi venti anni, verrà finalmente superata? (…) Si potranno riattivare forme di partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche?
La riforma risponde positivamente a questi interrogativi. Poiché una delle grandi difficoltà delle democrazie occidentali è costituita dalla estraneità dei cittadini alla politica, dovrebbe essere particolarmente sottolineata quella parte della riforma che riconosce il diritto dei cittadini al referendum propositivo e a vedere prese in esame entro un determinato termine le proposte di legge di iniziativa popolare, che oggi finiscono in un cestino. Si tratta di novità che, insieme ad una nuova legge elettorale che non sacrifichi la rappresentanza dei cittadini, potrebbe riattivare il circuito virtuoso tra società e politica.

Violante rafforza il concetto: “le proposte di iniziativa popolare devono essere necessariamente prese in esame dalle Camere

 

Chissà se Violante ha fatto fatica a mettere insieme in poche righe tante inesatte semplificazioni o se gli riesce spontaneo.

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Riflessioni sul premio di maggioranza

Succede frequentemente di leggere sul premio di maggioranza contrapposte valutazioni, non sempre di immediata comprensione.

Per semplicità, segnalo questo intervento di Ceccanti, 3 Obiezioni agli argomenti di Onida sul Corsera, che mi sembra rappresentativo delle considerazioni più frequenti.

Quel che si definisce “premio di maggioranza” dovrebbe essere denominato “premio per avere la maggioranza” perché trasforma una maggioranza relativa in una maggioranza assoluta. L’unico premio di maggioranza che la nostra storia repubblicana conosca è quello previsto dalla legge elettorale del 1953, passata alla storia come “legge truffa”, che assegnava un premio a chi avesse ottenuto il 50%+1 dei voti validi. Il premio previsto dall’Italicum è invece, per tipologia, vicino a quello della legge Acerbo del 1923.

Il premio di maggioranza, come da noi concepito, rappresenta un unicum nei sistemi parlamentari: un premio in grado di garantire con assoluta certezza a una parte politica di avere il controllo della Camera ed esprimere il Governo, alla sola condizione che qualcuno voti.

Ceccanti ricorda la sentenza n. 275/2014 della Corte Costituzionale in cui si afferma la legittimità costituzionale della attribuzione del premio nelle elezioni amministrative per i comuni.

Il premio previsto per i comuni della provincia di Trento sopra i 3.000 abitanti, di ciò si occupa la richiamata sentenza, era stato contestato trasferendo sulla legge elettorale locale le argomentazioni espresse con sentenza n. 1/2014 della Consulta (quella relativa al “Porcellum”).

La Corte nella citata sentenza n. 275/2014 afferma che tale presupposto “non può essere condiviso, stante la netta diversità delle due discipline. La normativa statale oggetto della richiamata sentenza n. 1 del 2014 riguarda l’elezione delle assemblee legislative nazionali, espressive al livello più elevato della sovranità popolare in una forma di governo parlamentare. La legge regionale impugnata riguarda gli organi politico-amministrativi dei Comuni, e cioè il sindaco e il consiglio comunale, titolari di una limitata potestà di normazione secondaria e dotati ciascuno di una propria legittimazione elettorale diretta.

La legge locale serve a eleggere congiuntamente Esecutivo e Consiglio, la legge nazionale serve a eleggere l’assemblea legislativa, rappresentativa della sovranità popolare.

Non solo: “Questa Corte ha già affermato, con riferimento ad elezioni di tipo amministrativo, che le votazioni al primo e al secondo turno non sono comparabili ai fini dell’attribuzione del premio”.

Perché ignorare l’inciso “con riferimento ad elezioni di tipo amministrativo”? Non è una puntualizzazione irrilevante.

Non si può sovrapporre la normativa elettorale per il parlamento a quella per gli organi politico-amministrativi dei Comuni.

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Il referendum costituzionale spiegato a Stefano Ceccanti

Su il Foglio del 23 agosto Stefano Ceccanti scrive La logica del referendum costituzionale spiegata a Di Maio & co.

Ceccanti , costituzionalista e già deputato del PD, è tra i più attivi sostenitori della riforma costituzionale.

La domanda che regge tutto il suo articolo è “che strategia hanno i sostenitori del NO in caso di vittoria? Come gestiranno il dopo referendum?

Ceccanti ci spiega che gli inglesi stanno sperimentando cosa voglia dire votare per la Brexit senza sapere come sarà gestita questa desiderata uscita … Allo stesso modo, Ceccanti chiede: come gestiranno il dopo referendum coloro che sostengono il NO alla riforma?

La domanda è capziosa.

Risulta evidente a chiunque che come in un referendum abrogativo la direzione di marcia è indicata nelle volontà di chi propone l’abrogazione, in un referendum costituzionale la bocciatura della riforma indica che gli elettori ritengono preferibile tenersi la Costituzione vigente e non cambiarla con qualcosa che considerano peggiorativo.

E’ stata una precisa volontà dei parlamentari approvare una sola riforma con tanti aspetti eterogenei, costringendo così l’elettore attento a pesare aspetti positivi e negativi per giungere a u giudizio sintetico: SI o NO.

La domanda di Ceccanti sottende la valutazione, tutta da dimostrare, che una riforma della Costituzione sia indispensabile.

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