Nessun Paese europeo ha una seconda camera eletta direttamente

E’ bello sapere di poter contare su persone colte e preparate, capaci di illuminarti e fugare ogni dubbio sul tormentato percorso delle riforme costituzionali.

Con questo spirito ho letto l’intervento di Augusto Barbera, docente di diritto costituzionale, “Perché nessun paese europeo ha una seconda Camera eletta direttamente”

Peccato! Dopo averlo letto e riletto sono sbalordito per le banalità e le mistificazioni che Barbera spaccia.

Argomenta Barbera spiegandoci che nel bicameralismo italiano il Senato non ha mai svolto la funzione di contrappeso alla Camera. E’ vero, ma non è mai esistito, in Italia e in altro luogo del mondo democratico, un meccanismo elettorale che garantisce la maggioranza assoluta a un solo partito alla sola condizione che qualcuno vada a votare.

Ci racconta Barbera che i contrappesi sono rafforzati con la riforma costituzionale e cita l’innalzamento del quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica, lo Statuto delle opposizioni…

Non mi sembra una gran cosa poiché nessuno potrà eleggere il PdR senza il sostegno del Partito che controlla la maggioranza assoluta della Camera e che potrà contare su un pacchetto di senatori.

I grandi elettori saranno al massimo 730.
Un solo partito avrà 340 voti a cui vanno aggiunti i voti di qualche eletto nella circoscrizione estero e i Senatori che provengono dallo stesso partito.
Inoltre, non è ancora certo che la decisione finale rimanga il quorum dei 3/5 dei VOTANTI. In precedenza si prevedeva che dal nono scrutinio bastasse la maggioranza assoluta, e quindi un solo partito avrebbe potuto eleggere il Presidente e c’è già chi è molto turbato dal fatto che una minoranza possa impedire l’elezione del Presidente gradito alla maggioranza e propone di tornare alla maggioranza assoluta dopo un determinato numero di votazioni.

In ogni caso, il PdR continuerà a essere solo a parole un potere di garanzia perché nella realtà non ha alcuno strumento a disposizione. Per esempio, non potrà attivare la Corte Costituzionale nel caso il Parlamento approvasse una legge che reputa incostituzionale. Si dovrebbe parlare di moral suasion del PdR e non di potere di garanzia perché non ha strumenti per fermare eventuali atti eversivi da parte del Parlamento. Parlamento in cui un solo Partito avrà il controllo del potere esecutivo e legislativo. Continua a leggere

A cosa serve l’astensione?

astensioneA ogni maledetta elezione si sentono le solite litanie sul dovere del voto e sull’astensione.
Molti giornalisti e politici ci martellano con una valanga di analisi tutte interne al potere e alle logiche di potere.
Ci siamo assuefatti all’idea che quel che conta siano i voti validi, ignorando il rapporto tra voti validi e aventi diritto al voto, ma soprattutto dimenticando quale sia la funzione e la finalità dei soggetti politici che concorrono alle elezioni. Rapportare la forza elettorale ai voti validi è una convenzione.

Compito dei partiti è raccogliere il consenso.
Su questa capacità si gioca la prima importante credibilità delle forze politiche.
Le elezioni servono a misurare il gradimento di ciascun partito e ciascuno lavora per riconfermare i voti in precedenza raccolti e possibilmente incrementarli.
La prima valutazione da fare è quanti voti un partito ha raccolto rispetto alla precedente elezione, indipendentemente dalla quota dei votanti.

Ogni elettore si chiede se votare e come votare. Il risultato elettorale è la sommatoria delle decisioni che ciascuno individualmente assume.

L’efficacia dell’azione di un partito si misura sulla capacità di riportare gli elettori al voto e di avere riconfermato il voto.
Il fatto che il partito A abbia deluso i propri elettori non impatta sugli elettori del partito B, che anzi potrà avvantaggiarsi dei voti in uscita.
L’astensione non è mai equamente distribuita tra tutte le forze politiche, ovvero non interessa nella stessa misura ogni elettorato, ma a fare la differenza è solo la quota di astensione che si somma a quella fisiologica, che non è mai stata di alcun partito.

I partiti più piccoli, fortemente identitari, caratterizzati territorialmente o per le tematiche che propongono, sono generalmente meno colpiti dall’astensione poiché raccolgono in gran parte un voto di opinione. In un sistema puramente proporzionale, la caduta nel grado di apprezzamento di un partito si ripercuote direttamente nella quota di potere che quel partito detiene e questo si trasformerebbe in un vantaggio per il partito che invece mantiene il proprio elettorato. Ma con i nostri sistemi elettorali, anche se un partito minore mantenesse gli elettori, quindi non fosse colpito dall’astensione e aumentasse la percentuale su una base più ristretta di votanti, non cambierebbe molto le cose nella ripartizione del potere. L’astensione rafforza i forti. Osservate la siderale distanza tra i consiglieri del PD in Emilia Romagna (29) rispetto al M5S (5) mentre i voti del PD sono solo 3,5 volte quelli del M5S e 2,3 volte quelli della Lega (8 consiglieri).

Il sistema di ripartizione del potere misura la forza di ogni partito sulla quota dei votanti, sterilizza il deprezzamento, ignora la bocciatura che i nonvotanti hanno espresso nei confronti di tutti i partiti.

Se ci sono elettori che si recano ai seggi e votano scheda bianca o nulla e tanti altri che addirittura non vanno ai seggi, significa che sono indifferenti a ogni proposta politica.
Però, prendendo in considerazione i soli voti validi e intervenendo con meccanismi di ingegneria elettorale si trasferisce sui nonvotanti sostanzialmente la stessa percentuale di opzione scelta dai votanti.
I seggi sono distribuiti in ragione dei voti validi espressi ignorando completamente chi non ha votato.

Diverso sarebbe se fosse assegnata una quota di seggi corrispondente alla quota dei voti validi e il resto assegnato per sorteggio tra tutti i cittadini con i requisiti di eleggibilità.

In sostanza, per i meccanismi del potere, è irrilevante la quota dei non votanti.

L’astensione non indebolisce il potere ma lo rafforza, almeno sul piano quantitativo.
Ai partiti fa comodo l’astensione, idealmente vorrebbero che a votare fossero solo i candidati e al più i loro familiari…
L’astensione è in costante crescita da decenni; vi sembra che i partiti si siano dati da fare per aumentare la partecipazione?
Hanno fatto di tutto per vanificare la partecipazione ignorando i referendum, trasformando i partiti in associazioni private in cui gli iscritti non contano più nulla, sostituendosi agli elettori nella scelta dei rappresentanti, ignorando le proposte di legge di iniziativa popolare…
Da azionisti dei partiti gli iscritti son diventati rompicoglioni!

Allora?

Allora, la scelta peggiore che un elettore possa fare è non votare.

Votate per il meno schifoso, ma votate.

Se proprio siete nauseati, votate le per piccole formazioni estranee alla gestione del potere, ma in ogni caso votare.

Tanto, non votando… votate come vogliono i più forti e certo non metterete in ginocchio il sistema.

Il Governo in premio

Lavorare per avere un vincitore alla chiusura delle urne è un rispettabile obiettivo estraneo al nostro vigente sistema costituzionale e persino alla Costituzione come uscirebbe dalle riforme attualmente in discussione.

La nostra Costituzione è a centralità parlamentare e rimarrà così anche con la riforma in discussione.

Votare per eleggere l’assemblea dei rappresentanti del popolo sovrano significa per definizione che non c’è alcun vincitore ma solo differenze numeriche tra i gruppi parlamentari.

Ogni eletto ha pari dignità e rappresenta la Nazione: così vuole la nostra Costituzione vigente e anche quella che uscirebbe con l’approvazione della riforma costituzionale in discussione.

In questo assetto costituzionale ridurre il voto per l’assemblea parlamentare in un voto per incoronare, in modo indiretto e a insaputa degli elettori, un vincitore incaricato di governare significa stravolgere la funzione del Parlamento, del voto e il sistema istituzionale.

Ci ritroveremmo in un sistema di tipo presidenziale senza saperlo e senza avere i contrappesi tipici di tutti i sistemi in cui distintamente gli elettori votano per il parlamento e per il Presidente, Premier, Cancelliere…

Come minimo occorre che il premio sia assegnato a chi raggiunge il 50%+1 dei voti o con un ballottaggio tra i due partiti meglio piazzati.

Almeno in questo modo al ballottaggio l’elettore avrebbe consapevolezza di votare per l’esecutivo, scegliendo tra programmi di governo, mentre quando ha votato per il rinnovo del parlamento ha scelto i propri rappresentanti, o almeno dovrebbe poterli scegliere, ma non sembra che la nuova vecchia oligarchia renziana abbia intenzione di rispettare la Costituzione.

Meglio ancora sarebbe eleggere distintamente il Premier e il Parlamento.

Gli elettori voterebbero per un programma di governo e per i rappresentanti parlamentari perché potere esecutivo e legislativo devono essere autonomi e distinti sebbene interdipendenti.

8 marzo, fuori dal coro

Tante parlamentari stanno conducendo in Parlamento una battaglia per affermare l’equilibrio di genere tra i candidati alle cariche elettive. Premesso che ci sono in Italia ataviche arretratezze che hanno ostacolato e ostacolano la presenza delle donne in politica e nelle istituzioni, questa battaglia, posta nei termini in cui è stata posta, è sbagliata, inefficace, probabilmente ipocrita. Continua a leggere