L’Italia diventerà più efficiente?

Con questa riforma costituzionale l’Italia non guadagnerà proprio nulla sul piano dell’efficienza istituzionale.

Avremo differenti iter legislativi (secondo autorevoli analisti dei sistemi politici ne avremo ben 7), tutti potenzialmente portatori di conflitti. Potrà nascere un contenzioso infinito tra le due camere, tra parlamento e governo, tra questi e le regioni.

Anche questa riforma è una occasione persa per riformare i partiti al fine di introdurre democrazia e trasparenza nei processi decisionali, nella selezione dei candidati, nell’affidamento degli incarichi.

Inutile girarci intorno: i Partiti sono il primo motore del sistema di corruzione e di favoreggiamento della criminalità organizzata, ormai infiltrata in tutte le Istituzioni. Sono i partiti che selezionano i candidati e spesso li impongono nelle assemblee elettive, da anni rappresentative dei partiti e non degli elettori. I cittadini sono prima esclusi dalla selezione dei candidati, privati del diritto di scelta tra i candidati e quando possono scegliere sono limitati da un menù imposto che non concorrono a determinare.

Si afferma che l’attuale Senato rappresenta le sabbie mobili dell’attività legislativa. Si tenga presente che ogni governo repubblicano è sempre stato sostenuto dalle stesse formazioni politiche in entrambe le camere. Quindi, se una legge passa alla Camera e poi si insabbia in Senato significa che le forze politiche che sostengono il governo utilizzano il bicameralismo per contrattare tra loro. Il problema non sta quindi nell’obbligato passaggio da una camera all’altra, ma nel sistema e nella cultura dei partiti, nella qualità dei parlamentari e nei meccanismi di selezione dei parlamentari. Il bicameralismo esiste anche in Francia e, nonostante sia frequente avere tra le due camere maggioranze di diverso orientamento politico, non esiste il problema sabbie mobili. Il rischio è stato risolto con una Commissione paritetica bicamerale che interviene quando emerge un conflitto tra le attività legislative delle due camere.

In ogni caso, il Senato conserverà la pienezza della funzione legislativa e l’assenza di un mandato politico e di una maggioranza politica potranno portare il Senato in rotta di collisione con la Camera dei deputati nell’esercizio della funzione legislativa.

L’elezione indiretta nel nostro sistema potrebbe anche essere una cosa interessante, se non fosse realizzata in modo illogico e irresponsabile affidando una camera parlamentare alla più squalificata categoria di politici, a un corpo elettorale numericamente misero e con vincoli di scelta assurdi.  Il rischio è avere un organo costituzionale che rappresenterà solo interessi locali o, peggio, comitati d’affari. Un Senato in cui si rafforzerà il potere dei partiti e il rischio di infiltrazioni malavitose. Un regalo alla partitocrazia, un raccordo perfetto tra comitati d’affari locali e centri di potere nazionali.

Questa riforma è priva di coraggio, conservatrice, criminogena perché oggettivamente favorisce i potentati locali, i comitati d’affari, le oligarchie partitocratiche e le conventicole di ogni genere. Il risultato sarà nuova inefficienza e caos istituzionale.

 

Si veda anche

Il nuovo Senato in 5 mosse

La riforma del Titolo V della Costituzione

Nessun Paese europeo ha una seconda camera eletta direttamente

E’ bello sapere di poter contare su persone colte e preparate, capaci di illuminarti e fugare ogni dubbio sul tormentato percorso delle riforme costituzionali.

Con questo spirito ho letto l’intervento di Augusto Barbera, docente di diritto costituzionale, “Perché nessun paese europeo ha una seconda Camera eletta direttamente”

Peccato! Dopo averlo letto e riletto sono sbalordito per le banalità e le mistificazioni che Barbera spaccia.

Argomenta Barbera spiegandoci che nel bicameralismo italiano il Senato non ha mai svolto la funzione di contrappeso alla Camera. E’ vero, ma non è mai esistito, in Italia e in altro luogo del mondo democratico, un meccanismo elettorale che garantisce la maggioranza assoluta a un solo partito alla sola condizione che qualcuno vada a votare.

Ci racconta Barbera che i contrappesi sono rafforzati con la riforma costituzionale e cita l’innalzamento del quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica, lo Statuto delle opposizioni…

Non mi sembra una gran cosa poiché nessuno potrà eleggere il PdR senza il sostegno del Partito che controlla la maggioranza assoluta della Camera e che potrà contare su un pacchetto di senatori.

I grandi elettori saranno al massimo 730.
Un solo partito avrà 340 voti a cui vanno aggiunti i voti di qualche eletto nella circoscrizione estero e i Senatori che provengono dallo stesso partito.
Inoltre, non è ancora certo che la decisione finale rimanga il quorum dei 3/5 dei VOTANTI. In precedenza si prevedeva che dal nono scrutinio bastasse la maggioranza assoluta, e quindi un solo partito avrebbe potuto eleggere il Presidente e c’è già chi è molto turbato dal fatto che una minoranza possa impedire l’elezione del Presidente gradito alla maggioranza e propone di tornare alla maggioranza assoluta dopo un determinato numero di votazioni.

In ogni caso, il PdR continuerà a essere solo a parole un potere di garanzia perché nella realtà non ha alcuno strumento a disposizione. Per esempio, non potrà attivare la Corte Costituzionale nel caso il Parlamento approvasse una legge che reputa incostituzionale. Si dovrebbe parlare di moral suasion del PdR e non di potere di garanzia perché non ha strumenti per fermare eventuali atti eversivi da parte del Parlamento. Parlamento in cui un solo Partito avrà il controllo del potere esecutivo e legislativo. Continua a leggere

Francesco non va alla guerra!

francescoPapa Francesco lancia un appello “Mai più la guerra!”. Invita tutta la Chiesa a una giornata di preghiera per la pace in Siria, Medio Oriente e nel mondo intero. Ci ricorda che la violenza chiama violenza. Belle appassionate parole condivise da quasi tutti noi, compresi coloro che alla guerra pensano.

La Siria, dopo mezzo secolo di stato di emergenza, è in una situazione di crescente drammaticità da ormai 30 mesi. Cosa è stato fatto dalla comunità internazionale in tutto questo interminabile tempo? Quasi nulla. Le solite operazioni routinarie in attesa che le grandi potenze del mondo trovino un accordo a loro confacente o qualcuno si convinca di poter forzare la mano.

Non dimentichiamoci che la Siria, oltre a essere membro dell’ONU, è tra i firmatari della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e come  ogni Stato aderente è tenuto al rispetto dello Statuto ONU e degli obblighi che ne derivano.

Quanti, anche tra le autorità politiche, ascoltando papa Francesco hanno pensatosarebbe bello mai più guerra ma purtroppo bisogna andare in guerra per costruire la pace”?

A che servono le belle parole di papa Francesco se la Chiesa Cattolica è tra i maggiori ispiratori della dottrina della “guerra giusta, largamente abusata nei pochi anni di questo terzo millennio già così affollato di guerre. Questo dato culturale e dottrinale non può essere ignorato.

Vorrei che la dottrina della Chiesa sulla guerra, come sulla pena di morte, riflettesse le belle parole di papa Francesco per non offrire alibi etico a quanti pensano alla guerra come a una soluzione inevitabile, senza adoperarsi prima per rendere possibile la pace.

Riprendo quanto previsto dal Catechismo della Chiesa Cattolica al capitolo “La difesa della pace” (http://www.vatican.va/archive/ITA0014/_P80.HTM#5X) .

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