Perché ci vuole la preferenza

Il primo comma degli articoli 56 e 58 della Costituzione specifica che il voto deve essere “DIRETTO”, tanto per la Camera quanto per il Senato.

Che significa “diretto”?

Significa che gli elettori con il voto legittimano gli eletti a esercitare il potere legislativo in rappresentanza del popolo sovrano. Con il voto avviene il trasferimento di sovranità dal popolo (art. 1 Cost.) agli eletti che rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato (art. 67 Cost.).

Con il voto, per Costituzione, l’elettore sceglie i propri rappresentanti e non concede una delega a una associazione, a un movimento, patronato o sindacato … Se succedesse ciò non saremmo in un regime democratico ma in un regime partitocratico realizzando il passaggio dal Partito Stato allo Stato dei Partiti.

Il referendum del 1991, spesso impropriamente e semplicisticamente ricordato, non ha abolito la preferenza ma ridotto il numero delle preferenze a UNA soltanto.

Non è mai esistita una proposta referendaria per abolire tout court la preferenza anche perché già nel 1975 la Corte Costituzionale con sentenza n. 203 aveva sancito che i Partiti nel decidere autonomamente l’ordine di presentazione dei candidati nelle liste “non ledono affatto la libertà di voto del cittadino, il quale rimane pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza”.

Guarda caso, questa sentenza è stata richiamata dalla Corte anche nella sentenza n. 1/2014 relativa al porcellum, ma il dato sfugge alla gran parte dei distratti commentatori che citano questa sentenza (chissà se l’hanno letta!).

Le condizioni stabilite dalla nuova legge elettorale sono “tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost. (sentenza n. 16 del 1978)”.

In sostanza, ancora una volta le norme di questa nuova legge “escludono ogni facoltà dell’elettore di incidere sull’elezione dei propri rappresentanti, la quale dipende, oltre che, ovviamente, dal numero dei seggi ottenuti dalla lista di appartenenza, dall’ordine di presentazione dei candidati nella stessa, ordine di presentazione che è sostanzialmente deciso dai partiti.” (Corte Costituzionale, sentenza n. 1/2014).

Non dimentichiamo che ancora una volta la Corte ha sollecitato le forze politiche alla attuazione dell’art. 49 della Costituzione. Infatti, scrivono i Giudici che le funzioni dei partiti devono, “essere preordinate ad agevolare la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed alla realizzazione di linee programmatiche che le formazioni politiche sottopongono al corpo elettorale, al fine di consentire una scelta più chiara e consapevole anche in riferimento ai candidati.” Mentre “Una simile disciplina priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta che è totalmente rimessa ai partiti”.

Non solo l’elettore non può scegliere tra i candidati ma non può nemmeno contribuire alla selezione di chi candidare.

Il fatto che le liste siano corte e quindi con pochi candidati, non risolve minimamente il problema perché il voto avrà sempre degli effetti diversi da quelli espressi dall’elettore: se vota il candidato uninominale vota anche le liste collegate e se vota una lista il voto è valido anche per l’elezione del candidato uninominale; inoltre, il voto ovunque dato può determinare l’elezione di altri candidati in altri collegi perché il voto non esaurisce i propri effetti nel collegio in cui è stato espresso: entra in un totalizzatore nazionale e poi i seggi saranno assegnati in base alla classifica nazionale dei candidati di ciascuna lista.

Il numero ridotto dei candidati di ogni lista presentata in ciascun collegio favorisce la conoscibilità degli stessi ma questo non è sufficiente a rendere la normativa conforme alla Costituzione perché il voto deve espressamente essere DIRETTO e, come minimo, occorre che con il voto l’elettore contribuisca a eleggere esclusivamente quel gruppo ridotto di candidati che ha espressamente votato. Invece, ciò non succede sia perché c’è sempre lo slittamento del voto dalla lista al candidato uninominale e viceversa, sia perché il voto entra in un totalizzatore nazionale e può determinare l’elezione di altri candidati di altri collegi.

Il porcellum rosatellum non consentendo all’elettore di esprimere alcuna preferenza, ma solo di scegliere una lista di partito o un candidato uninominale con effetto strascico sulle liste collegate, la cui composizione è rimessa ai partiti, rende il voto sostanzialmente “indiretto, ma i partiti non possono sostituirsi al corpo elettorale e l’art. 67 della Costituzione presuppone l’esistenza di un mandato conferito direttamente dagli elettori.

I partiti non possono sostituirsi agli elettori

ANCORA UN PARLAMENTO DI NOMINATI

Se la nuova scellerata legge elettorale denominata “alla tedesca”, come se qualcosa diventi rispettabile solo con una fasulla etichetta per attestarne la provenienza, se questa nuova “legge suina” fosse approvata così come è stata presentata, avremmo un nuovo Parlamento al 100% di nominati.

Una evidente legge incostituzionale che, se fosse approvata dal Parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica, certificherebbe l’inadeguatezza di Sergio Mattarella a ricoprire la carica che ricopre.

L’elettore sarebbe privato in modo totalitario della possibilità di scegliere i propri rappresentanti.

In questa legge di tedesco non c’è nulla; persino la soglia del 5% è stravolta.

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Breve Stupidario PD

Incredibile: sinora non ho letto o sentito da parte di chi sostiene l’Italicum argomentazioni logiche e fondate, meritevoli di considerazione e credibili sul piano della cultura politica e dell’onestà intellettuale.

C’è in ascolto qualcuno che vuole provare a spiegarmi perché dovremmo essere contenti per questo risultato dopo lunghi otto anni di attesa?

Nel giro di un paio di giorni sono inciampato sulle banalità di Laura Puppato, le stupidaggini di Ivan Scalfarotto e le demenziali affermazioni di Matteo Orfini. Continua a leggere

IL NUOVO ITALICUM

Finalmente ci siamo. Silvio Berlusconi e Matteo Renzi hanno raggiunto un accordo per la nuova legge elettorale che consentirà di rinnovare il Parlamento.

Come sapete, se andrà in porto la riforma costituzionale in discussione, il Senato non sarà più eletto dal popolo sovrano e non dovrà votare la fiducia al Governo.

L’obiettivo dichiarato è: avere un vincitore appena terminate le operazioni di voto e avere un Governo in grado di fare senza subire veti e ricatti.

Manca ancora qualche dettaglio, ma il più è definito.

Tipologia: legge proporzionale a ripartizione nazionale con premio per ottenere la maggioranza assoluta e soglie di accesso.

Premio: il partito che raggiunge il 40% dei voti validi avrà un premio che lo porterà alla maggioranza assoluta con 340 deputati (su 630). Se nessun partito raggiunge questa soglia, si va al ballottaggio tra i primi due classificati. Il calcolo è fatto su base nazionale.

Soglie di sbarramento: ancora qualche dubbio. Renzi le vorrebbe al 3%, Berlusconi al 6%. Vedremo.

Liste: i Partiti presenteranno i loro candidati in liste bloccate solo per i capilista; gli elettori potranno esprimere due preferenze tra i candidati presenti in lista. Le preferenze dovranno essere assortite nel genere, pena nullità del voto.

Varietà di genere: ogni genere potrà contare sul minimo del 40% di capilista.

Collegi: saranno 100; è prevista la candidatura multipla ma in non più di dieci collegi.

Considerazioni

Ancora una volta avremo un parlamento costituito per la gran parte da nominati, vale a dire rappresentanti dei partiti, scelti esclusivamente dalle segreterie dei partiti nonostante la Corte Costituzionale abbia ribadito con la sentenza 1/2014 che “le funzioni attribuite ai partiti politici dalla legge ordinaria al fine di eleggere le assemblee … devono essere preordinate ad agevolare la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed alla realizzazione di linee programmatiche che le formazioni politiche sottopongono al corpo elettorale, al fine di consentire una scelta più chiara e consapevole anche in riferimento ai candidati”. Continua a leggere