Se la nuova scellerata legge elettorale denominata “alla tedesca”, come se qualcosa diventi rispettabile solo con una fasulla etichetta per attestarne la provenienza, se questa nuova “legge suina” fosse approvata così come è stata presentata, avremmo un nuovo Parlamento al 100% di nominati.
Una evidente legge incostituzionale che, se fosse approvata dal Parlamento e promulgata dal Presidente della Repubblica, certificherebbe l’inadeguatezza di Sergio Mattarella a ricoprire la carica che ricopre.
L’elettore sarebbe privato in modo totalitario della possibilità di scegliere i propri rappresentanti.
In questa legge di tedesco non c’è nulla; persino la soglia del 5% è stravolta.
Non c’è il voto disgiunto tra eletti con il primo voto tedesco e il secondo. In Germania, i 299 eletti con il sistema maggioritario – uno per collegio – serve a individuare in ciascun collegio il più votato ma ogni lista avrà poi un numero complessivo di deputati in base alla quota di voti della parte proporzionale.
In altre parole, se un partito prende il 25% dei voti, avrà il 25% dei parlamentari di cui una parte già eletti con il maggioritario. Nel caso in cui con il maggioritario si superi la quota totale degli eletti di propria spettanza, si aumenta il numero complessivo dei seggi in modo da poter ristabilire le proporzioni. Da noi questo è impossibile perché il numero totale degli eletti è fissato dalla Costituzione.
In Germania sono esclusi dalla ripartizione dei seggi solo i partiti che non raggiungono il 5% con il cosiddetto “secondo voto”, quello proporzionale, o non hanno conquistato almeno tre seggi con il primo voto, quello definito “maggioritario”. In Italia, anche questo aspetto non sarebbe rispettato poiché la soglia del 5% si applica alla sola quota proporzionale senza considerare l’eventuale risultato dallo stesso partito conseguito nel maggioritario.
In Germania è prevista una disciplina legale per la partecipazione dei cittadini nella scelta di chi candidare. In Italia, la selezione dei candidati è affidata alle segreterie dei partiti o a qualche procedura volontaristica sinora sempre confusa e fonte perenne di contenzioso. E non contenti di ciò, vogliono privare gli elettori persino della possibilità di scegliere tra i candidati.
In sostanza, i Partiti si sostituiscono al popolo sovrano nella scelte di chi farà il rappresentante del popolo sovrano.
Gli elettori, infatti, potranno con il voto solo contribuire a definire quanti scudieri avrà a disposizione ogni capo-partito. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/2014 ha già chiaramente illustrato che una simile norma è incostituzionale.
La mancanza del voto disgiunto, infatti, non permette di dire che il 50% dei parlamentari è “scelto” dagli elettori poiché con un solo voto l’elettore “sceglie” sia il candidato per l’uninominale sia la lista proporzionale a cui quel candidato è collegato. In sostanza, un Parlamento al 100% costituito da nominati perché anche la lista per il proporzionale è bloccata.
Ovviamene, non riveste alcun valore il fatto che le liste saranno corte – e quindi in un certo senso conoscibili dagli elettori – poiché da questa lista – decisa solo dalle segreterie dei partiti – qualcuno risulterà eletto esclusivamente in base al posto in lista e alla quantità di voti raccolti dal partito a livello nazionale.
Se a un elettore piace il candidato per l’uninominale ma non gli piace proprio per nulla quella lista di candidati per il proporzionale … dovrà scegliere tra ripiegare su un candidato uninominale di altro partito – ammesso che ne trovi uno che gli vada a genio – o non votare.
L’assegnazione dei seggi avviene sulla base del risultato nazionale e dalla ripartizione sono esclusi i partiti che non arrivano al 5%. In ogni circoscrizione risulterà eletto prima il capolista del listino bloccato, poi i più votati in ciascun collegio e infine gli altri del listino in base all’ordine di presentazione.
Cosa c’è, di grazia, di tedesco in questa proposta?
Assolutamente nulla.
Bene ha fatto Sinistra Italiana e Articolo 1 a contestare questa proposta e mi fa piacere che anche parte del M5S abbia con chiarezza criticato questa proposta definendola un “super porcellum”.
Qui si apre un altro capitolo.
Beppe Grillo richiama, infatti, i rappresentanti del M5S che hanno dichiarato di non essere disposti a votare questo testo di legge se non passano alcune modifiche: voto disgiunto e possibilità di scelta del candidato.
Scrive Grillo: “Il movimento 5 stelle chiede di andare al voto dal 4 dicembre e sin da allora abbiamo proposto di approvare una legge elettorale costituzionale che permettesse di farlo. Prima era il legalicum, ora è il modello tedesco, votato a stragrande maggioranza dai nostri iscritti con oltre il 95% delle preferenze. I portavoce del movimento 5 stelle devono rispettare questo mandato perchè il testo depositato in commissione mercoledì sera corrisponde al sistema votato dai nostri iscritti: proporzionale con 5% di sbarramento e divisione tra seggi proporzionali e collegi uninominali con predominanza dei primi per assegnare i seggi“.
Ora, questa legge non è affatto costituzionale, perché nega all’elettore il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Poi non si capisce dove sia la corrispondenza con il modello tedesco.
Cosa hanno votato gli iscritti del M5S?
Ecco il quesito votato dagli iscritti del M5S mediante la piattaforma Rousseau
“Siete favorevoli all’approvazione di un sistema elettorale di impianto tedesco che sia rispettoso della Costituzione, eventualmente con l’introduzione di correttivi di governabilità costituzionalmente legittimi?”
Un quesito così vago e indefinito da rendere perfettamente corrette le critiche di Fico e Taverna mentre Grillo appare in preda a colpi di sole.
Non è sufficiente che si voti su tutto perché si possa parlare di democrazia. In un caso come questo è evidente che assume rilevanza come si decide di formulare il quesito su cui si vota.
Scrive infatti, Grillo, che questa proposta “prevede liste talmente corte da renderle superflue (la preferenza, ndr), che sono proprio quelle raccomandate dalla Corte costituzionale nella sua sentenza ammazza-Porcellum perché in grado di far riconoscere gli eletti agli elettori”.
Evidentemente Grillo non ha letto la sentenza ammazza-Porcellum e se l’ha letta non l’ha capita, tanto da bersi una lettura capziosa che di questa sentenza hanno dato tanti cattivi-maestri a sostegno delle testi renziane.
Con la sentenza 1/2014, la Corte ha innanzitutto ricordato la sentenza 203 del 1975 nella quale, confermando la legittimità delle norme per la compilazione delle liste, affermava che quelle norme “non ledono affatto la libertà di voto del cittadino, il quale rimane pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza”.
Grillo ritiene che il richiamo di questa sentenza da parte della Corte sia un fatto casuale, autoreferenziale?
Ecco come la Corte si esprime riguardo alle norme che impediscono la scelta del candidato: “Le condizioni stabilite dalle norme censurate sono, viceversa, tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost.”
La lista corta aumenta la probabilità che gli elettori conoscano i candidati, ma rimane la sostanza, censurata dalla Corte, che i partiti si sostituiscono al corpo elettorale
– selezionando i candidati
– decidendo l’ordine di collocazione in lista
– imponendoli al Parlamento non in ragione delle scelte effettuate dagli elettori ma in base alla quantità di voti raccolti da ciascun partito.
Ritenere, come fa Grillo, che sia sufficiente “l’effettiva conoscibilità dei candidati” per promuovere le liste bloccate ma corte è affermazione palesemente riduttiva del significato e della portata della sentenza della Corte.
Tanto più che la Corte Costituzionale utilizza le citate parole sulla conoscibilità nell’ambito di un ragionamento in cui afferma: “In definitiva, è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione. Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali).”
Analizziamo.
La Corte scrive che il sistema Porcellum è incomparabile con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate.
Se i collegi sono piccoli e i candidati pochi c’è la ragionevole possibilità che l’elettore possa conoscere i candidati e che questo garantisca la scelta e la libertà di voto. Tutto però va visto nell’insieme delle considerazioni svolte dalla Corte, senza tralasciare il come si giunge alla selezione dei candidati.
Sul punto la Corte scrive: “Una simile disciplina priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta che è totalmente rimessa ai partiti. A tal proposito, questa Corte ha chiarito che «le funzioni attribuite ai partiti politici dalla legge ordinaria al fine di eleggere le assemblee – quali la “presentazione di alternative elettorali” e la “selezione dei candidati alle cariche elettive pubbliche” – non consentono di desumere l’esistenza di attribuzioni costituzionali, ma costituiscono il modo in cui il legislatore ordinario ha ritenuto di raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza politica, necessaria per concorrere nell’ambito del procedimento elettorale, e trovano solo un fondamento nello stesso art. 49 Cost.» (ordinanza n. 79 del 2006). Simili funzioni devono, quindi, essere preordinate ad agevolare la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed alla realizzazione di linee programmatiche che le formazioni politiche sottopongono al corpo elettorale, al fine di consentire una scelta più chiara e consapevole anche in riferimento ai candidati.”
Di tutto ciò in Tedeschifum non c’è traccia: l’articolo 49 della Costituzione resta inattuato, non c’è una disciplina che regoli l’assunzione di cariche di partito, trasparenza e democrazia nei processi decisionali interni ai partiti.
Tutto si riduce a rendere possibile la conoscibilità dei candidati, ma ciò non consente in ogni caso all’elettore di scegliere il rappresentante poiché
a) non ha scelto i candidati
b) non può votare il candidato che preferisce
c) deve votare solo la lista
Rimane il fatto che i candidati sono “automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori” e a scegliere nomi e posizioni sono ancora una volta i partiti.
Non ha alcuna rilevanza che i numerosi candidati siano eletti in circoscrizioni grandi o pochi candidati siano eletti in tanti piccoli collegi perché non cambia la sostanza, vale a dire che l’elettore non ha in entrambi i casi la possibilità di incidere nella scelta di chi eleggere anche perché un partito sarà ammesso alla ripartizione dei seggi sulla base della quota nazionale.
Immaginate che la lista corta del partito a voi preferito faccia schifo e invece di astenervi optate per votare un altro partito che così grazie anche al vostro voto supererà il 5% ma non è detto che siano eletti i candidati che voi avete votato perché i primi eletti saranno i capilista bloccati nelle circoscrizioni e nei collegi in cui quel partito ha preso più voti.
La conoscibilità dei candidati è un valore solo ed esclusivamente se l’assegnazione dei seggi avviene all’interno di ogni collegio sulla base dei voti presi nel collegio stesso mentre non ha alcun valore se votando a Canicattì concorro a far eleggere il capolista di Cuneo perché è la quota nazioanle a determinare il diritto al seggio. Dovrei conoscere tutti i candidati d’Italia.
Liste corte o lunghe si riconferma “che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini”, circostanza “che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione”.
Le considerazioni di Grillo risultano prive di qualsiasi fondamento logico e giuridico.
Bene Fico, Taverna e chiunque altro non faccia su questi aspetti fondamentali alcun passo indietro.
Se i collegi sono piccoli e si eleggono pochi parlamentari l’elettore avrà maggiori probabilità di conoscere i candidati ma sarà sempre escluso sia dalla selezione di chi candidare, prerogativa che resta in mano agli organi direttivi di partito, sia dalla scelta del candidato poiché votando un partito concorre alla elezione dei capilista a livello nazionale, che magari non apprezza proprio per nulla e non conosce.
In cosa consiste il pregio della conoscibilità dei candidati se l’unico modo di cui l’elettore dispone per non favorire l’elezione di un candidato sgradito è cambiare lista o non votare?