Grasso e la rivoluzione silenziosa del Senato

In tanti dibattiti sulla revisione costituzionale Boschi-Renzi ho sostenuto la tesi che molti problemi e oserei dire perversioni del nostro Parlamento dipendono soprattutto dal sistema dei partiti.

Certo, ai Costituenti possiamo attribuire la responsabilità di non aver recepito la lucida proposta di Calamandrei che in Assemblea Costituente affermò con riferimento ai Partiti “E allora si sarebbe desiderato che nella nostra Costituzione si fosse cercato di disciplinarli, di regolare la loro vita interna, di dare ad essi precise funzioni costituzionali”, invece, tutto è stato affidato a una legge ordinaria e sappiamo come negli anni è stato sempre di più compresso il diritto di elettorato passivo e negato agli elettori il diritto di scelta dei candidati e tra i candidati.

Sostenevo, in quei dibattiti, che molti dei nostri problemi di efficienza parlamentare dipendono dai regolamenti e dalla cultura partitica.

Il primo di questi problemi si chiama trasformismo, che in questa legislatura ha raggiunto vette incredibili: a ottobre 2017 abbiamo assistito a 535 cambi di casacca che hanno interessato 343 parlamentari; il 36% dei nominati ha cambiato collocazione politica e molti di questi anche più volte.

Qualcuno ritiene che questo problema si risolve introducendo il vincolo di mandato, cosa che richiede una modifica costituzionale. Non ritengo sia la soluzione perché nella realtà il nostro sistema elettorale, le leggi che regolano i partiti e i regolamenti parlamentari creano il più subdolo e potente vincolo di mandato che la perversione partitocratica potesse immaginare.

Tutto inizia con il potere totalitario degli organismi di partito di decidere CHI candidare.

Continua a leggere

Gesti simbolici e istituzionali

La decisione del Presidente del Senato, Pietro Grasso, di lasciare il PD e confluire nel Gruppo Misto ha suscitato prevedibili polemiche.

Qualcuno aveva invitato Grasso a dimettersi dalla carica di presidente; “Dimettiti se hai la schiena dritta”, disse qualcuno. E giustamente Grasso ha replicato che “può essere più duro resistere che abbandonare con una fuga vigliacca”.

Personalmente apprezzo la scelta, dal forte valore simbolico e politico, di Grasso e trovo preoccupante la sordità di Renzi … e di tanta mediocre politica.

Osservo però che tutto il dibattito è avvitato sulla fittizia contrapposizione su dimissioni o restare nella carica di presidente.

Mi chiedo perché ci limitiamo fino al punto di rendere impossibile la soluzione dei problemi.

Infatti, le dimissioni da Presidente del Senato non avrebbero risolto proprio nulla, come nulla risolve l’uscita dal PD. Entrambi sono gesti dal forte valore simbolico che lasciano esclusivamente al destinatario del messaggio simbolico trarre le conclusioni … se vorrà trarle; oppure ignorare anche questo messaggio, come ha fatto sinora.

Esiste invece un gesto molto semplice, perché ISTITUZIONALE, che avrebbe posto le condizioni per RISOLVERE il problema: negare la fiducia e aprire presso la Corte Costituzionale un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato perché un organo (l’Esecutivo) usa un potere che gli è legittimamente riconosciuto, ma in modo tale da impedire o menomare l’uso di un altro potere spettante a diverso organo (il Senato, potere legislativo).

Il voto di fiducia su una legge o parte di essa poggia sul rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo, nel presupposto che la legge in questione sia essenziale o necessaria per la realizzazione del programma di Governo.

Tale presupposto è con evidenza inesistente quando parliamo di legge elettorale che per definizione serve a eleggere il nuovo Parlamento che darà vita a un nuovo Governo. Quindi, negare la fiducia e aprire un conflitto nella unica sede istituzionale che è in grado di dare una risposta certa e risolutiva … sarebbe stato un comportamento istituzionale risolutivo a tutela della dignità del Parlamento e delle funzioni dei parlamentari, che subiscono l’imposizione della fiducia per evitare conseguenze imprevedibili.

Il ricorso alla fiducia, in questa situazione, si presenta come un vero e proprio abuso di potere che fa leva sul ricatto dell’esercizio provvisorio come unico sbocco possibile se non si poneva il voto di fiducia, come ha affermato lo stesso Gentiloni … Peccato che è ponendo la fiducia che Gentiloni ha esposto il Paese al rischio dell’esercizio provvisorio.

Ergo, ha ricattato i parlamentari abusando di una facoltà.

Allora, al di là dei gesti simbolici, è chiedere troppo che chi rappresenta una Istituzione abbia la responsabilità della propria funzione?

Lo so, sono esigente … e credo che dobbiamo imparare a esserlo con chi rappresenta le Istituzioni repubblicane perché non è possibile che ci trasciniamo in eterno qualsiasi problema senza mai risolverne uno.

Nei prossimi anni parleremo ancora di legge elettorale o, in ogni caso, se ne occuperanno i Tribunali e quindi anche il Parlamento.

Non esiste alcun Paese che in 24 anni ha approvato 4 leggi elettorali nazionali senza nemmeno applicare la terza.

Per la cronaca, non è vero che si tratti di un record avere cancellato una legge elettorale senza nemmeno applicarla. C’è un precedente, proprio in Italia: la riforma elettorale approvata con legge 15 febbraio 1925, n. 122, poi recepita nel Testo unico 17 gennaio 1926, n. 118, che reintrodusse il collegio uninominale … non fu mai applicata! Si passò alle elezioni plebiscitarie con cui nel 1929 e 1934 si procedette alla semplice approvazione dei candidati scelti dal Gran Consiglio del Fascismo.

Dopo tanti anni siamo approdati a un pluripartitismo in cui scegliamo il Partito “approvando” la lista che ciascun partito in modo opaco decide di presentare: dal Partito Stato allo Stato dei Partiti.

C’è qualcosa che non torna!

Inaffidabilità Istituzionale

Dal 21 novembre 2000 al 24 aprile 2002 la Corte Costituzionale ha operato in assenza del plenum costituzionale, vale a dire in violazione della norma costituzionale (art. 135) che è tassativa nel fissare in 15 i membri di cui si compone la Corte.

Dal 4 maggio 2007 al 21 ottobre 2008 ancora una volta la Corte Costituzionale non è stata nel plenum costituzionale.

Ci risiamo.

Ancora una volta il Parlamento deve procedere alla elezione di giudici della Corte Costituzionale e di membri laici del CSM… e ancora una volta disattende il proprio dovere. Così, importanti organi costituzionali e di garanzia non sono in grado di operare nel rispetto della legalità.

Il Presidente della Repubblica si dice rattristato e rivolge un appello ai presidenti di Camera e Senato: “Confido che entrambi vi adopererete presso i gruppi parlamentari di ciascuna Camera per conseguire le convergenze tra maggioranza e opposizioni necessarie per il raggiungimento delle maggioranze richieste dalla Costituzione”. Le forze politiche sono così spronate a dirimere i contrasti e procedere agli adempimenti non più differibili.

L’appello del Presidente della Repubblica toglie il tappo alla giostra di esortazioni.

E’ il turno di Grasso, presidente del Senato, che ci ricorda che il quorum per l’elezione dei giudici della Corte Costituzionale e dei membri del CSM è molto alto e quindi serve un largo consenso: la maggioranza non è autosufficiente.

E vorrei vedere!
Ci manca solo che CSM e Corte Costituzionale diventino preda della maggioranza.
Grasso poi ci ricorda che come presidente ha il dovere di insistere e spronare il parlamento per arrivare celermente alle nomine, essendoci tante urgenze da affrontare… stucchevole e banale paternalismo, considerato quanto siamo abituati alle inerzie parlamentari!

In contemporanea Boldrini, presidente della Camera, ci avverte che la soluzione non è a portata di mano… si sarà resa conto che siamo già alla ventesima fumata nera?! Ma, tranquilli, prima della prossima votazione ci sarà “il tempo necessario per favorire un’intesa” che deve essere raggiunta facendo prevalere “il senso di responsabilità”… quando dal parlamento udite il termine “responsabilità”… aprite un ombrello grande e resistente: potrebbe piovere di tutto!

Basta con le esortazioni e questa insopportabile retorica.

La realtà è che il nostro sistema istituzionale non è in grado di garantire trasparenza e legalità.

La telenovela delle nomine parlamentari dovrebbe portare a riflettere sulla inattualità e pericolosità delle norme costituzionali.

Che strumenti avremmo a disposizione se il Parlamento non procedesse alle nomine o impiegasse mesi?

Nessuno!

Se dopo tante votazioni fossero finalmente eletti Pippo e Pluto, nessuno potrebbe togliere il legittimo dubbio che sotto banco le forze politiche abbiano concluso accordi per reciproci scambi di favori non confessabili. Infatti, perché dopo tante votazioni dovrebbero finalmente essere eletti questi Pippo e Pluto? Cosa garantiscono gli eletti che gli altri non garantivano?

Una elezione senza trasparenza è il modo migliore per far crescere la sfiducia nelle Istituzioni.

Riduttivo parlare di contrasti tra le forze politiche se nulla si sa di tali contrasti e della loro natura. Abbiamo il campo libero alle illazioni e al gossip: il Parlamento è meno credibile di Novella 2000.

Un parlamento di rappresentanti di partito – e questo toglie già credibilità e legittimità politica ai membri delle due camere parlamentari – potrebbe decidere di non procedere alle elezioni e avremmo due importanti organi costituzionali ancora una volta fuori dalla legalità. E già successo e sta succedendo ancora.

La domanda e la riflessione che una persona che rappresenta le Istituzioni dovrebbe porsi e sollecitare è quindi se abbia ancora senso che si proceda in questo modo, ponendo importanti organi costituzionali nella condizione di operare nella illegalità o di essere sottoposti al mercanteggiamento continuo tra le forze politiche, dove sarà sempre oscura quale sia stata la merce di scambio quando finalmente cesseranno le fumate nere.

Perché in tali condizioni dovremmo avere fiducia nelle Istituzioni o meglio nelle persone che rappresentano le Istituzioni?

Un sistema istituzionale che affida al Parlamento un compito senza alcuna garanzia sui tempi in cui sarà assolto e persino se sarà assolto… è un sistema inefficiente e inefficace che va cambiato. Evidentemente i Padri Costituenti non pensavano che la degenerazione partitocratica potesse portare le istituzioni parlamentari a livelli così miseri ma è un fatto che così è da ormai molti anni.

Se vogliamo proprio affidare ai parlamentari queste funzioni, evidentemente fuori dalla portata della maggioranza di coloro che occupano gli scranni parlamentari per volontà delle segreterie di partito, allora urge una riflessione e non pistolotti!

Entro la data di fine mandato il Parlamento deve designare i nuovi giudici costituzionali e i membri del CSM scegliendoli tra persone con requisiti definiti. Se alla data indicata tali nomine non ci saranno, si procederà a un sorteggio tra coloro che posseggono i requisiti richiesti.

Meglio affidarsi alla sorte che al mercato delle vacche.

Il nuovo Senato

Il superamento del bicameralismo perfetto e la governabilità sono temi presenti nel dibattito politico sin dai tempi della Assemblea Costituente. Il compromesso allora raggiunto non piaceva a tanti; prevalse il timore di creare le condizioni per la nascita di un governo forte e i Costituenti non seppero creare organi di garanzia che permettessero equilibrio tra governabilità e rappresentatività.

Dalla lettura degli Atti della Costituente emerge che, sebbene da più parti fossero stati evidenziati con lucidità i limiti di quel bicameralismo che si stava configurando, non si seppe trovare punto di equilibrio più alto e lungimirante.

Così, mentre si vara un sistema a totale centralità parlamentare, prevedendo durata diversa per ciascuna camera oltre a corpo elettorale diverso e diverso metodo di assegnazione dei seggi, è totalmente trascurato il tema della governabilità. Il governo deve nascere dalla volontà dei gruppi parlamentari, attraverso il confronto e il dialogo: questo il metodo che ci consegna la Costituzione.

Il tema della governabilità ci accompagna sin dalla nascita della Repubblica; è del 1953 il primo tentativo di assicurare un premio di maggioranza a chi arrivava al 50%+1: quella legge passò alla storia come “legge truffa”. Il premio non scattò e la legge fu cancellata ripristinando il precedente sistema.

Da allora è stato un susseguirsi di tentativi abortiti e pessime leggi elettorali.

Oggi è il turno di Renzi e del suo governo tentare di dare risposta all’antico problema. Continua a leggere

Italicum compatibile…

@matteorenzi @EnricoLetta @angealfa @QuirinaleStampa @lauraboldrini @PietroGrasso @pdnetwork @forza_italia

Ecco come rendere #Italicum compatibile con la Costituzione.

Bastano 4 semplici mosse:

1) Premio di maggioranza assegnato al ballottaggio se nessuno al 1° turno raggiunge il 50%+1

2) Eliminare le soglie di sbarramento per l’accesso al Parlamento poiché non servono alla governabilità, assicurata nel caso dal premio di maggioranza; anzi, arrecano danno alla governabilità, spingendo verso la formazione di ammucchiate coalizzate per tentare di prendere il premio e ridurre il rischio di essere estromessi dal Parlamento. La governabilità, invece, richiede accordi programmatici e non essere insieme contro senza sapere poi che fare.

3) Introduzione della preferenza o collegio uninominale perché i partiti non possono sostituirsi agli elettori e non devono coartare la libertà degli elettori, per dirla con parole della Corte Costituzionale

4) Approvare disciplina legale per i partiti al fine di attuare l’art. 49 della Costituzione, stabilire requisiti minimi per l’assunzione delle cariche di partito, garantire trasparenza e democrazia nei processi decisionali interni ai partiti, compresa la selezione dei candidati. Norme che devono essere valide per tutti i partiti che decidono di concorrere alle elezioni per qualsiasi assemblea elettiva. Non dimentichiamo che l’elettore è, con l’eccezione di qualche encomiabile e spontanea iniziativa, prima privato della possibilità di concorrere alla selezione dei candidati e poi con il voto è privato della possibilità di scegliere tra i candidati.

Quattro semplici mosse per cominciare a realizzare la democrazia delineata dalla Costituzione ma negli anni sempre più degenerata in OLIGARCHIA, perché così va definito e classificato il nostro sistema politico-istituzionale.

PS: a questo link la sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale (sufficiente inserire 2014 nella casella Anno, 1 nella casella Numero e premere il pulsante Ricerca) oppure disponibile qui in versione pdf nel caso qualcuno non l’avesse ancora letta.

 

Alfano, l’eversore

Alfano2Leggo sui giornali di oggi 10 gennaio 2014 queste parole attribuite a Alfano, segretario del NCD nonché ministro dell’Interno: «Se propongono il matrimonio gay, ce ne andiamo un attimo prima a gambe levate e denunciandolo all’opinione pubblica».
Così Angelino Alfano rivolgendosi al PD.

Se queste parole sono effettivamente state pronunciate da Alfano saremmo di fronte a un ennesimo eversore dell’ordinamento costituzionale mascherato da moderato.
Alfano, se ritiene di avere il diritto di inibire un potere dello Stato con minacce di crisi di governo, si pone fuori da questa Repubblica, dalla Costituzione, dalla cultura democratica e liberale.

Alfano ha il diritto di essere contrario ai matrimoni gay, ma non ha il diritto di inibire il diritto di proporre iniziative di legge che la Costituzione riconosce a ciascun parlamentare.

Il potere legislativo compete al Parlamento e ogni parlamentare può prendere iniziative legislative.

Il Parlamento non ha un ruolo notarile delle decisioni governative.

Il Parlamento ha il dovere di intervenire su ogni iniziativa ritenuta utile dai parlamentari, nel rispetto del regolamento interno a ciascuna Camera.

Nessuno può permettersi di limitare la legittima attività politica di un partito o di un gruppo parlamentare o di un singolo parlamentare in nome degli accordi di governo.

L’intesa di governo si basa su determinate azioni e iniziative; questo non significa che ciascun parlamentare, pur sostenendo il governo, non possa autonomamente prendere iniziative legislative su qualsiasi materia e soprattutto su quelle materie che non sono all’ordine del giorno del governo.

Diversamente, se dovessimo accettare e prendere in considerazione le risibili e deliranti affermazioni attribuite a Alfano, potremmo procedere all’abolizione del Parlamento, trasferendo il potere legislativo all’Esecutivo.

Altro che moderato, se quanto riportato dai quotidiani di oggi risponde al vero, Alfano è un eversore dell’ordinamento costituzionale, totalmente estraneo alla cultura democratica e liberale. Aldilà della questione di merito, essere favorevoli o contrari al matrimonio tra persone dello stesso sesso, in gioco è proprio il rispetto delle regole del nostro sistema costituzionale basato su primato e autonomia del Parlamento rispetto al potere esecutivo.

Il PD ha il dovere di presentare non uno ma svariati progetti di legge per allargare anche alle coppie gay l’istituto matrimoniale. Alfano prenda pure le sue decisioni e l’opinione pubblica comprenderà benissimo che non è possibile riformare e rilanciare questo Paese se ciascuno pensa di avere un potere di interdizione, un diritto di veto che da decenni ci ha portato a sprofondare in questa palude politica e istituzionale.

I Presidenti di Camera e Senato non hanno nulla da dire?