Il Senato dei… consigliori

Fiorito: poteva essere un Senatore

Fiorito: poteva essere un Senatore

Il bicameralismo perfetto non era molto gradito già ai tempi della Costituente. Allora i Costituenti non seppero trovare compromesso migliore tra le diverse posizioni; prevalse il timore di un esecutivo troppo forte – d’altra parte si usciva dal fascismo – e si presero decisioni che certamente privilegiarono la rappresentatività sulla governabilità.

In sintesi, la Costituzione prevede identici poteri per ciascuna delle due Camere che devono, entrambe, dare la fiducia all’Esecutivo (art. 94 Costituzione). Inizialmente prevedeva diversa durata per la legislatura del Senato e della Camera; tuttora prevede corpo elettorale diverso, assegnazione dei seggi su base regionale (art. 57 Costituzione), numero minimo di senatori per ciascuna Regione, anche senza diretta proporzione con la popolazione, cosicché Basilicata e Abruzzo hanno lo stesso numero di senatori sebbene la prima abbia la metà degli elettori della seconda.

L’eventualità che dalle elezioni non scaturisse una maggioranza di governo era ben presente sin dall’inizio e fu una consapevole scelta dei Costituenti: vollero che l’esecutivo fosse espressione del Parlamento, rappresentante della sovranità popolare.

Già nel 1953 si tentò di rafforzare la governabilità e la stabilità di governo modificando la legge elettorale. Tra infinite polemiche, la nuova legge fu approvata e passò alla storia come “legge truffa” perché alterava la proporzionalità della rappresentanza parlamentare assegnando un premio a chi avesse già conquistato la maggioranza assoluta. Il premio non scattò alle elezioni del 1953, la legge fu cancellata e si tornò alla legge precedente.

Così negli anni si cercò ancora di assicurare la governabilità agendo sempre sulla legge elettorale e lasciando inalterato l’assetto costituzionale, che rimane pur sempre a centralità parlamentare, vale a dire: gli elettori eleggono i parlamentari e questi decidono sul governo; il potere esecutivo è quindi nelle mani del Parlamento.

A forza di leggi elettorali che scimmiottavano sistemi maggioritari si è raccontata la favola del “governo eletto dal popolo” o del “premier voluto dagli elettori”. Continua a leggere

Ho visto un merlo ubriaco

La lettura di Il footing dell’ostruzionismo di Francesco Merlo, la Repubblica del 25 luglio 2014, mi ha ricordato la danza di un merlo ubriaco per essersi ingozzato di fichi strafatti al sole. Non è educato ironizzare sul cognome delle persone, ma Merlo se le va proprio a cercare con i suoi frequenti articoli privi di lucidità e obiettività, ma in compenso ricchi di parole svuotate di significato: logorrea onanistica.

Se bastasse l’uso e l’abuso del vocabolo “riforma” per essere dei riformisti… allora gli ultimi due decenni sarebbero per la politica e le Istituzioni italiane un trionfo di riformismo. Se non mi credete, interrogate Maria Stella Gelmini: in 30 secondi vi snocciolerà un elenco di riforme attuate da Berlusconi e dai suoi magnifici governi.

Necessario andare oltre le parole e analizzare nei fatti cosa avviene, cosa è avvenuto e cosa si preannuncia… prima di scrivere “ieri sera i giovani recitavano il ruolo dei vecchi, gli innovatori si degradavano a conservatori”.

Non basta proporre riforme per essere dei riformatori e non basta contestare tali riforme per essere arruolati tra i conservatori. Pessimo e inutile giornalismo quello che piega la realtà a parole abusate. Siamo alle riforme mestruali (ricordate lo slogan di Renzi, Una riforma al mese?), ma cosa c’è oltre le parole e gli slogan? Continua a leggere

I comitati presidenziali

Il presidente Napolitano ha istituito due comitati formati da personalità da lui selezionate (con criteri oggettivi, ci assicurano) per individuare proposte programmatiche in materia istituzionale e in materia economico-sociale ed europea. Nel primo gruppo, di carattere politico-istituzionale: il prof. Valerio Onida, il sen. Mario Mauro, il sen. Gaetano Quagliariello e il prof. Luciano Violante. Nel secondo, dal profilo economico-sociale: il prof. Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, il prof. Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato; il dottor Salvatore Rossi, membro del Direttorio della Banca d’Italia, l’on. Giancarlo Giorgietti e il sen. Filippo Bubbico, presidenti delle Commissioni speciali operanti alla Camera e al Senato, e il ministro Enzo Moavero Milanesi.

Sebbene alcune di queste persone ai miei occhi brillino per mediocrità politica e altre siano eccelse nell’inefficienza burocratica, non voglio fare una disanima delle biografie di queste personalità (per cortesia, non chiamiamoli “saggi”): ritenendo i comitati una soluzione utile per uscire dallo stallo politico, evidente che il Presidente abbia cercato personalità funzionali alla soluzione da lui intravista.

Mi interessa invece comprendere il senso della soluzione proposta. Continua a leggere

I limiti della Costituzione

illusione_controlloLa difficoltà nel formare un nuovo governo è la conferma dei limiti della nostra Costituzione. Continuare a ignorarli, fingendo che tutto dipenda da una pessima legge elettorale, significa condannare a lungo l’Italia alla inconcludenza politica, alla corruzione, al certo declino.

L’attuale realtà politica è resa possibile dalla nostra Costituzione, o perché espressamente prevista o perché non impedisce che possa verificarsi. In sintesi:

- Il Parlamento è centrale nel nostro sistema istituzionale

- Il Parlamento è suddiviso in due Camere perfettamente identiche nei poteri ma elette da differenti corpi elettorali e costituite con differenti sistemi di assegnazione dei seggi

- Ogni Parlamentare rappresenta il Popolo ma non esiste alcun collegamento tra voto ed eletto

- L’elettore vota il Partito e non il candidato

- Il candidato al Parlamento deve intrupparsi in un Partito, che è una associazione privata

- I Partiti non sono soggetti a trasparenza nella gestione e alla democraticità dei processi decisionali

- Il Popolo è escluso dalla selezione dei candidati e dalla scelta tra i candidati

- Il Popolo mediante il voto concorre a determinare i rapporti di forza tra i Partiti politici

- Al Parlamento compete la nascita del Governo

- Il Governo potrebbe non nascere mai o nascere sulle peggiori condizioni di accordo tra i Partiti

- Una minoranza parlamentare può tenere in ostaggio l’intero Parlamento o consentire la nascita di un governo su basi e interessi inconfessabili

- La Costituzione non si pone il problema della governabilità

- La Costituzione non si pone il problema dell’effettiva rappresentatività parlamentare

- La costituzione non specifica in cosa consista la tanto evocata sovranità popolare.

In definitiva, la Costituzione ha in sé tutti i germi che hanno consentito la degenerazione della promettente, sulla carta, democrazia nata dall’antifascismo e dalla Resistenza in una oligarchia partitocratica.

La Legge Elettorale

La legge elettorale è uno strumento indispensabile per il funzionamento di ogni sistema politico basato sulla rappresentanza. Per comprenderne l’efficacia va valutata congiuntamente al sistema costituzionale in cui agisce.

Il nostro sistema è a totale centralità del Parlamento. La legge elettorale è lo strumento attraverso il quale gli elettori concorrono con il voto a determinare la consistenza dei partiti in Parlamento. Concorrono e non determinano: perché i meccanismi legislativi prevedendo il superamento di determinati quorum provocano la dispersione di molti voti. Chi supera i quorum si aggiudica il 100% dei seggi in palio a prescindere da quanti sono gli elettori che esercitano il diritto di voto.

Il nostro sistema non incentiva la partecipazione ma lucra sulla disaffezione: coloro che si disaffezionano alla politica non creano disturbo. Paradossalmente potrebbero votare i solo candidati e si spartirebbero i seggi: abbiamo costruito la moderna oligarchia dei truzzi. Continua a leggere