Costituenti infingardi e frottolosi

Costituenti infingardi e frottolosi

Considerato quanto successo con il porcellum e le forti critiche sull’italicum, il nuovo porcus italicus, l’art. 73 della nuova Costituzione introduce la procedura speciale di giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali.

I sostenitori della Riforma presentano questa novità come un punto a favore; infatti, appena approvata la riforma costituzionale, consentirebbe il giudizio sull’italicum.

La riforma prevede che la legge elettorale per la Camera e quella per il Senato siano sospese per dieci giorni dalla loro approvazione (per l’italicum eccezionalmente i 10 giorni decorrono dalla approvazione della riforma), per dare la possibilità a un quarto dei deputati o un terzo dei senatori di presentare ricorso motivato presso la Corte Costituzionale per la valutazione sulla legittimità costituzionale. La Corte si esprime entro 30 giorni e in caso di giudizio di illegittimità costituzionale la legge stessa non può essere promulgata.

Però, se la Camera dei deputati a maggioranza assoluta dei componenti ne dichiara l’urgenza, la legge è promulgata.

Vorrei dirvi che è una burla, ma a essere dei burloni sono questi infingardi e frottolosi costituenti.

In sostanza, la maggioranza che ha approvato l’italicum potrebbe in ogni caso promulgare la legge appellandosi all’urgenza; in futuro, alla Camera un solo partito avrà la maggioranza assoluta e potrà riscrivere la legge elettorale e promulgarla anche a fronte di un giudizio di illegittimità costituzionale.

In cosa consiste la garanzia democratica?

Poiché ccà nisciuno è fesso, ci sono già dei ricorsi contro l’Italicum e diversi Tribunali hanno rinviato il tutto alla Corte costituzionale, scongiurando così che tutto sia nel caso affidato a una arbitraria valutazione di urgenza. Continua a leggere

Caro Senato, quanto ci costi?

Per comprendere quali siano i costi del Senato della Repubblica italiana andiamo a curiosare nel bilancio 2015 già approvato dal Senato. Lo potete consultare a questo link http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/935006.pdf

Scopriamo che nel 2015 il Senato è costato complessivamente euro 540.500.000,00 insomma poco più di mezzo miliardo di euro.

Di questa cifra ben 233.595.000,00 euro sono per “Trattamento dei Senatori cessati dal mandato” e “Trattamento del personale in quiescenza” e altre spese previdenziali: una quota che rappresenta circa il 43%.

Il personale di ruolo è costato euro 102.080.000,00 pari al 19% circa del totale e il personale non di ruolo euro 21.430.000,00 apri al 4% del totale.

I Trasferimenti ai Gruppi parlamentari ammontano a euro 21.350.000,00 e il Rimborso delle spese elettorali ammonta euro 17.250.000,00; complessivamente un altro 7% del totale.

I Servizi logistici (Servizi esterni di gestione, Servizi di pulizia, Traslochi e facchinaggio, Smaltimento rifiuti) euro 5.379.500,00 e per Manutenzione ordinaria euro 6.286.900,00; queste due voci rappresentano un altro 2% del totale.

Per IRAP e altre imposte varie sono stati spesi euro 20.800.000,00 (soldi che quindi sono rientrati nelle casse pubbliche) pari al 4% circa del totale.

Senza andare a verificare le altre voci, abbiamo già compreso che il 79% del costo del Senato non è scalfito dalla riforma costituzionale.

Il restante 21% rappresenta il risparmio che sarebbe prodotto dalla riforma costituzionale? NO, perché le utenze, i servizi informatici e i costi relativi al funzionamento dei senatori dopolavoristi comporteranno inevitabilmente dei costi.

In definitiva, le Competenze dei Senatori ammontano a euro 42.185.000,00; su questi importi gravano le imposte che ciascun senatore paga; diciamo che il costo effettivo a carico delle casse pubbliche è di circa 28 milioni.

I Rimborsi di natura indennitaria delle spese sostenute per lo svolgimento del mandato ammontano a euro 37.266.000,00; diciamo che riducendo a un terzo circa i senatori, qualcuno sopporterà un terzo di questo importo e calcolando che sull’importo residuo gravano in ogni caso delle imposte che rientrano nelle casse pubbliche, il risparmio effettivo è di altri circa 20 milioni.

In definitiva tutto questo bailamme sul Senato di dopolavoristi per risparmiare 48 milioni e altre cifre derivanti dalla riduzione dei costi di cancelleria, caffetteria (nel 2015 ben 1.630.000 euro; immaginando di ridurre di due terzi da qui avremo circa 800.000 euro risparmiati) o nei servizi informatici (che complessivamente rappresentano circa 9 milioni di costi)… A essere generosi tutta la riforma del Senato porterebbe a circa 60 milioni complessivi di risparmio.

Facile intuire che questa cifra o una parte importante di essa si poteva con certezza risparmiare riducendo le indennità e le diarie (non previste dalla Costituzione vigente) a tutti i parlamentari con una semplice legge ordinaria. D’altra parte è lo stesso Renzi ad affermare (31 maggio 2016) che “abbiamo il numero di parlamentari più costoso al mondo”; ragionevolezza imponeva di ridurre il costo di tutti i parlamentari con una semplice legge ordinaria, che questa maggioranza non avrebbe avuto difficoltà ad approvare considerando che è così bramosa di ridurre i costi della politica. Poi, con la riforma si poteva ridurre anche il numero dei parlamentari, magari con equilibrio agendo su entrambe le camera.

Ma poi come avrebbero fatto a solleticare i dilaganti populismi?

Della serie tanto fumo negli occhi!

Gli argomenti falsi del SI: i senatori non saranno retribuiti

I sostenitori del SI affermano che i senatori non riceveranno alcun compenso per le loro funzioni aggiuntive a quelle di consigliere o sindaco.
E’ veramente così?
Quale norma impone il divieto di remunerazione della funzione senatoriale?

La riforma dell’art 69 della Costituzione afferma che ai Deputati compete una indennità prevista per legge. Non chiarisce “solo” ai Deputati e non esclude che ai Senatori possa essere riconosciuta.
Nulla esclude, quindi, che l’indennità possa essere riconosciuta, magari chiamandola gettone di presenza, rimborso spese…

Abbiamo una lunga tradizione in tal senso: abolito il finanziamento pubblico ai partiti fu introdotto il rimborso spese sganciato dalle spese…

D’altra parte anche per i deputati è prevista una indennità e una diaria. E in Costituzione non c’è traccia della diaria!
Ergo, il fatto che la Costituzione non preveda espressamente qualcosa non significa che non si possa fare. Infatti, esiste la diaria che non è prevista dalla Costituzione

Persino lo Statuto albertino, che come noto vietava retribuzione o indennità per i parlamentari (art. 50), fu surrettiziamente aggirato ricorrendo alla formula del “compenso per spese di corrispondenza” e del “compenso per altri titoli” a favore dei deputati, prevista dall’articolo 11 della legge 30 giugno 1912, n. 665. I senatori, invece, dovranno attendere la legge 5 aprile 1920, n. 395, con la quale fu introdotta l’indennità di presenza per gli intervenuti alle singoli sedute.

Come vedete non mancano i casi storici che permettono legittimamente di delineare uno scenario diverso da quello categorico che viene sbandierato dai sostenitori del SI.

Il senso della norma è che ai deputati debba essere riconosciuta una indennità; ma nulla vieta che anche per i senatori con una semplice legge ordinaria possa essere introdotta una remunerazione.

Inoltre, abolire l’indennità non equivale ad avere senatori a titolo gratuito. È ovvio che la trasferta romana per lo svolgimento della funzione di senatore in ogni caso comporterà una spesa a carico di soggetti pubblici, sia pure di regioni e comuni e non dello stesso Senato.

In ogni caso, maggiori risparmi si sarebbero con certezza matematica conseguiti con scelte diverse pur mantenendo la natura elettiva; per esempio, riducendo l’indennità a tutti i parlamentari, abolendo la non prevista diaria… Per fare ciò sarebbe bastata una legge ordinaria. Perché questa maggioranza così bramosa di tagliare i costi della politica non ha provveduto?

A questo punto c’è sempre qualche esperto secondo il quale non potrà esserci alcuna remunerazione per i senatori perché esiste il divieto di cumulo delle indennità. Stranamente questi esperti non indicano quale sia questa norma. Sarei felice di ricredermi, ma non sulla parola di qualche esperto, voglio un argomento vero e verificabile. Abbiate pazienza, sono peggio di san Tommaso! Forse a ragion veduta, non credete?

Per quanto mi risulta, ma ovviamente posso sbagliarmi, esiste il cumulo delle indennità per incarichi ricoperti in organi del medesimo ente (per esempio, assessore e consigliere comunale della stessa amministrazione locale).
Il divieto di cumulo non riguarda incarichi svolti presso diversi enti locali. Infatti, la riforma Delrio del 2014 ha espressamente affermato che sindaci e consiglieri comunali che svolgono anche incarichi nella Provincia lo fanno a titolo gratuito; se esistesse una norma che vieta il cumulo anche tra Enti diversi che senso avrebbe l’art. 84 della legge Delrio?

Perché, in mancanza di un divieto esplicito, non dovrebbe essere possibile introdurre una remunerazione per chi svolgerà la funzione di Senatore?

Si tratta di congetture da malfidente?

Personalmente conosco un solo modo per valutare una legge: analizzare gli scenari che rende possibili.

Spacciare uno scenario tra i tanti possibili come fosse l’unico possibile è una operazione semplicistica, faziosa, talvolta truffaldina.