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Gli argomenti falsi del SI: i senatori non saranno retribuiti

I sostenitori del SI affermano che i senatori non riceveranno alcun compenso per le loro funzioni aggiuntive a quelle di consigliere o sindaco.
E’ veramente così?
Quale norma impone il divieto di remunerazione della funzione senatoriale?

La riforma dell’art 69 della Costituzione afferma che ai Deputati compete una indennità prevista per legge. Non chiarisce “solo” ai Deputati e non esclude che ai Senatori possa essere riconosciuta.
Nulla esclude, quindi, che l’indennità possa essere riconosciuta, magari chiamandola gettone di presenza, rimborso spese…

Abbiamo una lunga tradizione in tal senso: abolito il finanziamento pubblico ai partiti fu introdotto il rimborso spese sganciato dalle spese…

D’altra parte anche per i deputati è prevista una indennità e una diaria. E in Costituzione non c’è traccia della diaria!
Ergo, il fatto che la Costituzione non preveda espressamente qualcosa non significa che non si possa fare. Infatti, esiste la diaria che non è prevista dalla Costituzione

Persino lo Statuto albertino, che come noto vietava retribuzione o indennità per i parlamentari (art. 50), fu surrettiziamente aggirato ricorrendo alla formula del “compenso per spese di corrispondenza” e del “compenso per altri titoli” a favore dei deputati, prevista dall’articolo 11 della legge 30 giugno 1912, n. 665. I senatori, invece, dovranno attendere la legge 5 aprile 1920, n. 395, con la quale fu introdotta l’indennità di presenza per gli intervenuti alle singoli sedute.

Come vedete non mancano i casi storici che permettono legittimamente di delineare uno scenario diverso da quello categorico che viene sbandierato dai sostenitori del SI.

Il senso della norma è che ai deputati debba essere riconosciuta una indennità; ma nulla vieta che anche per i senatori con una semplice legge ordinaria possa essere introdotta una remunerazione.

Inoltre, abolire l’indennità non equivale ad avere senatori a titolo gratuito. È ovvio che la trasferta romana per lo svolgimento della funzione di senatore in ogni caso comporterà una spesa a carico di soggetti pubblici, sia pure di regioni e comuni e non dello stesso Senato.

In ogni caso, maggiori risparmi si sarebbero con certezza matematica conseguiti con scelte diverse pur mantenendo la natura elettiva; per esempio, riducendo l’indennità a tutti i parlamentari, abolendo la non prevista diaria… Per fare ciò sarebbe bastata una legge ordinaria. Perché questa maggioranza così bramosa di tagliare i costi della politica non ha provveduto?

A questo punto c’è sempre qualche esperto secondo il quale non potrà esserci alcuna remunerazione per i senatori perché esiste il divieto di cumulo delle indennità. Stranamente questi esperti non indicano quale sia questa norma. Sarei felice di ricredermi, ma non sulla parola di qualche esperto, voglio un argomento vero e verificabile. Abbiate pazienza, sono peggio di san Tommaso! Forse a ragion veduta, non credete?

Per quanto mi risulta, ma ovviamente posso sbagliarmi, esiste il cumulo delle indennità per incarichi ricoperti in organi del medesimo ente (per esempio, assessore e consigliere comunale della stessa amministrazione locale).
Il divieto di cumulo non riguarda incarichi svolti presso diversi enti locali. Infatti, la riforma Delrio del 2014 ha espressamente affermato che sindaci e consiglieri comunali che svolgono anche incarichi nella Provincia lo fanno a titolo gratuito; se esistesse una norma che vieta il cumulo anche tra Enti diversi che senso avrebbe l’art. 84 della legge Delrio?

Perché, in mancanza di un divieto esplicito, non dovrebbe essere possibile introdurre una remunerazione per chi svolgerà la funzione di Senatore?

Si tratta di congetture da malfidente?

Personalmente conosco un solo modo per valutare una legge: analizzare gli scenari che rende possibili.

Spacciare uno scenario tra i tanti possibili come fosse l’unico possibile è una operazione semplicistica, faziosa, talvolta truffaldina.

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