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Caro Senato, quanto ci costi?

Per comprendere quali siano i costi del Senato della Repubblica italiana andiamo a curiosare nel bilancio 2015 già approvato dal Senato. Lo potete consultare a questo link  http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/935006.pdf

Scopriamo che nel 2015 il Senato è costato complessivamente euro 540.500.000,00 insomma poco più di mezzo miliardo di euro.

Di questa cifra ben 233.595.000,00 euro sono per  “Trattamento dei Senatori cessati dal mandato” e  “Trattamento del personale in quiescenza” e altre spese previdenziali: una quota che rappresenta circa il 43%.

Il personale di ruolo è costato euro 102.080.000,00 pari al 19% circa del totale e il personale non di ruolo euro 21.430.000,00 apri al 4% del totale.

I Trasferimenti ai Gruppi parlamentari ammontano a euro 21.350.000,00 e il Rimborso delle spese elettorali ammonta  euro 17.250.000,00; complessivamente un altro 7% del totale.

I Servizi logistici (Servizi esterni di gestione,  Servizi di pulizia, Traslochi e facchinaggio, Smaltimento rifiuti) euro 5.379.500,00 e per  Manutenzione ordinaria  euro 6.286.900,00; queste due voci rappresentano un altro 2% del totale.

Per IRAP e altre imposte varie sono stati spesi euro 20.800.000,00 (soldi che quindi sono rientrati nelle casse pubbliche) pari al 4% circa del totale.

Senza andare a verificare le altre voci, abbiamo già compreso che il 79% del costo del Senato non è scalfito dalla riforma costituzionale.

Il restante 21% rappresenta il risparmio che sarebbe prodotto dalla riforma costituzionale? NO, perché le utenze, i servizi informatici e i costi relativi al funzionamento dei senatori dopolavoristi comporteranno inevitabilmente dei costi.

In definitiva, le  Competenze dei Senatori ammontano a  euro  42.185.000,00; su questi importi gravano le imposte che ciascun senatore paga;  diciamo che il costo effettivo a carico delle casse pubbliche è di circa 28 milioni.

I Rimborsi di natura indennitaria delle spese sostenute per lo svolgimento del mandato ammontano a euro 37.266.000,00; diciamo che riducendo a un terzo circa i senatori, qualcuno sopporterà un terzo di questo importo e calcolando che sull’importo residuo gravano in ogni caso delle imposte che rientrano nelle casse pubbliche, il risparmio effettivo è di altri circa 20 milioni.

In definitiva tutto questo bailamme sul Senato di dopolavoristi per risparmiare 48 milioni e altre cifre derivanti dalla riduzione dei costi di cancelleria, caffetteria (nel 2015 ben 1.630.000 euro; immaginando di ridurre di due terzi da qui avremo circa 800.000 euro risparmiati) o nei servizi informatici (che complessivamente rappresentano circa 9 milioni di costi)… A essere generosi tutta la riforma del Senato  porterebbe a circa  60 milioni complessivi di risparmio.

Facile intuire che questa cifra o una parte importante di essa si poteva con certezza risparmiare riducendo le indennità e le diarie (non previste dalla Costituzione vigente) a tutti i parlamentari  con una semplice legge ordinaria. D’altra parte è lo stesso Renzi ad affermare (31 maggio 2016) che “abbiamo il numero di parlamentari più costoso al mondo”; ragionevolezza imponeva di ridurre il costo di tutti i parlamentari con una semplice legge ordinaria, che questa maggioranza non avrebbe avuto difficoltà ad approvare considerando che è così bramosa di ridurre i costi della politica. Poi, con la riforma si poteva ridurre anche il numero dei parlamentari, magari con equilibrio agendo su entrambe le camera.

Ma poi come avrebbero fatto a solleticare i dilaganti populismi?

Della serie tanto fumo negli occhi!

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