Se il potere odia le donne

violenzaDa tempo si discute di violenza contro le donne; è stato pure coniato un agghiacciante termine: “femminicidio”. Il termine è vecchio di venti anni ed è giusto che lo si usi perché non si tratta di omicidi ma di persone uccise in quanto donne: un termine che indica un epilogo tragico dell’esercizio del potere maschilista che da sempre legittima la violenza sulle donne. La discriminazione di genere, la (in)cultura sessista necessita per essere contrastata di strumenti giuridici e repressivi ma non può risolversi in essi.

La violenza contro le donne, come ogni forma di discriminazione, affonda le radici in modelli culturali antichi e dominanti sino a ieri.

I profondi mutamenti sociali hanno rivoluzionato il ruolo della donna nella società e mandato in frantumi l’identità maschile imperniata nel ruolo del padre-padrone. Sono saltati i modelli interpersonali, gli uomini (intesi come maschi) sono travolti da una crisi identitaria e… anche le donne non scherzano.

Promuovere una nuova cultura del rispetto e della dignità dovrebbe essere l’esigenza avvertita da tutte le istituzioni, comprese scuola e famiglia.

Educare alla gestione dei conflitti, formare i giovani perché imparino che ci sono sempre soluzioni più efficaci della sberla, sia nel ruolo di partner sia nel ruolo di genitore: il problema è culturale e formativo. Vogliamo dedicare risorse perché le donne si liberino dall’idea che sono destinate a vivere nella paura? Continua a leggere

Istituzioni eversive?

Istituzioni eversive? Interrogativo imbarazzante.

Comma 1 Art. 65 della Costituzione: “La legge determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore.”

La LEGGE!

Art. 66 della Costituzione: “Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.”

La Costituzione, quindi, contempla che le cause di ineleggibilità possano essere pre-esistenti alla elezione o sopraggiungere a elezione avvenuta.

Il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012 n. 235 recita all’art. 1Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore: a) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti…” .

Le parole “non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore” tolgono ogni dubbio: non è rilevante quando è stato commesso il reato ma lo “status” al momento della condanna. Retroattività? Ma neanche per sogno. La legge prevede che chi ha subito condanne per determinati reati non possa essere candidato al Parlamento; prevede anche che se la condanna definitiva sopraggiunge a elezione avvenuta il parlamentare decade dalla carica; questa legge era in vigore quando gli attuali componenti del Parlamento sono stati eletti e quindi “giocavano” con queste regole. Se si affermasse ai fini della retroattività che conta il momento in cui è stato commesso il reato allora anche coloro che sono stati esclusi dalle elezioni perché “condannati” dovevano essere ammessi poiché i reati erano stati commessi quando non esisteva il D. Lgs. 235/2012. Ma allora a chi si applicherebbe questa norma? Solo a coloro che sono stati raggiunti da sentenza definitiva per reati commessi dal 2013 in poi… Una legge voluta per arginare la corruzione e tutelare le Istituzioni che nella migliore delle ipotesi comincerebbe a dare qualche frutto intorno al 2020, ammesso che un reato sia immediatamente scoperto e perseguito e si giunga a sentenza definitiva nel giro di qualche anno. Un po’ di serietà e torniamo alla legge Severino. Continua a leggere

Francesco non va alla guerra!

francescoPapa Francesco lancia un appello “Mai più la guerra!”. Invita tutta la Chiesa a una giornata di preghiera per la pace in Siria, Medio Oriente e nel mondo intero. Ci ricorda che la violenza chiama violenza. Belle appassionate parole condivise da quasi tutti noi, compresi coloro che alla guerra pensano.

La Siria, dopo mezzo secolo di stato di emergenza, è in una situazione di crescente drammaticità da ormai 30 mesi. Cosa è stato fatto dalla comunità internazionale in tutto questo interminabile tempo? Quasi nulla. Le solite operazioni routinarie in attesa che le grandi potenze del mondo trovino un accordo a loro confacente o qualcuno si convinca di poter forzare la mano.

Non dimentichiamoci che la Siria, oltre a essere membro dell’ONU, è tra i firmatari della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e come ogni Stato aderente è tenuto al rispetto dello Statuto ONU e degli obblighi che ne derivano.

Quanti, anche tra le autorità politiche, ascoltando papa Francesco hanno pensatosarebbe bello mai più guerra ma purtroppo bisogna andare in guerra per costruire la pace”?

A che servono le belle parole di papa Francesco se la Chiesa Cattolica è tra i maggiori ispiratori della dottrina della “guerra giusta, largamente abusata nei pochi anni di questo terzo millennio già così affollato di guerre. Questo dato culturale e dottrinale non può essere ignorato.

Vorrei che la dottrina della Chiesa sulla guerra, come sulla pena di morte, riflettesse le belle parole di papa Francesco per non offrire alibi etico a quanti pensano alla guerra come a una soluzione inevitabile, senza adoperarsi prima per rendere possibile la pace.

Riprendo quanto previsto dal Catechismo della Chiesa Cattolica al capitolo “La difesa della pace” (http://www.vatican.va/archive/ITA0014/_P80.HTM#5X) .

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