Greta e Vanessa, una storia finita bene?

Greta e Vanessa, due giovani cooperanti, dopo mesi di rapimento in Siria sono tornate a casa, sane e salve.
Tutto bene quel che finisce bene, si è soliti dire, e in ogni caso dovremmo essere tutti contenti.
Invece no, montano polemiche feroci che assumono toni sessisti e violenti.

Non intendo discutere dell’ipotetico riscatto: non ho elementi per farlo.

Non intendo discutere delle reali intenzioni delle due ragazze: non ho elementi per farlo, anche se tanti si dichiarano certi di conoscere molto bene cosa effettivamente cercassero le due ragazze.

Non intendo discutere delle illazioni stile Gasparri che scrive su Twitter “Vanessa e Greta, sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo “. Ovviamente, non ne sa nulla ma avendo letto la notizia su un sito pone una innocente domanda e non si chiede se il sito sia autorevole, attendibile… Meraviglie dell’intelligenza umana! Continua a leggere

ISTITUZIONI: io vi condanno

carceriQuando sento che un detenuto è morto in una cella di 11 mq in cui stavano in undici detenuti, che nelle carceri sono ospitati molti più detenuti di quanti per legge dovrebbero ospitarne, che non si garantiscono ai detenuti condizioni di vita umane e rispettose dei diritti costituzionali, delle leggi e dei regolamenti penitenziari, che sovente i detenuti subiscono maltrattamenti e aggressioni spesso “silenziate”, che gran parte del personale penitenziario vive nella perenne violazione dei diritti lavorativi, non ho alcuna esitazione a condannare le persone che rappresentano i vertici istituzionali: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia, la Magistratura, i Direttori degli istituti penitenziari, il Parlamento e l’Esecutivo tutto.

Signori, io vi condanno.

Non vi condanno al carcere (non ci sarebbe posto, poi) perché la mia condanna è disapprovazione per il vostro operato.

E’ inammissibile e inconcepibile che un Paese che ha la pretesa di definirsi democratico, Stato di diritto non riesca da decenni a risolvere il problema penitenziario: se sfogliassimo i quotidiani dell’ultimo mezzo secolo scopriremmo che i problemi di oggi sono costantemente presenti tra le chiacchiere politiche.

Poiché non è mai stato vero che l’esempio viene dall’alto, ritengo che la responsabilità maggiore non sia dei vertici istituzionali ma dei Direttori degli Istituti di pena.

Chi ha la responsabilità di un Istituto di pena ha il dovere di ospitare i detenuti nel rispetto rigoroso delle regole.

Dal momento stesso in cui il direttore di un Istituto di pena non è più in grado di garantire il rispetto della legalità, la sicurezza e la salute dei detenuti deve alzare bandiera bianca e respingere ogni richiesta di carcerazione comunicando semplicemente e rispettosamente che se accogliesse altri detenuti violerebbe le leggi.

Nessuno può essere obbligato a compiere reati.

Il direttore di un Istituto di pena non è tenuto a modificare l’organizzazione della struttura in modo tale da violare la legge e compromettere la sicurezza dei lavoratori e dei detenuti. Superata la soglia di tolleranza, il portone si chiude e non entra più nessuno.

Se il carcere non è nelle condizioni di tutelare la salute e garantire adeguata assistenza sanitaria, se il carcere non può curare, il carcere diventa automaticamente incompatibile e i medici penitenziari devono senza esitazione certificare tale stato di cose in modo che si disponga l’immediato trasferimento verso strutture sanitarie adeguate.

Cosa fare dei detenuti che non trovano “ospitalità” negli Istituti di pena non è compito dei direttori dei penitenziari. Questo compito è dei giudici, del ministro competente e del parlamento.

Ciascuno faccia la parte che compete e tutto funzionerà meglio.

La Magistratura prenda atto delle condizioni penitenziarie e agisca nei confronti dell’inadempiente potere esecutivo e legislativo con la formale messa in stato d’accusa per sistematica violazione dei diritti costituzionali del cittadino detenuto.

C’è la notizia di reato, c’è il reato, ci sono i responsabili.

Non esiste nobiltà della funzione se non c’è responsabilità: i parlamentari e i ministri sono investiti di alte funzioni e devono essere responsabili del loro fare e non fare, diversamente li trasformeremmo in inutili e pericolosi ciarlatani, in accattoni di voti per soddisfare i loro problemi occupazionali e reddituali.

Non c’è più posto nelle carceri? I Giudici dispongano la carcerazione domiciliare.

Il detenuto è un soggetto giuridico a tutti gli effetti che mantiene tutti i diritti compatibili allo stato di detenzione: la pena deve essere esattamente quantificata e predeterminata nei suoi aspetti afflittivi. Il fatto che normative internazionali abbiano dovuto confermare i principi di uguaglianza dei diritti dei soggetti detenuti sottolinea come le pratiche detentive siano distanti da un modello giuridico di esercizio della pena. La circostanza che l’Italia da anni è costantemente condannata dagli organismi comunitari non fa onore alle persone che rappresentano le Istituzioni italiane.

La droga, tra non punibilità e proibizionismo

W_SLa legislazione sul consumo di droga tra non punibilità, repressione e proibizionismo produce effetti devastanti. Un comportamento che è sintomo di disagio sociale, talvolta lieve, talaltra profondo, per effetto di una legislazione folle produce danni individuali e collettivi incalcolabili. Provo a affrontare il tema in modo schematico, considerata la vastità e complessità.

1) Le droghe fanno male, tutte indistintamente, una di più, l’altra di meno ma tutte certamente tossiche.

2) Ciascuno ha la facoltà e la libertà di farsi male come crede.

3) Nessuno ha il diritto di mettere a repentaglio la vita altrui per le proprie abitudini di consumo.

4) La collettività ha il diritto, forse il dovere, d’interrogarsi su fin dove è disposta a farsi carico dell’irresponsabilità altrui

5) Ogni limitazione della libertà individuale non può discriminare in base a fattori di valutazione soggettiva: a pari rischio pari limitazione, a pari pericolo pari limitazione.

6) Tra tutte le sostanze psicotrope nessuna è più dannosa dell’alcol. Nessuna droga uccide più dell’alcol: circa 25000 ogni anno i morti in Italia attribuiti all’abuso di alcolici. L’alcol è in Europa la prima causa di morte tra i giovani fino a 30 anni. Continua a leggere

Pro Life, quale vita?

194 Periodicamente il movimento “pro-life” manifesta la propria opposizione all’aborto e alla legislazione che regola l’interruzione volontaria della gravidanza. Dalla rappresentazione data si potrebbe pensare che qualcuno sia contrario alla vita o che la pratica dell’aborto sia iniziata con le leggi che regolamentano il ricorso alla interruzione volontaria di gravidanza. Ridurre il problema a uno schema di opposti schieramenti è una banalizzazione inaccettabile. Non esiste qualcuno che è favorevole all’aborto; altri sono gli interrogativi da porsi. Regolare per legge l’interruzione volontaria di gravidanza è o non è opportuno? Come contrastare efficacemente le gravidanze indesiderate? Come gestire l’evento indesiderato?

A prescindere dal proprio personale convincimento, la vita della madre non è sullo stesso piano di quella del nascituro. Partiamo da una situazione immediatamente percepibile per comprendere il problema sul piano etico e sociale.

Se si considera ammissibile l’aborto in caso di pericolo di vita per la madre, ne consegue che la vita della madre non è sullo stesso piano di quella del nascituro; le due vite e i diritti dei due soggetti sono posti su livelli diversi di tutele. Continua a leggere