Lo “schifoso” Battisti

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Finalmente Cesare Battisti, lo “schifoso” come lo definisce il ministro Salvini, è in carcere per scontare la pena dell’ergastolo a cui è stato condannato nel 1985.

Il terrorista è adesso nel carcere di massima sicurezza di Oristano in isolamento diurno.

Voglio sperare che questa scelta (del carcere e dell’isolamento) risponda a esigenze investigative e non a un distorto concetto della giustizia che trapela dalle parole del ministro Salvini secondo il quale Battisti è uno “schifoso” che deve “marcire in galera”.

Definire un condannato “schifoso” e augurarsi che marcisca in galera non è un pensiero degno di chi rappresenta le Istituzioni e dovrebbe incarnare i principi costituzionali.

Come mi sembra improprio definire “terrorista” colui che da circa quattro decenni non è associato a nessun crimine di terrorismo: lo definirei più correttamente ex-terrorista.

Dopo queste elementari considerazioni è forse opportuno provare a svolgere qualche riflessione, senza nulla togliere alla gravità delle accuse e conseguente condanna che pesano su Battisti.

Innanzitutto, per la Costituzione nessuno deve “marcire” in galera. Questo è un linguaggio da forcaiolo, da guappo che non si addice a un Ministro della Repubblica.

Come è improprio che esponenti dell’Esecutivo si facciano allestire un palchetto sul luogo di arrivo dell’ergastolano riportato in Italia e tengano un comizietto.

L’arresto di un condannato ricercato da molti anni non dovrebbe essere trasformato dai politici in una occasione per mettersi in mostra. Due ministri che approfittano dell’arresto di un ergastolano per fare un comizietto è abbastanza avvilente. Avremmo fatto volentieri a meno della passerella di Ciampino perché sempre abbiamo bisogno di verità e giustizia.

Varrebbe invece la pena riflettere su una situazione che a distanza di tanti anni è conseguenza di un’epoca storica e di una legislazione d’emergenza che spesso ha ridotto in frantumi il diritto.

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Salvini l’arruffapopolo

Dichiara Salvini (Corriere della Sera, 31/12/2018): “Per me, il grande nemico è la cosiddetta sinistra, che negli ultimi anni ha difeso soltanto le élite, i poteri forti, banche e finanza. L’obiettivo è far uscire la sinistra dalla stanza dei bottoni”.

Quindi, cominciamo col dire che per Salvini esisteuna stanza dei bottoni” … nella quale adesso siede lui e la cosa non rende affatto più tranquilli giacché il suo motto non è smantellare la stanza dei bottoni mafatevi eleggerese volete occupare la stanza dei bottoni.

In questa stanza dei bottoni sono rintanati i poteri forti, le élite, le banche e la finanza.

Bene, siamo contenti di saperlo.

Ma adesso i poteri forti, le élite, il grigio apparato dei burocrati e dei tecnocrati che amministra la macchina dello Stato sono rappresentati da lui, da Salvini e non si direbbe che stia operando per la democratizzazione dei processi decisionali anzi se leggiamo la legge di bilancio scopriamo che tanti posti saranno “riservati” e non affidati con concorso.

Se i “poteri forti”, le élite sono i grand commis detti anche più prosaicamente “servitori dello Stato” … beh questo governo se ne sta servendo in gran quantità ma si tratta di un mondo a cui tutti possono avere accesso prevalentemente attraverso concorsi. E’ così che si diventa prefetto, consigliere dello Stato, funzionario statale o ministeriale … poi ci sono le persone scelte dai politici con criteri discrezionali, potere di cui Salvini sta ampiamente fruendo. Si sta forse autoaccusando?

Se ci spostiamo sul fronte bancario troviamo in effetti una discreta sclerotizzazione: pochi nomi rappresentano vere e proprie dinastie di potere ma ciò è in buona parte dovuto alla commistione di interessi tra potere locale e sistema bancario. Sistema a cui la Lega, ben rappresentata da Salvini, non è affatto estranea.

In definitiva dalle rozze argomentazioni di Salvini comprendiamo semplicemente che lui con i suoi fedeli amici intende occupare stabilmente la “stanza dei bottoni dopo aver allontanato i competitor politici.

Tutto qui, ovvero morto un papa se ne fa un altro … ma sempre papa sarà!

La FLAT TAX

Berlusconi propone la flat tax al 23% con impegno a ridurla; Salvini addirittura rilancia con una flat tax al 15%. Entrambi prevedono un’area di NO Tax e detrazioni per i redditi inferiori.

Afferma Berlusconi: “Abbiamo calcolato che con la flat tax il primo anno ci saranno entrate minori dell’erario per 30 o 40 miliardi, ma andiamo a recuperare tra gli 87 e i 130 miliardi, quindi calcoliamo che entreranno almeno 40 miliardi di tasse in più derivanti dalla non evasione e dalla non elusione”.

Sono cifre al vento, prive di qualsiasi fondamento.

Se analizziamo i dati correnti (fonte Ministero dell’Economia e delle Finanze, dichiarazioni 2016 su redditi 2015, http://www1.finanze.gov.it/finanze2/analisi_stat/index.php?tree=2016) scopriamo che circa 10 milioni di contribuenti hanno un’imposta pari a zero: sono contribuenti con livelli reddituali talmente bassi da essere esonerati o che godono di detrazioni che azzerano l’imposta lorda. Questi contribuenti non sarebbero toccati dall’introduzione della flat tax che invece riguarderebbe 30,9 milioni, il 76% dei contribuenti.

La flat tax al 23%, pari all’aliquota più bassa oggi in vigore, avrebbe però un impatto solo su 22,2 milioni di contribuenti su questi 30,9 milioni, vale a dire su coloro che presentano un reddito superiore a 15 mila euro perché già adesso fino a questo importo si applica l’aliquota del 23% di Irpef.

Quindi, nel 2015 i contribuenti con un reddito superiore a 15 mila euro erano 22,2 milioni e 2,1 milioni di questi dichiaravano più di 50 mila euro. I contribuenti che superano la prima aliquota pagano il 27% sui redditi tra i 15.000 e i 28.000 euro, il 38% sui redditi tra i 28.001 e i 55.000 euro, il 41% sui redditi tra i 55.001 e i 75.000 euro e del 43% sui redditi oltre i 75 mila euro.

E’ su questi contribuenti con un reddito Irpef superiore a 15 mila euro che grava l’87% dell’Irpef, pari a 187 miliardi su un totale di 214 miliardi di imposta lorda.

Se questi contribuenti pagassero il 23% avremmo una perdita di gettito fiscale pari indicativamente a 40-45  miliardi.

Come potremmo recuperare queste somme dall’elusione e dall’evasione fiscale? Continua a leggere

Greta e Vanessa, una storia finita bene?

vanessa_gretaGreta e Vanessa, due giovani cooperanti, dopo mesi di rapimento in Siria sono tornate a casa, sane e salve.
Tutto bene quel che finisce bene, si è soliti dire, e in ogni caso dovremmo essere tutti contenti.
Invece no, montano polemiche feroci che assumono toni sessisti e violenti.

Non intendo discutere dell’ipotetico riscatto: non ho elementi per farlo.

Non intendo discutere delle reali intenzioni delle due ragazze: non ho elementi per farlo, anche se tanti si dichiarano certi di conoscere molto bene  cosa effettivamente cercassero le due ragazze.

Non intendo discutere delle illazioni stile Gasparri che scrive su Twitter “Vanessa e Greta, sesso consenziente con i guerriglieri? E noi paghiamo “. Ovviamente, non ne sa nulla ma avendo letto la notizia su un sito pone una innocente domanda e non si chiede se il sito sia autorevole, attendibile… Meraviglie dell’intelligenza umana! Continua a leggere

L’euro e il deficit politico

uscitaQuasi tutti conoscono la storia del tizio che cercava le chiavi sotto un lampione non perché le avesse perse lì, ma perché quello era l’unico punto illuminato della strada. Di solito le barzellette non sono immediatamente comprensibili ovunque. È raro che l’umorismo attraversi le frontiere e in genere resta connotato a livello nazionale. Ma in questo caso potrebbe avere a che fare con una caratteristica inerente alla natura umana: cercare di vederci chiaro, che si parli di vista o di riflessione. Questo libro si riferisce a entrambe le cose: tratta di ciò che è in piena luce, le idee e i concetti che costituiscono i lampioni accesi in passato proprio per vederci chiaro”.

Con queste parole Jean-Paul Fitoussi introduce la sua brillante analisi della crisi delle economie occidentali.

Gli studiosi di ogni campo sono coloro che scelgono cosa occorre illuminare, i fenomeni da analizzare e i sistemi di misurazione da utilizzare. Ma cosa accade se compaiono fenomeni nuovi, o se ne riemergono altri che pensavamo appartenere al passato? Se continuiamo a cercare alla luce dei vecchi lampioni, allora, come l’uomo che ha perso le chiavi, perdiamo ogni possibilità di vederci chiaro. Ecco l’errore commesso, secondo Fitoussi, nell’odierna politica economica: illuminare dove non serve. Cercare soluzioni che possono anche essere giuste, ma che rispondono alle domande sbagliate. (Teorema del lampione, JP Fitoussi, Einaudi)

Tanti fenomeni nuovi, che hanno trasformato il mondo, hanno reso inefficienti e inadeguate le griglie interpretative tradizionali e così avanzano… i cretini istruiti.

Facile indicare l’euro come causa del nostro disagio economico, ma si crea così ancora una volta un falso e facile bersaglio contro il quale scagliarsi.

Devastante sarebbe l’ipotesi di un referendum per uscire dall’euro, a mio avviso inammissibile. Pensate cosa succederebbe sui mercati se per due anni l’Italia restasse sulla griglia del “euro sì, euro no”. Tra raccolta delle firme, verifica di ammissibilità e svolgimento del referendum potrebbero passare anche due anni: chi si fiderebbe nel mondo a comprare titoli di Stato italiani? Per avere una idea di cosa succederebbe, basta ritornare a quanto successe quando l’Italia uscì dallo SME; chiedete e indagate su cosa successe a coloro che avevano un mutuo in ECU. Adesso l’effetto sarebbe molto più devastante. Attenzione, tutti i nostri debiti individuali sono contratti in euro, ed euro dobbiamo restituire.

Certamente chi ha capitali all’estero avrebbe un bel vantaggio a riportarli in Italia dopo che questa sarà uscita dall’euro. Non vedo altri vantaggi reali perché quello sulle esportazioni sarebbe vanificato dal fatto che aumenterebbe il costo delle materie prime che importiamo e dalla circostanza che buona parte della italica produzione è in realtà effettuata in stabilimenti all’estero.

Allora?

Allora, se vogliamo cimentarci con il tema Europa, occorre considerare che ogni Paese membro dell’Unione Europea ha il diritto di cambiare governo ma non può cambiare politica. Democrazia formale, ma non sostanziale.

Grande successo per l’Italia, si è detto, per avere una nostra connazionale, Federica Mogherini, nel ruolo di Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezzapeccato non esista una politica estera europea e una politica europea di sicurezza.

Si pongono grandi aspettative sul semestre italiano e sulla rotazione  nella presidenza del consiglio dell’Unione Europea, ma a voler ben vedere è una cosa insignificante e irrilevante.

La questione vera, dunque, è che siamo prigionieri degli strumenti che abbiamo inventato per liberarci dagli spettri del passato, ma non abbiamo il coraggio e la lungimiranza di pensare e progettare il futuro, sia per la mediocrità della classe dirigente europea sia per l’analfabetismo di ritorno che travolge i popoli europei.

Ciascuno di noi è ogni giorno bombardato da tantissime notizie, spesso contradditorie e frammentarie, che non ha il tempo di analizzare. Le notizie di oggi schiacciano quelle di ieri e tutti crediamo di sapere perché ascoltiamo, leggiamo… ma in realtà non sappiamo una mazza perché ci mancano il tempo per analizzare e gli strumenti interpretativi.

Sentiamo parlare di debito pubblico, fiscal compact, inflazione, deflazione, spread… e non ci rendiamo conto che quel che realmente manca è una politica europea nel senso pieno del termine.

L’Unione Europea è il risultato di accordi tra Stati in cui ciascuno mantiene la propria sovranità; altri accordi portano all’adesione alla moneta unica europea, l’euro, di cui parlava già Luigi Einaudi ed era chiara la ragione per cui ne parlava, evitare che la crescita si comprasse stampando moneta e facendo indiscriminato ricorso alla spesa pubblica. Il perverso circuito spesa pubblica, inflazione. Oggi abbiamo bisogno di inflazione e persino la discesa del prezzo del petrolio fa male alla ripresa economica. Il mondo rovesciato? Se a comprare i titoli di Stato sarà la banca centrale europea… sarà vanificata la ragione stessa della moneta unica. E’ allora un errore quanto si appresta a fare la BCE? No, è semplicemente un palliativo che non risolverà alcunché, limitandosi a concedere più tempo nella speranza che succeda qualcosa di buono per miracolo.

Non succederà nulla di buono o di rilevante perché non esiste alcuna crisi economica e tantomeno monetaria: siamo all’inizio di una profonda crisi di sistema. E’ in crisi il sistema consumistico-produttivo che l’Occidente ha esportato in tutto il mondo. Sistema che si è nutrito di falsità economiche, il PIL, che è un indice degli scambi totalmente irrilevante sul piano economico (un terremoto fa bene al PIL), e la crescita all’infinito, retaggio di una visione positivista che riduce tutto a una questione di tecnica, dimenticando che ogni tecnica utilizza risorse e queste sono finite e non infinite. Va ripensato tutto.

Allora, potrebbe succedere qualcosa di buono se affrontassimo il problema alla radice, mandando a riposare i grillo, i salvini, i le pen

Occorre che si affronti con coraggio il tema degli Stati Uniti d’Europa, rilanciare e non chiuderci in un anacronistico nazionalismo che ci farebbe precipitare all’inizio del ventesimo secolo. Colmare il deficit politico realizzando una federazione di Stati.

Avendo rinunciato agli strumenti di politica monetaria, di bilancio, di cambio, non ci resterebbe che proseguire sulla strada della competitività e il primo effetto sarebbe la compressione dei salari.

Questa è la strada che l’Italia sta perseguendo, avendo negli ultimi due decenni fatto zero o quasi per attuare riforme strutturali.

Se un Paese guadagna in competitività significa che altri l’hanno persa.

Riflettiamoci.

Vedi anche
Uscire dall’Euro
L’Euro serve alla Germania?
Europeo? yes, no, maybe
Bancarotta europea

Nesso di causalità

28 aprile 2013 ore 11:34, Roma Palazzo del Quirinale: Enrico Letta e i ministri del 62° governo giurano fedeltà alla Repubblica. Stessa ora, poco distante, in Piazza Colonna, tra Palazzo Chigi e Piazza  di Montecitorio, un uomo spara ferendo due carabinieri.

Inizia la corrida dei politici dalla dichiarazione facile e degli sgambettanti giornalisti che li rincorrono.

Apre la corsa il sindaco Alemanno: “Quando si dice diamo l’assalto al Parlamento, al Palazzo, presto o tardi, un pazzo, un folle, un disperato che esce e spara viene fuori”.

Prosegue Maroni: “l’idea  che i politici sono causa di tutti i mali, le frasi di chi ha detto “bombardiamo il Parlamento” sono parole che hanno conseguenze”.

gasparri_ditoE poi Brunetta, Gasparri e avanti con le dichiarazioni tutte tese a stabilire un forte nesso di causalità tra la cosiddetta antipolitica e il gesto di un  hombre.

Il top si raggiunge con la trasmissione In Onda: sul banco degli imputati, la critica alla “casta”. La tesi che la trasmissione intende discutere, muovendo dalle dichiarazioni di Alemanno,  è il nesso di causalità, la responsabilità morale, tra la propaganda “di tanti anni di odio e di antipolitica” e lo sparatore. L’accusa è forte e sostenuta con veemenza, tanto Continua a leggere

1 + 1 talvolta fa ZERO

Strana alleanza quella tra PDL e Lega Nord. Non si sa ancora chi sia il loro candidato premier, anzi per dire le cose come stanno al momento sembra che non abbiano un comune candidato premier.

Ma la cosa più singolare è la reiterata affermazione di Berlusconi che non ha potuto realizzare una serie di riforme (che puntualmente ripropone)  perché si è sempre dovuto confrontare con gli altri partiti della coalizione, scendendo a continui patti e compromessi. Berlusconi invita, pertanto, a votare il PDL e non gli altri alleati della coalizione in modo da dargli la necessaria forza per governare e riformare l’Italia. Continua a leggere