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ISTITUZIONI: io vi condanno

carceriQuando sento che un detenuto è morto in una cella di 11 mq in cui stavano in undici detenuti, che nelle carceri sono ospitati molti più detenuti di quanti per legge dovrebbero ospitarne, che non si garantiscono ai detenuti condizioni di vita umane e rispettose dei diritti costituzionali, delle leggi e dei regolamenti penitenziari, che sovente i detenuti subiscono maltrattamenti e aggressioni spesso “silenziate”, che gran parte del personale penitenziario vive nella perenne violazione dei diritti lavorativi, non ho alcuna esitazione a condannare le persone che rappresentano i vertici istituzionali: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia, la Magistratura, i Direttori degli istituti penitenziari, il Parlamento e l’Esecutivo tutto.

Signori, io vi condanno.

Non vi condanno al carcere (non ci sarebbe posto, poi) perché la mia condanna è disapprovazione per il vostro operato.

E’ inammissibile e inconcepibile che un Paese che ha la pretesa di definirsi democratico, Stato di diritto non riesca da decenni a risolvere il problema penitenziario: se sfogliassimo i quotidiani dell’ultimo mezzo secolo scopriremmo che i problemi di oggi sono costantemente presenti tra le chiacchiere politiche.

Poiché non è mai stato vero che l’esempio viene dall’alto, ritengo che la responsabilità maggiore non sia dei vertici istituzionali ma dei Direttori degli Istituti di pena.

Chi ha la responsabilità di un Istituto di pena ha il dovere di ospitare i detenuti nel rispetto rigoroso delle regole.

Dal momento stesso in cui il direttore di un Istituto di pena non è più in grado di garantire il rispetto della legalità, la sicurezza e la salute dei detenuti deve alzare bandiera bianca e respingere ogni richiesta di carcerazione comunicando semplicemente e rispettosamente che se accogliesse altri detenuti violerebbe le leggi.

Nessuno può essere obbligato a compiere reati.

Il direttore di un Istituto di pena non è tenuto a modificare l’organizzazione della struttura in modo tale da violare la legge e compromettere la sicurezza dei lavoratori e dei detenuti. Superata la soglia di tolleranza, il portone si chiude e non entra più nessuno.

Se il carcere non è nelle condizioni di tutelare la salute e garantire adeguata assistenza sanitaria, se il carcere non può curare, il carcere diventa automaticamente incompatibile e i medici penitenziari devono senza esitazione certificare tale stato di cose in modo che si disponga l’immediato trasferimento verso strutture sanitarie adeguate.

Cosa fare dei detenuti che non trovano “ospitalità” negli Istituti di pena non è compito dei direttori dei penitenziari. Questo compito è dei giudici, del ministro competente e del parlamento.

Ciascuno faccia la parte che compete e tutto funzionerà meglio.

La Magistratura prenda atto delle condizioni penitenziarie e agisca nei confronti dell’inadempiente potere esecutivo e legislativo con la formale messa in stato d’accusa per sistematica violazione dei diritti costituzionali del cittadino detenuto.

C’è la notizia di reato, c’è il reato, ci sono i responsabili.

Non esiste nobiltà della funzione se non c’è responsabilità: i parlamentari e i ministri sono investiti di alte funzioni e devono essere responsabili del loro fare e non fare, diversamente li trasformeremmo in inutili e pericolosi ciarlatani, in accattoni di voti per soddisfare i loro problemi occupazionali e reddituali.

Non c’è più posto nelle carceri? I Giudici dispongano la carcerazione domiciliare.

Il detenuto è un soggetto giuridico a tutti gli effetti che mantiene tutti i diritti compatibili allo stato di detenzione: la pena deve essere esattamente quantificata e predeterminata nei suoi aspetti afflittivi. Il fatto che normative internazionali abbiano dovuto confermare i principi di uguaglianza dei diritti dei soggetti detenuti sottolinea come le pratiche detentive siano distanti da un modello giuridico di esercizio della pena. La circostanza che l’Italia da anni è costantemente condannata dagli organismi comunitari non fa onore alle persone che rappresentano le Istituzioni italiane.

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