C’è chi non può mangiare

expoA breve l’Expo 2015 aprirà sul tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita: un tema importante, forse il tema dei temi.

Sarebbe bello che si lasciassero da parte le retoriche di sempre. Quelle proprie della propaganda cattolica, conservatrice e anche della autodefinitasi sinistra. Sarebbe bello che l’ideologismo parolaio di gran parte del mondo cosiddetto antagonista lasciasse spazio all’analisi della realtà e alle politiche concrete che si possono varare per la crescita sostenibile e la lotta alla miseria. Sarebbe bello che la Chiesa cattolica e il suo Pontefice si astenessero dalla propaganda populista e conservatrice che inneggia alla famiglia numerosa come speranza per il futuro; speranza di cosa?

Si pretende di combattere la povertà e la fame senza intervenire sugli aspetti nodali del problema: risorse e demografia.

Dal 1950 a oggi la popolazione mondiale è passata da 2.555 milioni agli attuali 7.292 milioni.

La crescita più forte è stata in Africa da 228 milioni a oltre 1.100 milioni.

Nel 2050, tenendo conto della riduzione in atto del tasso di crescita demografica, saremo in 9.550 milioni. Continua a leggere

Guardiamo in faccia l’Europa

Questo l’invito del settimanale Tempi: “Guardiamo in faccia l’Europa e cambiamole i connotati”!
Inquietante incitazione che fortunatamente termina con l’invito a firmare il Manifesto per l’europa.

In cosa consiste il problema dell’Europa?
Leggendo il Manifesto, lo si comprende sin dalle prima battute: basta osservare i numeri della natalità.

Tutto qui?
No, poi viene l’inaccettabile circostanza che “l’Europa non ha quasi altra fede e speranza se non nei cosiddetti nuovi diritti”.

I “nuovi diritti”: “Non c’è caso di relazioni con altri popoli – ad esempio con paesi dell’Est che chiedono di associarsi all’Unione Europea o paesi del terzo mondo che bussano all’Europa per gli aiuti umanitari – in cui diplomazie e Ong europee non si presentino al tavolo negoziale con la premessa che partnership e aiuti sono “condizionati” all’adozione, da parte degli interlocutori, di questa agenda di “nuovi diritti”. Quali? A quale “fede” e quale “speranza” alludono questi “diritti”?

Dunque, il disastro per l’Europa sarebbe la denatalità, l’aborto, il preservativo, l’omosessualità

Faccio fatica a immaginare un concentrato maggiore di banalità.
Siamo ancora fermi alle braccia per i campi. Continua a leggere

Ripensare il futuro

futuroTutti siamo consapevoli che le disuguaglianze sono aumentate, così come i nuovi poveri. Il ceto medio si è impoverito e sembra stia per realizzarsi la fine per autoconsunzione del sistema capitalistico, con la marxiana proletarizzazione del ceto medio e l’impoverimento del proletariato di cui abbiamo perso la nozione sociologica essendo ormai il proletariato scomparso dal nostro orizzonte, al pari delle classi sociali sostituite dalla stratificazione sociale in relazione alla capacità di consumo e di spesa.

Il sistema consumistico-produttivo arranca faticosamente e per strada ci sono molti vinti di verghiana memoria.
L’idea della crescita all’infinito è messa in dubbio da tanti, muovendo da ottiche diverse. Non voglio discutere di decrescita felice, di salvifica uscita dall’euro ma soffermarmi sulle caratteristiche di un sistema.

Inutile parlare di terapie se ci manca la diagnosi. In tanti facciamo fatica a comprendere cosa stia succedendo perché le tradizionali griglie interpretative non ci forniscono risposte convincenti.

Proviamo a ripartire dall’ABC. Continua a leggere

La tirannia del mercato

Per il Papa “il denaro è diventato un idolo. Ideologie promuovono la autonomia assoluta dei mercati e speculazione finanziaria“. Papa Francesco sottolinea che “c’è una tirannia invisibile, a volte virtuale delle leggi del mercato“, ponendo all’attenzione di tutti “una riforma finanziaria e aiuto ai poveri“.

La tirannia del mercato: più facile credere alla esistenza del diavolo, più facile accettare l’ipotesi della destinazione inferno.

Che il denaro sia un idolo, da laico direi l’unica divinità reale, è assodato da secoli. Che ci siano ideologie liberiste è altrettanto risaputo.

Si parla di mercato come spesso si parla di Stato: “lo Stato bla bla … lo Stato… bla bla” e immancabilmente arriva qualcuno che dice “lo Stato siamo noi”.

Ecco appunto, non abbiamo capito nulla. Il mercato siamo noi. Lo stato siamo noi. Il mercato è lo Stato o lo Stato è il mercato.

Se è improprio affermare che lo “Stato siamo noi”, perché indubbiamente qualcuno è più Stato di altri, potendo decidere che leggi fare e come farle, è certamente più vera l’affermazione “il mercato siamo noi” perché tutti, mendicanti compresi, concorrono a creare il mercato.

Ciascuno contribuisce al mercato in rapporto alle proprie capacità è senza dubbio più vero rispetto alla litania che ciascuno concorre alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva (art. 53 Costituzione). Certo, ci sono gli avari che potrebbero contribuire di più, ma il comportamento prevalente è che si vorrebbe contribuire al mercato più di quanto i propri mezzi consentano di fare.

Il modello consumistico-produttivo al quale tutti partecipiamo (e vorremmo parteciparvi di più) è il prodotto delle nostre scelte, anche se non tutti abbiamo contribuito in uguale misura, ed è il modello al quale tutti siamo appesi e tremiamo all’idea che stia per crollare.

Il modello economico consumistico-produttivo si basa sull’idea insana della crescita all’infinito. La consapevolezza che farsi guidare dalla crescita del PIL sia una follia mi sembra ancora lontana da venire. Ma poiché quel modello economico è tecnicamente fallito, l’unica cosa sensata è trovare le soluzioni più efficaci per accompagnare la decrescita. Se la finanza, da strumento al servizio dell’economia, è divenuta padrona dell’economia significa che l’economia non è più da tempo in grado di generare ricchezza; serve il ricorso massiccio alla finanza per finanziare i consumi, la produzione e l’occupazione.

Noi uomini creiamo il mercato, noi abbiamo inventato il denaro e lo abbiamo beatificato, noi abbiamo fatto ricorso alla finanza per creare denaro col denaro o per godere di qualcosa senza averne i mezzi economici. Noi abbiamo avallato il debito pubblico e concorso a crearlo (dimenticato il bot people?) dando esplicitamente fiducia alla politica finanziaria dei nostri governi.

Quindi, questa “tirannia del mercato”, consapevolmente o inconsapevolmente, abbiamo tutti noi contribuito a crearla. Siamo invece vittime della tirannia partitocratica generata dal tradimento della “promessa di democrazia” contenuta nella nostra Costituzione. Siamo vittime di una Europa mercantile e pataccara che a causa della incapace classe dirigente europea ha ridotto “il sogno europeo” a un misero euro nominalmente sovranazionale, sostanzialmente nazionale.

Allora? Ci libereremo dalla tirannia del mercato quando cominceremo a gioire per la discesa del PIL, ma intanto ricordiamoci di rammendare i calzini perché dovranno andare ancora bene.