Trivelle, che succede?

Il MISE guidato da Di Maio ha rilasciato o no autorizzazioni per ricerche petrolifere in mare?

Sì, le ha rilasciate e poco importa che l’iter autorizzativo sia stato avviato precedentemente e che la Valutazione ambientale sia stata ritenuta positiva dal precedente ministro dell’ambiente perché non esiste alcun automatismo tra VIA e autorizzazione finale.

In altri termini, la VIA è un subprocedimento e sebbene sia positiva non è idonea a esprimere un giudizio definitivo sull’intervento, reso possibile solo dal rilascio dell’autorizzazione.
Se non vi è chiaro lo spiego con altri termini: la pronuncia di compatibilità ambientale attiene a un subprocedimento che si inserisce all’interno di un procedimento, più ampio e articolato, destinato a concludersi con l’approvazione del progetto.

Quindi il MISE guidato da Di Maio poteva non rilasciare l’autorizzazione.

Lo conferma il ministro dell’ambiente Costa quando scrive “anche se arrivasse un parere positivo della Commissione Via, non sarebbe automaticamente un’autorizzazione” …

Ma prescindendo da questi complessi procedimenti amministrativi, dove è facile raccontare quel che si vuole, è indubbio che in tutti questi mesi e dopo le battaglie degli anni scorsi si poteva intervenire normativamente per introdurre il divieto dell’air gun, l’abrogazione dell’articolo 38 della legge Sblocca Italia e una moratoria su alcune aree ad alto rischio sismico. Non mancano certo le motivazioni per respingere una richiesta autorizzativa considerato quanto elaborato e sostenuto nel cosiddetto referendum sulle trivelle del 2016 (sull’argomento vedasi Aprile al voto)

Sentir dire che da 8 mesi stanno lavorando a questi interventi normativi è francamente poco credibile considerato che la materia è ben nota poiché era stato promosso anche un referendum abrogativo.

Insomma, ancora un altro caso che desta qualche perplessità sulla vocazione ambientalista del M5S, dopo il condono per Ischia, il voltafaccia sull’ILVA, il tradimento sulla TAP, l’arrovellamento sulla TAV!

Il governo delle bufale

Dice il grande saggio: se non sai governare le bufale non ti dedicare alla produzione di mozzarelle.

Le bufale vanno governate e non tutti, anche in politica, sono capaci di farlo.

Un ottimo punto di riferimento per imparare in politica a produrre e governare le bufale è quanto sul tema scrisse Göbbels, il famigerato ministro della propaganda nazista.

Bufala, bugia, menzogna, frottola, panzana, balla, stronzata, scemenza, fanfaluca, bubbola… tanti modi per indicare la stessa cosa: ciò che non corrisponde a verità.

Se è pretestuoso e insignificante questo referendum per cui si voterà il 17 aprile 2016, referendum sulla durata delle concessioni in essere e poste entro le 12 miglia, significa che pretestuosa e insignificante è la norma voluta dal Governo che ha modificato il precedente regime.

In cosa consiste questa norma? Continua a leggere

Le Trivelle come con il Nucleare?

Regna ancora sovrana la confusione a pochi giorni dalle votazioni per il referendum sulla durata delle concessioni per le trivelle entro le 12 miglia.

Complice anche il Governo che non ha contribuito a fare chiarezza sul quesito referendario promosso da 9 consigli regionali e ha compresso i tempi per la comunicazione referendaria.

I comizi referendari sono indetti dal 16 febbraio 2016, ma il Ministero dell’Interno ha diramato le disposizioni necessarie solo il 26 febbraio 2016; le delibere comunali per le assegnazione degli spazi sono state approvate a marzo inoltrato (Modena il 15/3, Molfetta il 17/3); la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con le “Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per il referendum popolare… indetto per il giorno 17 aprile 2016” è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 marzo e la RAI ha programmato quattro tribune elettorali a fine marzo su Raidue, alle 9:30 del mattino, altre quattro (la prima il 5 aprile, l’ ultima il 14) su Raitre, alle 15:10 e una sola tribuna su Raiuno, giovedì 14 aprile alle 14:05… in sostanza circa tre settimane di (minima) comunicazione effettiva.

Il risultato si vede. Continua a leggere

Aprile al voto

Il 17 aprile 2016 si vota per un referendum abrogativo.

Di cosa si tratta?

Il 70% del 30% che sa che si vota risponde: si vota sulle trivelle in mare, per chiudere le trivelle in mare, il solito referendum inutile voluto dagli ambientalisti.

Il referendum è stato voluto da 9 Consigli regionali: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise; all’inizio c’era anche l’Abruzzo che poi si è defilato.

Gli ambientalisti c’entrano poco, anche se vedono con favore questo superstite referendum. Il pacchetto di referendum era originariamente più corposo, ma gli interventi legislativi hanno fatto sopravvivere il quesito per cui si voterà a breve. In realtà si tratta di un quesito riformulato dalla Cassazione che ha dipanato la matassa delle norme su cui il legislatore è intervenuto a più riprese.

Il quesito

Il referendum è relativo all’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Il referendum riguarda l’abrogazione di queste parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”.

Le parole sarebbero cancellate dal comma 239 della cosiddetta Legge di stabilità (L. n. 208 del 2015); riporto il testo su cui interviene il referendum:

Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale.”

Eliminando la parte dopo “fatti salvi“, resta il divieto generale entro le 12 miglia, fatti salvi i titoli abilitativi già rilasciati con la loro originaria scadenza.

La norma generale di divieto, con esclusione delle concessioni già rilasciate, porta a ritenere che alla scadenza non vi sia alcuna proroga per affermare, appunto, il divieto generale. In ogni caso, si dovrà riconsiderare ogni singola situazione: il referendum riafferma il principio fondamentale che una concessione pubblica DEVE avere una scadenza certa e a determinarla non può essere il concessionario.

Un bene pubblico può essere dato in concessione a un privato per un tempo determinato e a precise condizioni; da ciò deve derivare un interesse per la collettività, ma lo Stato deve, dopo il periodo concordato, poter riconsiderare l’opportunità di prorogare la concessione.

La stessa normativa europea prevede che le concessioni pubbliche devono “essere limitate in modo da evitare di riservare ad un unico ente un diritto esclusivo su aree per le quali la prospezione, ricerca e coltivazione possono essere avviate in modo più efficace da diversi enti” (Direttiva 94/22/CE).

La norma attuale, pertanto, appare in contrasto con il diritto comunitario.

Poiché non incombono sui concessionari obblighi di attività, facendo coincidere la durata della concessione con la “vita utile”, vale a dire sino a esaurimento del giacimento, si verifica la singolare situazione che è il concessionario stesso a decidere la durata della concessione, definendo autonomamente il ritmo delle proprie attività estrattive.

Inaccettabile modo di intendere lo sfruttamento delle risorse pubbliche.

Se fosse un principio corretto, non si comprende perché non si applica alle altre concessioni che invece restano legate alla scadenza pattuita e all’eventuale riconsiderazione della proroga. Continua a leggere