Perché la sinistra perde

inciucioDopo ogni elezione parlamentare nella sinistra (intesa in senso lato di centrosinistra + sinistra) si diffonde lo scoramento per i risultati inferiori alle attese e per le difficoltà di mantenere la coesione che fino al voto portava a dire “questa volta ci siamo”. Prima di analizzare le ragioni sostanziali della predestinazione alla sconfitta, ricordo gli errori che a mio avviso hanno determinato il pessimo risultato elettorale del 2013: a) considerare Scelta Civica un interlocutore credibile in termini di proposta di rinnovamento; con evidenza non lo era giacché Monti si alleava con due dei maggiori alfieri della palude politica: Fini e Casini; b) ignorare la reazione dell’elettorato di sinistra al rapporto privilegiato con Scelta Civica; relazione sgradita poiché Monti dichiarava che non intendeva governare con il PD alleato con SEL; c) sottovalutare il M5S, unica forza politica che poteva intercettare gli incerti; d) non capire che occorreva aprire al M5S prima del voto per promuovere insieme il rinnovamento della politica; e) non valorizzare prima del voto quella parte del M5S disponibile a un accordo con il PD, contribuendo così a dare credibilità al tema centrale della campagna elettorale del M5S che era anche lo spauracchio di gran parte dell’elettorato del PD: l’inciucio.

Se non fossero stati commessi questi errori, PD e SEL con molta probabilità avrebbero vinto le elezioni… ma avrebbero perso lo stesso per le ragioni sostanziali che conducono alla sconfitta della sinistra. In sintesi, soffermandomi solo sulle ragioni recenti ( 1994 – 2013), anche se alcune di queste affondano le radici nella storia ormai quasi secolare.

1) Mancata contaminazione tra le anime ex DC e ex PCI. Il PD è nato gracile perché somma aritmetica di due culture: una di estrazione comunista, l’altra di estrazione cattolica, con presenze di clericalismo e di liberalismo conservatore. Il PD si presenta come un coacervo in cui convivono molte anime, ma cosa le unisce? Quali sono i punti irrinunciabili? Continua a leggere

Scalfarotto, NO a Rodotà

laico3In tanti si sono chiesti perché il PD non ha sostenuto la candidatura di Stefano Rodotà. Gli eventi politici di questi giorni, culminati con la riconferma di Napolitano, rischiano di finire nel dimenticatoio, perdendo un’occasione per comprendere le vicende politiche.

La politica, infatti, non dovrebbe mai ignorare i conflitti. Vediamo nel conflitto sempre e solo lo scontro. Esaltiamo gli aspetti patologici del conflitto, azzerando il dialogo tra i contendenti. Ma il conflitto offre anche un’opportunità di crescita e di sviluppo. Il conflitto va controllato e gestito per ridefinire la situazione tra le parti. Il conflitto non è solo pericolo, scontro è soprattutto opportunità, può essere quindi costruttivo: tutto dipende da come è vissuto, affrontato e gestito. Occorre però che i “contendenti” parlino, si confrontino, senza pregiudizi e senza la pretesa di dettare le regole del confronto. Mi soffermo sulle dichiarazioni di Scalfarotto, per tanti aspetti non dissimili da quelle di altri autorevoli commentatori (Francesco Verderame, Eugenio Scalfari), perché Scalfarotto è autorevole voce interna al PD essendo vice-presidente dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico nonché parlamentare.

Le motivazioni offerte da Scalfarotto mi hanno sorpreso per la totale mancanza di pregio culturale e politico. Eppure, Scalfarotto è persona capace dotata di sensibilità politica. Allora, perché? Riporto un ampio passaggio dell’intervento di Scalfarotto; chi volesse leggerlo per intero lo trova a questo link http://www.huffingtonpost.it/ivan-scalfarotto/perche-non-ho-votato-rodota_b_3114657.html

Perché non ho votato Rodotà. Ecco cosa spiega Scalfarotto. Continua a leggere