“Ci vuole una legge elettorale che consenta, la stessa sera del voto, di fare sapere al mondo che è possibile in Italia avere un governo. Perché se ciò non fosse possibile sarebbe uno tsunami“, disse Pier Luigi Bersani a novembre 2012.
Avere un vincitore proclamato all’esito del voto è uno dei tanti slogan di Matteo Renzi.
Perché possa essere proclamato un vincitore occorre che la gara preveda l’incoronazione, come avviene con l’elezione di Miss Italia.
Il nostro sistema costituzionale prevede che dalle elezioni esca un vincitore?
Il nostro sistema è una democrazia rappresentativa a centralità parlamentare.
Il popolo sovrano elegge dei rappresentanti i quali concedono la fiducia a un Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato dal Presidente della Repubblica di formare il Governo. Il Presidente della Repubblica in autonomia ha valutato i risultati delle elezioni, consultato i Gruppi Parlamentari e così è giunto alla sua determinazione nell’affidare l’incarico di formare il governo.
Questa è la previsione della nostra Costituzione e non può certo essere alterata da una legge ordinaria.
La legge può però incidere sulle modalità per eleggere il nuovo Parlamento e con tecnicalità facilitare il compito del Presidente della Repubblica, consentendo che tramite il voto emerga una volontà popolare chiara e netta.
Non c’è, in altri termini, “un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale, in quanto quest’ultima lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritenga più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico”.
Il sistema elettorale, tuttavia, stante la nostra Costituzione deve superare “lo scrutinio di proporzionalità e di ragionevolezza, al quale soggiacciono anche le norme inerenti ai sistemi elettorali”.
Nel nostro sistema, connotato “da un’ampia discrezionalità legislativa”, il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti deve realizzarsi con modalità tali da non determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.
Quindi, con ragionevolezza e proporzionalità, il sistema elettorale può spostare l’equilibrio verso la governabilità sacrificando, in modo accettabile, proporzionale e ragionevole, la rappresentatività.
Nella specie, Italicum non soddisfa le suddette condizioni e non supererebbe il test di proporzionalità e di ragionevolezza utilizzato dalla Corte Costituzionale.
Il desiderio di Renzi, avere un vincitore e un governo all’esito del voto, si verifica generalmente nei sistemi presidenziali o semipresidenziali con il sistema uninominale, per esempio negli USA e in Francia.
In Italia non è previsto il presidenzialismo, non è prevista nemmeno l’indicazione del Premier, non c’è nemmeno un sistema di primarie e soprattutto non è previsto il collegio uninominale, maggioritario o a doppio turno.
Non c’è nulla di quel che solitamente serve perché si possa proclamare un vincitore alla sera del voto.
Però, Italicum introduce scelte che porteranno in ogni caso a un vincitore.
Vediamo come e a che prezzo.
I Partiti scelgono chi candidare, gli elettori votano un Partito e se questo si aggiudica il 37% dei voti validi espressi riceve 340 seggi parlamentari (su 630, la maggioranza assoluta) con un meccanismo di trasformazione del voto in seggi che rende il voto diseguale e indiretto.
Non essendoci un quorum di votanti perché si verifichi l’assegnazione del premio, potrebbe verificarsi che va al voto il 50% degli elettori (ultime elezioni in Sardegna), il 10% sono schede bianche e nulle, si scende quindi al 45% di voti validi sugli aventi diritto, e se di questa quota qualcuno si aggiudica il 37% allora riceve la maggioranza assoluta dei seggi. Facendo due conti, il 37% del 45% è pari al 16,65% della totalità degli aventi diritto.
Un Partito potrebbe avere il potere assoluto, senza alcun contrappeso, rappresentando appena il 16,65% degli elettori.
Qualcuno dirà che non è rilevante poiché quel che conta è chi va a votare.
In astratto potrei essere d’accordo.
Se si contendono il Governo soprattutto due forze politiche caratterizzate da competenza, correttezza, trasparenza, un Paese in cui gli attivisti dei Partiti elaborano le proposte e selezionano i migliori da candidare… potrebbe essere indifferente andare al voto e la scarsa partecipazione sarebbe dovuta a fiducia nel sistema.
In Italia direi che l’astensione non sia dovuta a questa lettura della realtà ma esattamente al suo contrario: “siete tutti una banda di ladri e mignotte, pensate solo al vostro arricchimento”, questo è il giudizio espresso dalla maggioranza di coloro che si astiene e se questa quota diviene alta c’è da preoccuparsi, soprattutto con un sistema elettorale senza contrappesi.
Delineo un favolistico scenario in C’era una volta Fruffrù
Questa è la reale posta in gioca.
Il sistema definito da Italicum (e dalla insulsa riforma del Senato degna di persone cresciute con SimCity) prevede la trasformazione della maggiore minoranza in maggioranza assoluta.
Solo se nessuno arriva al 37% allora ci sarà il ballottaggio tra i primi due piazzati e in questo caso i seggi scendono da 340 a 325.
Il voto è assegnato a una lista, senza possibilità di esprimere preferenza; il computo della soglia per l’assegnazione del premio è a livello nazionale con un complesso meccanismo di trasformazione dei voti in seggi che rende il voto indiretto e diseguale; nonostante le liste corte l’elettore non ha alcun modo di scegliere il proprio rappresentante.
Non c’è alcuna ragionevole motivazione per prevedere il ballottaggio solo se nessuno raggiunge il 37%; andrebbe previsto sempre perché non c’è differenza sostanziale tra chi prende il 37% e chi dovesse prendere il 36,99%. Qualcuno dirà che basta 1 in più per vincere; certo, è la formula del 50%+1 ma chi raggiunge il 50%+1 è in ogni caso maggioranza assoluta mentre chi raggiunge il 37% è in ogni caso minoranza, la maggiore minoranza ma minoranza perché gli altri assommano a 63%!
Un altro aspetto è però determinante.
Nel nostro sistema costituzionale si vota per eleggere il Parlamento, vale a dire l’organo che rappresenta il popolo sovrano e che detiene il potere legislativo.
Trasformare il voto per la rappresentanza in un voto per il governo è una profonda violazione della Costituzione così plateale che se, dopo il precedente del porcellum e la censura della Corte Costituzionale, il Presidente della Repubblica dovesse firmare una simile legge sarebbe la conferma che non ha compreso la Costituzione.
L’elettore che si sente rappresentato da una forza politica di poca consistenza numerica sarebbe indotto a votare per un partito diverso per la combinazione di due fattori:
- il timore che governi una parte politica che avversa sommamente
- il timore di disperdere il voto a causa delle soglie.
Si verifica quindi una irragionevole compressione della libertà di voto e della rappresentanza senza alcun ragionevole motivo: evitare la frammentarietà del parlamento non è più un obiettivo dal momento che la governabilità è assicurata dal premio di maggioranza.
Facciamo un salto nel passato.
Più precisamente, andiamo al 1976. Erano le elezioni della massima polarizzazione, dopo il 1948, tra la DC e il PCI: si temeva o si sperava nel sorpasso del PCI sulla DC.
Ebbene, nonostante questa forte spinta emozionale, politica e culturale, nell’anno in cui per la prima volta votavano per la Camera i diciottenni, il sorpasso non ci fu e entrarono in Parlamento i rappresentanti di Partito Radicale e Democrazia Proletaria, con percentuali di voti tra l’1 e l’1,5%, che era anche la misura di un partito storico come il PLI mentre il PRI arrivava a superare il 3%… di poco.
Adesso con le soglie avremmo che chi non supera l’8% non entra in Parlamento, la coalizione deve superare il 12% e almeno una formazione all’interno della coalizione deve superare il 4,5%.
Se queste soglie fossero esistite nel 1976 sarebbero rimasti fuori dal parlamento non solo il PR e DP ma anche il PRI, il PLI, il PSDI e il MSI-DN.
Qualcuno spieghi a che serve eliminare forze politiche quando la frammentarietà del parlamento non è più di ostacolo alla governabilità poiché questa è stata assicurata con il premio.
Queste soglie alte, irragionevoli e contrarie alla funzione costituzionale del voto e del parlamento, servono a indurre i partiti minori a entrare in coalizione con i maggiori: avremo le coalizioni ammucchiate, che potendosi sciogliere il giorno dopo il voto non assicurano la governabilità, come già verificatosi.
Lasciare la libertà a ciascuna forza politica di fare le proprie scelte, sarebbe il modo migliore per assicurare l’esistenza di accordi tra partiti non per evitare di essere esclusi dal parlamento ma per convergenza su qualche specifico punto programmatico.
Quindi, preferenza, abolizione delle soglie, ballottaggio sempre se nessuno raggiunge il 50%+1 sono la condizioni minime perché si possa raggiungere l’obiettivo di avere un vincitore in grado di governare, senza fare a pezzi la Costituzione e compromettere gli ultimi scampoli di democrazia.
In questo modo, dopo aver scelto i propri rappresentanti, in caso di ballottaggio gli elettori sarebbero effettivamente posti di fronte a una scelta per il governo.
Il quadro andrebbe poi completato con la riforma dei partiti e l’attuazione dell’art. 49 della Costituzione per garantire democraticità nei partiti e trasparenza nei processi decisionali, compresa la selezione dei candidati.
Alla partenza Renzi voleva raggiungere l’obiettivo di avere un vincitore all’esito del voto, questo forse ci sarà ma non è stato fatto nulla per ottenere l’obiettivo nel rispetto della Costituzione, degli elettori e della democrazia.
Non basta raggiungere un obiettivo, sono importanti anche la forma, i modi e i contenuti; dell’infantile “dopo otto anni di discussioni, abbiamo una nuova legge elettorale” non so che farmene se lascia i problemi irrisolti e ne crea di nuovi.
Con un Parlamento
- formato da persone scelte dai Partiti,
- in cui una minoranza è stata trasformata in maggioranza assoluta ed esprime il potere esecutivo,
- sono state espulse le forze minori,
- non c’è una seconda camera con poteri di garanzia e controllo,
- non c’è la possibilità di ricorrere direttamente al giudizio della Corte Costituzionale,
- non c’è il referendum propositivo e l’obbligo di discutere le proposte di legge di iniziativa popolare,
- persiste il quorum per i referendum abrogativi
… mi spiegate che democrazia parlamentare è? mi spiegate in cosa consista la sovranità popolare?