Presidente, non ci siamo

Le dimissioni di Renzi, le consultazioni, l’incarico a Gentilonipresidente Mattarella non ci siamo proprio.

Non è successo nulla che non fosse già scritto, prevedibile e previsto.

Renzi ha da sempre affermato che si sarebbe dimesso in caso di bocciatura della revisione costituzionale.

Lei, Presidente, aveva il diritto di ritenere che tale proposito fosse una finzione, come aveva il diritto di avere fiducia nella approvazione della revisione costituzionale … ma tutto ciò è irrilevante perché non è il calcolo delle probabilità il faro da seguire per la guida delle Istituzioni.

Lei, Presidente, avrebbe dovuto rinviare al Parlamento la legge n. 52 del 2015, nota come Italicum, poiché se la revisione costituzionale non fosse stata approvata entro il primo luglio 2016 o fosse stata respinta saremmo stati nelle condizioni di non poter andare al voto con una legge elettorale omogenea.

Lei, signor Presidente, è in notevole ritardo: era evidente già ad aprile 2015 che si potevano realizzare le condizioni per le quali lei oggi giustamente afferma che non si può andare al voto. L’ipotesi che entro giugno sarebbe stata approvata la revisione costituzionale … era soltanto una possibilità … non proprio favorita, sia per i tempi, sia per l’esito. E sorvoliamo sulle questioni di incostituzionalità dell’Italicum, al momento irrilevanti.

Renzi, ha deciso di dare le dimissioni per la bocciatura della revisione costituzionale approvata dal Parlamento, come se il voto referendario fosse alla stregua di un voto di fiducia sul Governo.

La valutazione personale del signor Matteo Renzi è irrilevante e non può Renzi disporre a suo piacimento del Governo della Repubblica.

Le dimissioni di Renzi andavano respinte. Continua a leggere

Questo o quello per me pari sono

Ricordate la celebre aria “questa o quella per me pari sono“?

Mi è tornata in mente in questi giorni in cui in tanti dicevano “ah se avessero eletto Rodotà, Imposimato… ancora un democristiano cresciuto nel Palazzo” (ho ingentilito tanti commenti…)

La verità è che nessun Presidente della Repubblica, nelle condizioni date, convincerebbe di più e sbaglieremmo a non avere aprioristica e doverosa assenza di fiducia nei confronti di chiunque altro fosse stato incaricato di svolgere l’incarico di Presidente della Repubblica.

Chiunque fosse stato eletto Presidente (quindi, anche colui che è stato eletto) era destinato ad avere un grave handicap: sarebbe stato eletto da persone che non rappresentano il popolo sovrano poiché “alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini” (Corte Costituzionale, sentenza 1/2014).

Se coloro che eleggono il Presidente non hanno la fiducia degli elettori e non li rappresentano allora non c’è nemmeno la fiducia che dai primi passa all’eletto alla presidenza.

Chi non è investito di un potere non può investire.

Ergo, chiunque fosse stato eletto PdR non avrebbe avuto la fiducia del popolo sovrano e avrebbe dovuto conquistarsela.

Non cadiamo nella trappola che se fosse stato eletto un altro, sarebbe stato meglio: non sarebbe cambiato nulla nella sostanza perché immutate sarebbero state le condizioni di partenza.

Quindi, non ci resta che essere vigili e intransigenti.

Verificare come si muoverà e come (e se) motiverà le sue scelte. Dipenderà anche da noi: non limitiamoci a fare gli spettatori pronti ad alzare il dito. Col dito… digitiamo e cominciamo a scrivere al Presidente perché lui sappia cosa noi ci aspettiamo da lui.

Perché sappia che per il momento è il Presidente dei suoi Elettori, che rappresentano i Partiti, …ma in base a come si comporterà potrebbe divenire il nostro Presidente.

Vorrei tanto poter con fierezza affermare “Questo è il mio Presidente!

Non ho potuto dirlo con Ciampi, che ha fatto passare il porcellum senza battere ciglio.

Non ho potuto dirlo con Napolitano, che ha lasciato che un Governo si dimettesse, senza pretendere un passaggio parlamentare, solo perché una organizzazione extra-parlamentare - la direzione di un partito - così aveva preteso.

Potrò dirlo con il nuovo presidente Mattarella?

Dipende da lui, solo da lui.

Oppure il rischio sarà che ci uniremo a Rigoletto: “Vendetta, tremenda vendetta!

rigoletto

Gentile presidente Mattarella

Gentile presidente Mattarella,

a breve le arriverà la nuova legge elettorale da promulgare: l’Italicum.

Anche l’Italicum viola la libertà di scelta degli elettori: molti eletti saranno scelti direttamente dalle segreterie di partito.
Il voto continuerà a essere indiretto, in aperto contrasto con la Costituzione, perché la selezione dei candidati è per intero assolta dai Partiti e l’assegnazione dei seggi avviene in base alla cifra nazionale senza diretta relazione tra eletto e voti nel collegio.

Il voto sarà anche diseguale poiché ciascun voto concorre in misura differente a determinare la consistenza dei gruppi parlamentari. La nuova proposta di legge introduce il raggiungimento di una soglia per il conseguimento del premio di maggioranza, ma potrebbe bastare un solo voto di differenza tra chi supera il 40% e chi consegue gli stessi voti meno 1. Non si comprende per quale ragione logica – e difendibile sul piano giuridico e costituzionale – non sia sempre previsto il ballottaggio se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta.

La Corte ci ricorda che “qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto”. L’Italicum è un sistema proporzionale che con un irragionevole premio trasforma la maggiore minoranza in maggioranza assoluta in grado di formare un Esecutivo, senza che sia stato espressamente votato un programma di Governo.
L’ Italicum persegue il rispettabile obiettivo della stabilità di governo senza rispettare il vincolo delminor sacrificio possibile degli altri valori costituzionalmente protetti” perché altera il valore del voto e perché si vota per la rappresentanza parlamentare e non per il governo
Si introduce il bizzarro sistema dell’elezione diretta dell’esecutivo a insaputa degli elettori.
Il “premio” rende certa l’alterazione dei rapporti di forza parlamentari, ma non è certa la stabilità di governo, poiché ogni parlamentare non ha vincolo di mandato.

L’introduzione del premio rovescia la ratio della formula elettorale proporzionale, prescelta dallo stesso legislatore al fine di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare, e produce una “eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost”.

Chi dovesse superare il 40% si aggiudica 340 seggi su 617 mentre chi si ferma al 39% si aggiudica appena 180 seggi circa!

Quale abisso di consenso popolare ci sarebbe tra le due formazioni politiche?

Tutto ciò è “incompatibile con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della «rappresentanza della politica nazionale» (art. 67 Cost.), si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare, ed in virtù di ciò ad esse sono affidate funzioni fondamentali, dotate di «una caratterizzazione tipica ed infungibile» (sentenza n. 106 del 2002), fra le quali vi sono, accanto a quelle di indirizzo e controllo del governo, anche le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.)”, scrive la Corte Costituzionale (sentenza 1/2014).

Mentre si consolida il ruolo dei Partiti, sino a coartare la libertà di scelta degli elettori nella determinazione dell’organo legislativo, non si attua l’articolo 49 della Costituzione per regolare la natura giuridica dei partiti. Attendiamo, ormai da quasi sette decenni, che la vita dei Partiti sia improntata al metodo democratico e alla trasparenza nella selezione dei candidati, nei processi decisionali, nella gestione economica e finanziaria. Lo ricordava con apposito progetto di legge Luigi Sturzo nel lontano 1958.

Sempre la Corte Costituzionale ha scritto nella sentenza 1/2014 che le funzioni attribuite ai partiti politici devono “essere preordinate ad agevolare la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed alla realizzazione di linee programmatiche che le formazioni politiche sottopongono al corpo elettorale, al fine di consentire una scelta più chiara e consapevole anche in riferimento ai candidati”.
Di tutto ciò non c’è traccia.

Signor Presidente mi attendo, e le assicuro che siamo in tanti ad attendercelo, che lei rispedisca al Parlamento questa legge che suona come una offesa alla Costituzione, al diritto, al buonsenso, ai diritti costituzionali del popolo sovrano.

Distinti saluti.

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Questo messagio è stato inviato oggi al Presidente Mattarella tramite il servizio webmail disponibile sul sito ufficiale della Presidenza della Repubblica