E’ sempre colpa del venerdì

tsiprasVenerdì 17.
Venerdì nero.
E’ di venerdì che scade l’ultimatum e poco importa che sia il 20 febbraio 2015 il prossimo venerdì di terrore: il venerdì greco.
Già, hanno deciso che entro venerdì dovrà essere trovato un accordo: Grecia dentro o Grecia fuori? Dentro o fuori dall’euro.

Venerdì chiudono i mercati e le banche restano chiuse nel weekend. Per le banche poco importa, chi aveva soldi da mettere in salvo ha in gran parte già provveduto. Troveranno un accordo o salterà tutto?

Ipotizziamo che il governo greco venerdì pomeriggio annunci che non intende rimborsare i suoi debiti; in fondo anche i creditori hanno delle responsabilità per aver determinato questa situazione e soprattutto per essere stati lenti e inefficienti ad affrontare una crisi del debito sovrano che nel 2009, quando si è manifestata, aveva altri numeri e poteva essere abbastanza agevolmente gestita.

Si chiudono i bancomat, ci vuole poco; si prendono misure rigorose per evitare fughe di capitali nel weekend; si predispone un piano per il lunedì del risveglio.
Il lunedì tutti svegli con le dracme.
Il Governo stabilirà un tasso di conversione con l’euro.
Fin qui si gioca in casa. Anche con le banche nazionali si gioca in casa: i debiti all’interno dei confini nazionali saranno convertiti in dracme.
I crediti interni delle banche, 230 miliardi di euro, dunque saranno in dracme, così come gli incagliati 12 miliardi di euro in titoli dello Stato e poi ci sono circa 40 miliardi di obbligazioni private.

I debiti delle banche verso l’estero restano invece in euro.
Le banche greche sono esposte per circa 54 miliardi di euro con banche europee e per altri 15-20 miliardi con istituti bancari non europei.

Attivo in dracme e passivo in euro: in questa poco piacevole dialettica saranno attapirate le banche greche.

Il crac è dietro l’angolo.
Dovrà intervenire la Banca centrale greca. E non sarà solo questo che dovrà fare la Banca centrale: dovrà garantire gli acquisti dall’estero, iniziando dal petrolio.
Non vedo file di fornitori pronti a fare credito alla Grecia.
Non so quali siano le riserve auree della Grecia, ma probabilmente sarà il momento di cominciare a spenderle.
Il credito sarà concesso a fronte di interessi salatissimi, poi i mercati cominceranno a pesare il valore della dracma e a stabilire il vero rapporto con l’euro.

La Grecia non ha un valore di export rilevante; la sua unica vera ricchezza è il turismo e qualche prodotto alimentare; la dipendenza dalle importazioni è alta e senza la stabilità monetaria garantita dall’euro si tornerà alle montagne russe delle fluttuazioni del cambio.

Se adesso per un euro ci vogliono 340,75 dracme, da lunedì in questo scenario probabilmente ne serviranno 450 – 500 e poi chissà dove si andrà a finire.
I prezzi dei prodotti importati andranno alle stelle, l’inflazione galopperà a ritmo sfrenato. I salari perderanno velocemente potere d’acquisto.

Ma se in Grecia si piange, nel resto d’Europa non si ride.

La BCE vedrà sfumare 27 miliardi di euro di crediti, ai quali bisognerà aggiungere i circa 50 miliardi di esposizione della Banca centrale greca nei rapporti con le altre banche centrali dell’eurozona. Infine, inizierà un forte contenzioso con le Istituzioni europee che non saranno disposte a veder svanire nel nulla i 250 miliardi di euro di crediti che vantano dalla Grecia.

Questa situazione sarà un invito a nozze per gli speculatori, gli stessi che hanno lucrato sulla crisi greca ingigantendola.
Come hanno fatto con l’Italia e la Spagna, mandando alle stelle lo spread, vale a dire la differenza tra il rendimento del Btp a 10 anni di un Paese con l’omologo tedesco, assunto come riferimento di solidità e solvibilità.

Non dimentichiamo che la moneta unica è una finzione poiché non c’è solidarietà di bilancio tra i Paesi dell’area euro; per i mercati internazionali la valuta è unica nominalmente, ma non sostanzialmente e si comportano di conseguenza: per loro esiste l’euro italiano, quello spagnolo, quello francese… e quello tedesco.

I sostenitori dell’uscita dall’euro e di fantasiosi referendum per conseguire questo obiettivo ci pensino attentamente perché l’uscita dall’euro favorisce solo gli speculatori e chi ha portato all’estero i capitali.

Il vero deficit europeo è di tipo politico: o si torna agli Stati nazionali ante-euro o si va verso la federazione degli Stati Uniti d’Europa. Ogni altra strada è un imbroglio.

Vedi anche

https://macosamidicimai.org/2013/03/08/uscire-dalleuro/

https://macosamidicimai.org/2014/12/14/leuro-e-il-deficit-politico/

https://macosamidicimai.org/2013/03/20/forza-cipro/

Uscire dall’EURO

Se lo Stato non batte la Moneta è la Moneta che batte lo Stato.

In altri termini, prima nasce lo Stato e poi la Moneta. La pretesa di ribaltare la storia, la logica e le leggi dell’economia ha dimostrato tutta la sua debolezza, ovvia, prevedibile e prevista.

La forza monetaria dell’Euro è la dimostrazione della sua debolezza istituzionale. L’Euro si mantiene forte rispetto al Dollaro USA nonostante l’economia europea sia in sofferenza più di quella statunitense. L’Europa è in affanno più degli USA e del Giappone sebbene i fondamentali europei siano di gran lunga più solidi. Non vi sembra tutto strano?

Intendiamoci, esistono in Europa elementi oggettivi di fragilità: mancanza di risorse, stati e regioni europee poco virtuosi. Ma l’Europa rimane la regione del mondo tra le più virtuose. L’Europa è messa meglio di USA e Giappone sia rispetto al debito pubblico sia rispetto al deficit. Continua a leggere