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Alfano, il diritto e i parlamentari latitanti

Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha diramato una circolare con la quale ordina ai sindaci di non procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso e di cancellare le trascrizioni già effettuate. In caso di disapplicazione di queste disposizioni saranno attivati i Prefetti per ristabilire la legalità.

Non si comprende di quale legalità il ministro della Repubblica si occupi…

I sindaci hanno giustamente contestato questa bizzarra circolare amministrativa in nome dei principi costituzionali a partire da quello di uguaglianza e dall’art. 2 della Costituzione che afferma il diritto alla libera costruzione della personalità.

Assurdo ostinarsi a far prevalere una miope visione civilistica del matrimonio ignorando la Costituzione, le risoluzioni europee, le sentenze di Cassazione.

Vedremo come questa faccenda si svilupperà, intanto occorre evidenziare che la trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni contratti all’estero tra persone dello stesso sesso, ben lungi dall’essere l’equivalente dell’introduzione surrettizia del matrimonio gay, come qualcuno cretinamente vorrebbe far credere, si limita a prendere atto dell’esistenza di un matrimonio legittimamente celebrato all’estero secondo le norme di quel Paese.

Il divieto di prendere nota di questo matrimonio farebbe prevalere la cittadinanza nazionale su quella europea, privando il cittadino di beneficiare in Italia delle norme del diritto europeo in violazione con quanto sancito dalla Corte di giustizia dell’Unione nel 2011.

L a trascrizione, dato che l’Italia è inserita nel contesto europeo, non può essere considerata in contrasto con l’ordine pubblico. Una tale tesi sarebbe una discriminazione fondata sulla cittadinanza e sull’orientamento sessuale.

Il legislatore può decidere se occuparsi o meno di queste faccende, e sinora il Parlamento è stato ampiamente latitante su questo fronte come su altri. Ma, fortunatamente, aldilà della discrezionalità politica esiste il diritto costituzionale e la Corte Costituzionale già dal 2010 ha riconosciuto la rilevanza delle unioni tra persone dello stesso sesso poiché siamo di fronte a una formazione sociale cui fa riferimento l’art. 2 della Costituzione.

La Corte di Cassazione, riprendendo quanto indicato dalla Corte Costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ha affermato con sentenza del 2012 che, poiché si è in presenza di diritti fondamentali, le coppie formate da persone dello stesso sesso possono rivolgersi al giudice per far valere, sussistendo determinate condizioni, il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia unita in matrimonio.

La politica può decidere di non legiferare e non attuare la Costituzione, come è abituata a fare, ma la mancanza di specifiche norme non cancella un principio fondamentale che viene prima e sovrasta la legge. Il giudice se interpellato non può esimersi dal decidere sulla base del diritto costituzionale, delle norme di diritto nazionale, europeo e della giurisprudenza.

Ricordate il caso Eluana, “mai più” un caso analogo dissero i politici: stiamo ancora aspettando.

Poi, arriveranno i soliti polli che occupano il Parlamento a chiocciare che i giudici invadono il campo del legislatore; nella realtà sono i legislatori che latitano preferendo comportarsi come “polli di allevamento

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