Il ddl Cirinnà intende disciplinare e dare riconoscimento giuridico alle formazioni sociali di cui all’art. 2 della Costituzione in base anche a quanto indicato nella sentenza n. 138/2010 della Corte Costituzionale.
Scrive la Corte: “per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.”
Il ddl è diviso in due parti: la prima dedicata alle unioni civili, intese come unioni tra persone dello stesso sesso; la seconda dedicata alle convivenze di fatto, vale a dire alle convivenze tra persone che coabitano seconda quanto già da tempo riconosciuto a livello anagrafico.
Su più punti di questo ddl ho sentito e letto molte critiche, ma nessun argomento convincente.
Il punto è più criticato è la cosiddetta stepchild adoption, ovvero l’adozione del figliastro.
La legge sulle adozioni (la n. 184/1983 modificata nel 2001) prevede la possibilità a determinate condizioni di chiedere l’adozione di un minore che non ha legami biologici con gli adottanti. Tale facoltà è e rimane riservata alle coppie coniugate.
La domanda si presenta al Tribunale dei minori e può riguardare esclusivamente bambini dichiarati dal Tribunale adottabili. Chi è adottabile?
Un bambino è adottabile quando:
– non è riconosciuto alla nascita
– è accertata dal Tribunale una situazione di continuativa privazione di assistenza da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi.
Acconto a questa facoltà sono previste altre forma di adozione particolare; tra cui quella all’art. 44 della legge sulle adozioni che prevede la facoltà di chiedere l’adozione del figlio dell’altro coniuge. Il presupposto di questa adottabilità è la mancanza del secondo genitore o il suo assenso. Esempio. Un uomo sposato con prole perde la moglie. Si risposa e la seconda moglie può presentare domanda di adozione del figlio del coniuge. Il ddl Cirinnà modifica questo articolo di legge allargando la facoltà riconosciuta a un coniuge anche a un componente dell’unione civile. Quindi, l’attuale norma diventerebbe che un minore è adottabile “dal coniuge «o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso» nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge «o dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso»”.
L’adozione di un bambino non dichiarato adottabile dal Tribunale può intervenire in particolari casi come quello citato all’art. 44 se c’è l’assenza del secondo genitore o il suo assenso. Non esiste un automatismo, non esiste l’ipotesi che arrivi uno e decide di adottare qualcuno. No, non funziona così. E’ necessario l’assenso dei genitori che hanno la responsabilità genitoriale e del coniuge, se convivente, dell’adottante. Continua a leggere