Riflessioni sul premio di maggioranza

Succede frequentemente di leggere sul premio di maggioranza contrapposte valutazioni, non sempre di immediata comprensione.

Per semplicità, segnalo questo intervento di Ceccanti, 3 Obiezioni agli argomenti di Onida sul Corsera, che mi sembra rappresentativo delle considerazioni più frequenti.

Quel che si definisce “premio di maggioranza” dovrebbe essere denominato “premio per avere la maggioranza” perché trasforma una maggioranza relativa in una maggioranza assoluta. L’unico premio di maggioranza che la nostra storia repubblicana conosca è quello previsto dalla legge elettorale del 1953, passata alla storia come “legge truffa”, che assegnava un premio a chi avesse ottenuto il 50%+1 dei voti validi. Il premio previsto dall’Italicum è invece, per tipologia, vicino a quello della legge Acerbo del 1923.

Il premio di maggioranza, come da noi concepito, rappresenta un unicum nei sistemi parlamentari: un premio in grado di garantire con assoluta certezza a una parte politica di avere il controllo della Camera ed esprimere il Governo, alla sola condizione che qualcuno voti.

Ceccanti ricorda la sentenza n. 275/2014 della Corte Costituzionale in cui si afferma la legittimità costituzionale della attribuzione del premio nelle elezioni amministrative per i comuni.

Il premio previsto per i comuni della provincia di Trento sopra i 3.000 abitanti, di ciò si occupa la richiamata sentenza, era stato contestato trasferendo sulla legge elettorale locale le argomentazioni espresse con sentenza n. 1/2014 della Consulta (quella relativa al “Porcellum”).

La Corte nella citata sentenza n. 275/2014 afferma che tale presupposto “non può essere condiviso, stante la netta diversità delle due discipline. La normativa statale oggetto della richiamata sentenza n. 1 del 2014 riguarda l’elezione delle assemblee legislative nazionali, espressive al livello più elevato della sovranità popolare in una forma di governo parlamentare. La legge regionale impugnata riguarda gli organi politico-amministrativi dei Comuni, e cioè il sindaco e il consiglio comunale, titolari di una limitata potestà di normazione secondaria e dotati ciascuno di una propria legittimazione elettorale diretta.

La legge locale serve a eleggere congiuntamente Esecutivo e Consiglio, la legge nazionale serve a eleggere l’assemblea legislativa, rappresentativa della sovranità popolare.

Non solo: “Questa Corte ha già affermato, con riferimento ad elezioni di tipo amministrativo, che le votazioni al primo e al secondo turno non sono comparabili ai fini dell’attribuzione del premio”.

Perché ignorare l’inciso “con riferimento ad elezioni di tipo amministrativo”? Non è una puntualizzazione irrilevante.

Non si può sovrapporre la normativa elettorale per il parlamento a quella per gli organi politico-amministrativi dei Comuni.

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