Etica e deriva

Ogniqualvolta si affronta un tema “eticamente sensibile” (pessima espressione: le persone sono eticamente sensibili e non i temi) subito si alza qualcuno che grida “rischio deriva”!

Perché si agita sempre il rischio deriva?

L’idea che si possa lasciare all’individuo la scelta di decidere su determinati trattamenti sanitari viene da alcune parti interpretato come “deriva eutanasica”, eppure ciò non succede in Francia, Spagna, Germania…

Se volgiamo lo sguardo al passato, era sempre lo spauracchio della “deriva dell’istituto matrimoniale” il cavallo di battaglia del fronte che si opponeva all’introduzione del divorzio: le vostre mogli vi abbandoneranno, si diceva da più parti.

In tempi più recenti, sempre questo spauracchio ha bloccato ogni ipotesi di riconoscimento legale delle “coppie di fatto” o del “matrimonio gay”… tutti vogliono metter su famiglia, eppure si grida che si vuole minare il fondamento della società. D’accordo, saranno forme di famiglia più colorite e meno ortodosse, ma non vedo attentato alla famiglia, anzi esplicito riconoscimento di quanto il diritto possa aiutare a consolidare legami affettivi, comunità di fatto, società naturale… contribuendo a far crescere il rispetto per l’individuo e la percezione dei diritti individuali e collettivi.

Allo stesso modo, è sempre lo spauracchio della “deriva dei valori morali” che frena nel dare diffusione alle conoscenze sessuali e alle metodiche contraccettive. E, per proseguire su questa strada, è sempre lo spauracchio della “deriva della società” che determina un autentico ostracismo a ogni ipotesi di lotta alla droga che non sia il solo caldeggiare repressione.

L’etica non si afferma con la Legge o con i Carabinieri ma con l’informazione, la cultura, il radicamento del principio di responsabilità, l’evangelizzazione per chi ha fede o è illuminato dalla fede.

Trasformare il peccato in reato è una logica che non può appartenere allo Stato laico e nemmeno a una organizzazione religiosa che abbia attenzione per l’uomo e l’etica.

La funzione della legge non può essere quella d’imporre un comportamento etico: l’etica presuppone libertà.

L’uomo è libero perché può scegliere il bene e il male.

Visione autoritaria e repressiva, eticamente fragile, quella che intende affermare la moralità non attraverso la persuasione e l’educazione ma con la proibizione, la paura, la legge e i carabinieri. Trasformare in reato quel che è considerato peccato.

Vedo molta miseria morale in chi afferma che il riconoscimento di un diritto sia un cavallo di troia per abbattere un pilastro della società cristiana!

Danni irreversibili del matrimonio

matrimonioDa tempo si discute della possibilità di interrompere “l’esperienza matrimoniale” recandosi da un notaio, almeno quando non si è in presenza di figli minori.

La proposta di poter accedere al divorzio dopo un anno di separazione, consensuale e in assenza di figli minorenni, è stata più volte affossata in Parlamento.

Ci hanno provato recentemente gli indomiti radicali con una raccolta di firme ma non è stato centrato l’obiettivo delle firme necessarie. Come si fa – se non si è radicali – ad aver fiducia nello strumento referendario?

Adesso però comincia a insinuarsi il sospetto che sia il matrimonio a determinare danni irreversibili.

Infatti, le persone sono ritenute adulte, mature e responsabili quando decidono di sposarsi ma diventano immature, infantili e irresponsabili quando decidono di divorziare.

Appare necessario, conseguentemente, correre ai ripari.

Sinora tre anni di separazione “giudiziale” sono stati un necessario minimo periodo di riflessione per i parolai dell’etica, per i premurosi legislatori sempre pronti a difendere la famiglia dai numerosi attacchi disgregatori che solo loro vedono dal momento che tutti – gay compresi – chiedono di poter metter su famiglia.

Il modello sociale “fatto di rapporti liquidi, eterei, destrutturati, da cui sia facile entrare e uscire a proprio piacimento” conduce alla “demolizione sistematica dei valori sui quali, fino a oggi, la nostra società si è sempre fondata”. “L’espansione senza limite dei diritti dell’individuo a scapito del rispetto di stringenti doveri non potrà che condurre ben presto il nostro paese alla dissoluzione e al caos completo”.

Per evitare tutto ciò è evidente che bisogna prevenire rendendo difficile l’entrata invece di ostacolare l’uscita.

Non solo tutte le ricerche dimostrano l’inutilità del periodo di separazione (stiamo intanto cautamente riferendoci alle separazioni consensuali e senza figli minorenni) ma si è giunti alla sola conclusione possibile: è il matrimonio che rende irresponsabili.

Ma come facciamo se il matrimonio è il fondamento della famiglia costituzionalmente alla base della nostra società e, in tanti casi, anche un sacramento?

L’unica soluzione possibile è rendere complessa l’entrata nel mondo del matrimonio piuttosto che rendere difficile l’uscita come sinora si fa.

Infatti, o le persone erano irresponsabili quando hanno contratto matrimonio o lo sono diventate con il matrimonio. Tertium non datur.

Mancano ancora ricerche inconfutabili che dimostrino la nocività del matrimonio per l’equilibrio psichico dei contraenti e, quindi, dobbiamo usare il necessario “principio di prudenza” al fine di tutelare il matrimonio, la famiglia e l’intera società che su essa si fonda. Pertanto, appare necessario introdurre l’obbligo di fidanzamento.

Nessuno può contrarre matrimonio senza aver concluso validamente un periodo minimo di cinque anni di fidanzamento ufficiale.

Mi sembra una proposta sensata per evitare la disgregazione della nostra società.

Introdurre per legge l’obbligo di fidanzamento mi sembra rispettoso di tutti i principi costituzionali e un necessario provvedimento per la tutela dell’interesse collettivo.

Tutti d’accordo?

Il valore degli affetti

Per il mondo cattolico e moderato italiano il rapporto affettivo tra un uomo (inteso come individuo del genere umano senza distinzione di sesso) e un gatto (indipendentemente dal sesso) vale più di quanto valga il rapporto tra due esseri umani, indipendentemente dall’assortimento di genere sessuale.

Mi spiego.

Se un uomo prende in casa un gatto, assume nei riguardi del felino precisi obblighi. In compenso, potrà scaricare dai redditi, nelle modalità e nei limiti previsti dalle norme fiscali, le spese veterinarie sostenute nell’interesse del felino amico. D’altra parte, il gatto non ha fonti proprie di reddito e non è nemmeno certo che abbia liberamente scelto il partner umano. Ciò vale senza che abbia rilevanza la differenza di sesso tra uomo e gatto. Continua a leggere