E’ vero: il quesito del referendum greco è meno limpido di quanto sembri dalla lettura del quesito stesso.
E ciascuno si esercita con interpretazioni di comodo, sino a spingersi a considerarlo un referendum tra Euro e Dracma.
Se il referendum non è chiaro, è chiarissimo il contenitore: hanno Commissione Europea, BCE e FMI il diritto di dire come i greci debbano raggiungere un obiettivo?
E sorvoliamo sulla correttezza dell’obiettivo posto e sulla estraneità del FMI rispetto alle logiche dell’Unione Europea.
Questo è il contenitore del Referendum, a prescindere da qualsiasi specifico contenuto.
L’Unione Europea sta riducendo tutto alla dimensione finanziaria, dimenticando gli interessi europei, compresi gli interessi geo-politici, e soprattutto dimenticando che la diagnosi di questi anni è stata sbagliata, provocando un peggioramento della situazione.
In questi anni di terapia intensa il personale pubblico è diminuito del 26%, stipendi e pensioni sono diminuite considerevolmente, i servizi primari, a partire dalla sanità, sono stati ridimensionati e adesso molti greci sono senza assistenza sanitaria… e grazie a tutto ciò il debito pubblico è aumentato di circa il 50% e il PIL è diminuito del 25%.
I cuochi europei hanno preparato pessime ricette, però hanno la pretesa di indicare cosa fare e come farlo a prescindere dalla volontà del popolo greco e del legittimo Governo greco.
Si dimentica che l’Unione Europea non è una Federazione.
Nella realtà, non c’è più la vecchia sovranità nazionale, ma non c’è un nuovo equilibrio in cui si componga la vecchia logica nazionale con una nuova dimensione sovranazionale.
Non c’è un progetto politico, non c’è un progetto federalista, non c’è la sovranità nazionale, ma c’è qualcuno che dice cosa un Paese ancora sovrano deve fare.
Non chiedono garanzie, ma quelle precise garanzie; non chiedono precisi obiettivi, ma vogliono che siano raggiunti in quel determinato modo.
Nel riflettere intorno a questo referendum, sembra che sfugga a tanti commentatori che nessuno può chiedere a un Governo di sottoscrivere l’impegno di attuare determinate riforme poiché queste riforme devono essere approvate dal parlamento.
Perché anche la Grecia è una democrazia parlamentare.
E questo è un dato di realtà, che non dovrebbe sfuggire ad alcun cittadino democratico.
Le riforme richieste necessitano di approvazione parlamentare che Tsipras non può garantire perché ha una maggioranza risicata e parte del suo partito non approva queste riforme.
In queste condizioni il passaggio referendario è una scelta onesta e coraggiosa.
Se i greci approveranno le misure richieste dalla Troika, sarà dal popolo direttamente legittimata l’ingerenza sulle scelte nazionali da parte di organismi extra-nazionali e nessuno potrà dire che il governo ha svenduto la sovranità nazionale. Si prenderà atto che il governo e il parlamento greco dovranno essere esecutori delle decisioni prese altrove. Tsipras probabilmente si dimetterà o allargherà la maggioranza per fare ciò che il popolo chiede che si faccia: accettare le scelte indicate dalla Troika.
Se i greci respingeranno le riforme decise dalla Troika, allora Tsipras avrà più forza per intraprendere una strada buia dagli esiti incerti.
Le ricette della Troika non solo non sono efficienti per la soluzione del problema, perché sono misure depressive, ma colpiscono soprattutto i ceti più deboli.
Certo, scegliendo il SI i greci si assicurano un po’ di ossigeno, ma sarà sempre la Troika a tenere saldamente in mano l’erogatore. Sono anche consapevoli che il SI non significa tirare al cinghia per poi vedere la luce, ma tirarla per poi continuare a tirarla… perché non c’è un piano per il rilancio dell’economia. La necessità è aumentare la capacità di produrre ricchezza. La crisi greca non era una crisi di liquidità, ma di solvibilità.
I morti non pagano i debiti e la prima regola del bravo creditore e assicurare buona salute al debitore.
La scelta posta dal referendum è quindi tra due tunnel di cui non si vede l’uscita.
Il tunnel SI significa tirare la cinghia per avere un po’ di ossigeno, ma l’erogatore resta saldamente in mano alla Troika.
Il tunnel NO significa affrontare un percorso ad ostacoli che probabilmente porterà la Grecia fuori dall’euro e lungo il quale l’Europa sarà un avversario poco clemente.
In tutto ciò, una sola certezza: sono stati spesi malissimo questi sei anni di crisi e sono stati commessi tanti errori che portano a dubitare sulla bontà della diagnosi e della conseguente cura.
E una domanda: che Europa vogliamo?
Anche la lettura che vorrebbe attribuire alla rigidità della Germania tutta la responsabilità di questo esito referendario non aiuta comprendere.
La Germania non vuole aiutare la Grecia, dicono in tanti.
Tasche vuote e arsenali pieni, ci ricorda l’Unità, dimenticando le forze armate italiane che contano 92.000 ufficiali e sottufficiali per una truppa di appena 81.000 addetti.
Perché non lasciamo a casa la metà degli ufficiali e sottufficiali? Rispetto alla truppa abbiamo un numero di generali 5 volte superiore a quello degli USA.
L’obiettivo non è non aiutare la Grecia, ma smontare o far regredire la costruzione europea perché gli attuali governi, come i precedenti, non hanno la forza di rilanciare il progetto dell’unione politica europea e perché non sanno come contrastare i nazionalismi diffusi ovunque. Così il progetto dell’unione politica europea è fermo al palo da oltre 10 anni.
Per smontare l’Europa, senza farlo apparire come un trionfo dei movimenti nazionalisti e anti-euro, bisogna avere un capro espiatorio su cui riversare la responsabilità.
Tsipras è perfetto in questo ruolo… e un po’ gli piace.
Finiamola con i risentimenti anti-tedeschi: Renzi e Hollande, Italia e Francia non sono meglio.
Basta leggere cosa scrivono i giornali… dimenticandosi come la destra berlusconiana starnazzava ai tempi dei diktat all’Italia. E la sinistra non si univa a chi starnazzava solo per cavalcare elettoralmente il discredito berlusconiano, ma non apprezzavano le letterine delle befane europee.
E se chiedessero a noi di intervenire su IVA e pensioni e dipendenti pubblici?
Sull’IVA abbiamo un indice peggiore della Grecia.
Il criterio europeo è il confronto tra IVA potenziale e IVA realmente incassata.
A causa delle esenzioni e delle aliquote ridotte la Grecia incassa poco rispetto a quanto potrebbe incassare, se fosse in vigore la sola aliquota ordinaria.
Lo stesso vale per l’Italia, che anzi ha un indice peggiore della Grecia.
Per le pensioni spendiamo diversi punti di PIL più della media europea… Non possiamo permetterci queste pensioni con il nostro debito. Un taglio secco del 20% ci sta tutto; più alto se non tocchiamo le pensioni sotto i 1.000 euro e quelle di invalidità.
Per non parlare della spesa per il personale pubblico. Dovremmo tagliare almeno il 15%.
Vorrei vedere cosa direbbero i politicazzi e i reggimicrofono nostrani se domani arrivassero queste proposte per l’Italia.
Qualcuno dice che l’Italia non è la Grecia… ed è vero.
Però il PIL italiano è inchiodato, da tempo abbiamo un indice di crescita pari a 0 o quasi, in ogni caso tra i più bassi d’Europa, mentre il nostro debito è stabile o in crescita. Non si può certo dire che stiamo riducendo il debito…
Se riduciamo tutto a un livello finanziario, è la fine della costruzione europea come oggi è intesa e si fa il gioco dei movimenti nazionalisti e anti-euro.
Se invece vogliamo salvare l’Europa, perché nessuno ha un futuro se si torna indietro, allora va con coraggio rilanciato il progetto dell’unione politica europea: gli Stati Uniti d’Europa.
ll referendum serve a mettere l’Europa intera di fronte alla responsabilità di tirare troppo la corda e ridurre tutto al livello finanziario.
Gli organismi UE e internazionali non possono dire a un Governo sovrano come e cosa devono fare. Possono essere condivisi gli obiettivi, ma spetta a ogni Paese decidere come raggiungerli. Se i greci vorranno farsi dire cosa devono fare, allora accettino esplicitamente le condizioni della Troika.
Se in Europa non capiranno questo indiscutibile significato è perché stanno pensando a come sfasciare l’Europa usando la Grecia come vittima sacrificale.
Perché?
Perché i governi europei sono esageratamente incapaci, da Renzi a Merkel, la migliore tra i pessimi, di rilanciare il progetto dell’unione politica europea e sono troppo deficienti sul piano culturale e politico per comprendere che i nazionalismi fascio-nazisti e razzisti li stanno alimentando loro con la loro incapacità politica, culturale e progettuale.
Il parlamento europeo è muto, è sordo, è cieco… sembra il simbolo dell’omertà.
Mai assemblea popolare ha dato una così forte rappresentazione plastica della propria inutilità.
D’altra parte il parlamento europeo è l’espressione dei partiti politici che da tempo hanno perso il proprio ruolo come luogo di elaborazione politica e culturale.
La commissione europea non sa andare oltre la visione dei bottegai, mi ricordano i ragionieri delle famiglie mafiose.
La BCE sta tentando un ruolo alto e sta assumendo un profilo politico, sta interpretando un ruolo federale in un mondo che federato non è… ma non può supplire il forte deficit politico.
Il FMI doveva essere tenuto fuori o l’unico interlocutore del FMI doveva essere la CE e le linee di credito andavano aperte alla CE con garanzia della BCE. Poi la CE decideva come e a che condizioni utilizzare i crediti concessi.
Se siamo a questo punto è probabilmente per un preciso disegno politico dei governi europei, e se non c’è un disegno politico che utilizza gli strumenti della finanza per realizzarsi… allora siamo in mano a una banda di imbecilli perché in questi anni le hanno sbagliate tutte. L’unica sufficienza la merita la BCE di Draghi che sta pompando denaro per guadagnare tempo prezioso, ma se i governi europei continueranno a cincischiare come stanno facendo, il tempo scadrà e ci troveremo con un debito più alto quando la BCE cesserà di pompare denaro.
In ogni caso, Cina e Russia stanno aspettando gli esiti, pronti a prendersi cura della Grecia e del Mediterraneo.