Omofobia?

omofobia

Per la prima volta in un progetto di legge italiano passa il termine “omofobia”; vedremo se la norma diventerà legge.

Mi riferisco alla revisione della Legge Mancino (L. n. 205 del 25/06/93) che punisce l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; se sarà approvata definitivamente la nuova formulazione della norma, punirà anche i comportamenti fondati sull’omofobia o transfobia.

Un passo avanti ma ho molte perplessità che derivano dalla complessità del nostro sistema giuridico e dalla scarsa attitudine dei parlamentari a occuparsi di diritti delle persone.

Il primo dubbio sorge dall’approvazione di un emendamento che esclude dalla punibilità “la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee… purché non istighino all’odio o alla violenza… assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, ovvero di religione o di culto”.

Non mi risulta chiaro come si concilia questo emendamento con la previsione della legge Mancino che punisce “il solo fatto della partecipazione” a associazioni che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Già mi suscitano perplessità le elencazioni quando discutiamo di reati; se un atto, un comportamento è un reato, le motivazioni possono essere delle aggravanti. Incitare a lanciare sassi da un cavalcavia o sparare sulla folla per il puro gusto di uccidere ma senza alcuna finalità razziale è meno grave della istigazione alla violenza per motivi razziali? Continua a leggere

Danni irreversibili del matrimonio

matrimonioDa tempo si discute della possibilità di interrompere “l’esperienza matrimoniale” recandosi da un notaio, almeno quando non si è in presenza di figli minori.

La proposta di poter accedere al divorzio dopo un anno di separazione, consensuale e in assenza di figli minorenni, è stata più volte affossata in Parlamento.

Ci hanno provato recentemente gli indomiti radicali con una raccolta di firme ma non è stato centrato l’obiettivo delle firme necessarie. Come si fa – se non si è radicali – ad aver fiducia nello strumento referendario?

Adesso però comincia a insinuarsi il sospetto che sia il matrimonio a determinare danni irreversibili.

Infatti, le persone sono ritenute adulte, mature e responsabili quando decidono di sposarsi ma diventano immature, infantili e irresponsabili quando decidono di divorziare.

Appare necessario, conseguentemente, correre ai ripari.

Sinora tre anni di separazione “giudiziale” sono stati un necessario minimo periodo di riflessione per i parolai dell’etica, per i premurosi legislatori sempre pronti a difendere la famiglia dai numerosi attacchi disgregatori che solo loro vedono dal momento che tutti – gay compresi – chiedono di poter metter su famiglia.

Il modello sociale “fatto di rapporti liquidi, eterei, destrutturati, da cui sia facile entrare e uscire a proprio piacimento” conduce alla “demolizione sistematica dei valori sui quali, fino a oggi, la nostra società si è sempre fondata”. “L’espansione senza limite dei diritti dell’individuo a scapito del rispetto di stringenti doveri non potrà che condurre ben presto il nostro paese alla dissoluzione e al caos completo”.

Per evitare tutto ciò è evidente che bisogna prevenire rendendo difficile l’entrata invece di ostacolare l’uscita.

Non solo tutte le ricerche dimostrano l’inutilità del periodo di separazione (stiamo intanto cautamente riferendoci alle separazioni consensuali e senza figli minorenni) ma si è giunti alla sola conclusione possibile: è il matrimonio che rende irresponsabili.

Ma come facciamo se il matrimonio è il fondamento della famiglia costituzionalmente alla base della nostra società e, in tanti casi, anche un sacramento?

L’unica soluzione possibile è rendere complessa l’entrata nel mondo del matrimonio piuttosto che rendere difficile l’uscita come sinora si fa.

Infatti, o le persone erano irresponsabili quando hanno contratto matrimonio o lo sono diventate con il matrimonio. Tertium non datur.

Mancano ancora ricerche inconfutabili che dimostrino la nocività del matrimonio per l’equilibrio psichico dei contraenti e, quindi, dobbiamo usare il necessario “principio di prudenza” al fine di tutelare il matrimonio, la famiglia e l’intera società che su essa si fonda. Pertanto, appare necessario introdurre l’obbligo di fidanzamento.

Nessuno può contrarre matrimonio senza aver concluso validamente un periodo minimo di cinque anni di fidanzamento ufficiale.

Mi sembra una proposta sensata per evitare la disgregazione della nostra società.

Introdurre per legge l’obbligo di fidanzamento mi sembra rispettoso di tutti i principi costituzionali e un necessario provvedimento per la tutela dell’interesse collettivo.

Tutti d’accordo?

Non uccidere! Perché?

cappio2Al comandamento “non uccidere” rispondo chiedendo PERCHE’!? Se non troverò risposte adeguate considererò l’omicidio una opzione possibile.

E’ morto Priebke e si sprecano i commenti che vanno da “avrebbero dovuto impiccarlo in vita” a quelli meno viscerali di Ignazio Marino e Nichi Vendola.

Ignazio Marino ‏@ignaziomarino Gli uffici del Campidoglio stanno verificando se c’è la possibilità di negare una sepoltura. La tomba di Priebke a Roma sarebbe un’offesa.

Nichi Vendola ‏@NichiVendola impedire che funerali #Priebke si trasformino in apologia crimine che accompagnerà per sempre come un’ombra la memoria di questo carnefice

Da persone colte e intelligenti come Nichi Vendola e Ignazio Marino mi aspettavo riflessioni meno di pancia e minor propensione a rincorrere un pensiero retrogrado e un tantino violento. Continua a leggere

Perché Letta sbaglia

In queste condizioni (economiche, sociali e istituzionali) e con questa legge elettorale è assurdo andare a elezioni anticipate: altissima la probabilità che l’impasse si rafforzi.

Non aver provveduto a varare una nuova legge elettorale che superasse l’infamia costituzionale del Porcellum è stato un grave e imperdonabile errore (anche) di questo Esecutivo e di questo Parlamento.

Per non andare in queste condizioni a elezioni anticipate è sufficiente non sciogliere le Camere e ciò è possibile poiché spetta per Costituzione al Parlamento eleggere il Governo e non al “popolo sovrano” che si limita a eleggere il Parlamento, ma non i Parlamentari, indicati e scelti dai Partiti. Non c’è quindi alcuna ragione che il Presidente della Repubblica assecondi le bizze isteriche e istrioniche dei rappresentanti di partito così poco propensi a fare il dovere per il quale si sono proposti: è compito dei parlamentari dare un governo al Paese.

Il Parlamento verrebbe meno al proprio dovere costituzionale se non trovasse l’intelligenza, la capacità, la responsabilità di fare il proprio dovere individuando un comun denominatore tra le forze politiche per portare il Paese fuori dalla palude.

Se tornassimo a votare, con questo sistema elettorale e istituzionale e con questo personale partitico, si potrebbe ricreare la stessa attuale situazione e mi sembra chiaro che non si può votare all’infinito…

Tutto ciò premesso, Letta sta sbagliando nella gestione di questa crisi che più che essere politica è prova di infantilismo della maggioranza dei parlamentari.

Le dimissioni di alcuni ministri non comportano, né sul piano politico né su quello costituzionale, una nuova richiesta di fiducia parlamentare: i ministri sono sostituibili; nel caso, è il Parlamento che deve attivarsi per sfiduciare il Governo.

I ministri possono per Costituzione essere estranei al Parlamento e ai partiti. Le dimissioni dei ministri non autorizzano a concludere che l’eventuale partito di provenienza dei ministri abbia revocato la fiducia al Governo; dovrebbe essere questo partito a presentare una mozione di sfiducia, nel caso; e non dimentichiamo che la fiducia è individuale e non di gruppo o di partito. .. sempre in termini costituzionali

Poi c’è la prassi che fa carta straccia della Costituzione ma questa è altra storia.

Quindi, se consideriamo le modalità e le motivazioni delle dimissioni abbiamo ancora più forza per risolvere il problema con la nomina di altri ministri.

Per quale motivo allora chiedere la fiducia ?

Trovare un po’ di dissidenti? Ottimo obiettivo anche per comprendere fino a che punto un intero partito è appiattito sugli interessi di un singolo, fosse pure il “capo“. Anche per questo obiettivo non guasta un po’ di strategia e di rispetto rigoroso delle norme costituzionali.

Sia come sia Letta ha scelto di chiedere la fiducia e ha deciso di iniziare dal Senato e sarà importante che si presenti anche alla Camera dei Deputati, a prescindere dal risultato che otterrà al Senato. Da questo punto di vista avrebbe fatto meglio a scegliere di iniziare dalla Camera dove la fiducia è abbastanza certa.

Al Senato il Governo potrebbe raggiungere l’obiettivo di ottenere la fiducia o potrebbe non averla, esito probabile. In questa seconda ipotesi il Presidente della Repubblica potrebbe - e a mio avviso dovrebbe - sciogliere il solo Senato, nel pieno e rigoroso rispetto della Costituzione e dell’interesse del Paese.

Infatti, pur con questa mefitica legge elettorale, se avendo una maggioranza già costituita alla Camera si votasse per l’elezione del Senato avremmo eliminato una serie di scenari possibili che si verificherebbero se si andasse alle elezioni dell’intero Parlamento. Il corpo elettorale nell’angusta e desolante partecipazione al “rito democratico” si troverebbe di fronte a una scelta chiara e risolutiva.

Ragionevole attendersi una campagna elettorale all’insegna della concretezza perché si parte sapendo che o si conferma la maggioranza che c’è alla Camera, o in ogni caso si trova con questa maggioranza un terreno di incontro, oppure saremo destinati a proseguire in questa situazione di logorante stallo.

Un briciolo di responsabilità da parte di pochi sarebbe sufficiente per delineare questo terreno d’incontro nel corso della campagna elettorale, per scongiurare il rischio che si ricrei una situazione d’impasse.

In altre parole, se si votasse per il solo Senato i partiti dovrebbero indicare i fronti comuni con il PD sui quali sarebbero disposti a collaborare. Se qualche forza politica escluderà ogni ipotesi di collaborazione con il PD sarà ovviamente libera di scegliere questa strada ma nella consapevolezza che se prevalesse ci porterebbe a proseguire nella instabilità e ingovernabilità.

A questo punto saranno gli elettori a decidere se proseguire nella instabilità dando in prevalenza credito a chi rifiuta ogni tipo di collaborazione programmatica con chi ha già la maggioranza in una camera parlamentare o dare il potere necessario a chi ha i numeri per governare o a un progetto di collaborazione tra forze politiche già definite.

Nel caso non venisse fuori un risultato chiaro che consenta a una parte politica o a un insieme di forze di assumersi la responsabilità di governo sarebbe in ogni caso evidente la necessità di un accordo tra parti politiche per trovare una soluzione idonea.

Sciogliendo il solo Senato daremmo, quindi, più forza all’Italia e più opportunità per uscire dal pantano.

Speriamo che, nel caso Letta non dovesse ottenere la fiducia al Senato, il Presidente della Repubblica non commetta l’errore del suo predecessore, quando nel 2008 sciolse le camere…