Siamo in tanti a ritenere che la legge elettorale vigente presenti evidenti elementi d’incostituzionalità, al punto che – considerata l’inerzia del Parlamento – alcuni elettori ed elettrici ancora una volta ricorrono al ricorso giudiziario affinché sia ripristinato il diritto costituzionale di scegliere i propri rappresentanti.
Sorprende che in un’ordinanza di rigetto del ricorso per la verifica di costituzionalità di alcune norme della vigente legge elettorale, nello specifico l’ordinanza del 20/03/2021 del Tribunale di Roma N.R.G. 30246/2019, si legga che il trasferimento del voto dal candidato uninominale alla lista proporzionale e viceversa sia “coerente con la manifestazione di volontà dell’elettore”?
Quale ragionamento e dato oggettivo consente di affermare che chi ha apposto un segno su una lista plurinominale voglia dare il suo voto anche al candidato uninominale collegato?
Si tratta di una presunzione d’interpretazione della volontà dell’elettore. Presunzione priva di qualsiasi pregio logico e giuridico.
Che poi nella stessa Ordinanza si rigettino le argomentazioni di censura del voto congiunto obbligatorio ricorrendo alla motivazione che analogo meccanismo era “già previsto dalla cd legge Mattarella del 1993 per l’elezione del Senato; in ambedue i casi il voto va al candidato uninominale che alla lista” … lascia semplicemente sbigottiti per almeno due motivi.
1) La legge n. 276/1993 per l’elezione del Senato non ha mai superato la verifica di costituzionalità; usare questa legge per affermare che altra legge è costituzionale significa negare la possibilità stessa di verifica della legittimità costituzionale di una legge poiché una legge non sarà mai incostituzionale se altra legge con disposizioni similari non è stata oggetto di censure costituzionali. Siamo al grottesco. Una legge si presume costituzionale fino a prova contraria, ma la presunzione di costituzionalità di una legge non sottoposta a verifica non può certificare la costituzionalità di altra legge. E’ un principio logico così evidente che sorprende doversene occupare.
2) Il meccanismo di elezione del Senato previsto dalla legge 276/1993 è completamente diverso dal meccanismo previsto dalla legge vigente, la n. 165/2017 modificata con legge n. 51/2019.
I due sistemi di elezione sono incomparabili!
La cosiddetta legge Mattarella prevedeva che in ciascuna Regione ci fosse un numero di collegi uninominali uguale al numero dei senatori da eleggere col metodo maggioritario, mentre la quota residua dei seggi era assegnata con metodo proporzionale utilizzando i voti dati nella circoscrizione ai candidati che risultavano non eletti. Il meccanismo elettorale si basava sul dato ovvio che in ogni collegio ci sarebbe stato un eletto e uno o più perdenti. Il meccanismo prevedeva di sommare tutti i voti dei candidati perdenti di ciascuna lista e assegnare i seggi residui tra questi candidati con metodo proporzionale. Non c’era quindi alcun trasferimento di voto dal candidato uninominale a una lista collegata. I candidati eletti nella quota proporzionale erano espressamente e direttamente votati nei collegi in cui altri avevano avuto la maggioranza relativa dei voti.
Il sistema elettorale vigente, invece, obbliga l’elettore a votare congiuntamente il candidato uninominale di collegio e le liste plurinominali collegate. Ciò comporta che quando l’elettore vota SOLO il candidato uninominale il suo voto è automaticamente trasferito alle liste plurinominali collegate in proporzione a come gli altri elettori hanno votato le liste plurinominali. L’effetto del suo voto è quindi in parte deciso dagli altri elettori. Se vota anche una lista plurinominale, non può scegliere tra i candidati in lista e potrebbe contribuire a eleggere candidati di altri collegi. Se l’elettore vota SOLO una lista plurinominale, il suo voto è automaticamente trasferito al candidato uninominale, che magari l’elettore non apprezza, visto che non lo vota espressamente.
Questi meccanismi sono palesemente IN VIOLAZIONE DEI PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA DEL VOTO, sancito dalla Costituzione all’art. 48, DEL VOTO DIRETTO di cui agli articoli 56 e 58 della Costituzione, e compromettono la libertà stessa del voto perché la volontà dell’elettore è sistematicamente e premeditatamente violata.
Se un elettore non gradisce il candidato uninominale, deve necessariamente scegliere tra NON VOTARE o votare comunque il candidato sgradito o scegliere di votare il candidato di altro fronte politico di cui non apprezza i programmi.
Inoltre, l’elettore che vota un partito coalizzato rischia di rafforzare gli altri partiti della coalizione nel caso il partito votato superi l’1% dei consensi ma non il 3%. Infatti, la lista che non supera il 3%, non concorre all’assegnazione dei seggi ma quei consensi concorrono a determinare la cifra elettorale della coalizione e conseguentemente a determinare la quantità di seggi spettanti alla coalizione. Seggi che saranno distribuiti tra le sole liste che hanno superato il 3%.
Sebbene la legge elettorale vigente non preveda un capo politico di coalizione e nemmeno un programma di coalizione, anzi prevede l’opposto, un elettore che vorrebbe dare forza a una componente della coalizione rischia di rafforzare le altre componenti. Immaginate di tornare ai tempi della cosiddetta Prima Repubblica, immaginate che ci sia la coalizione Centrista; vi pare ragionevole e rispettoso della volontà di un elettore che il voto dato al PLI possa rafforzare la DC perché il PLI non raggiunge il 3%? L’elettore che vota PLI vuole rafforzare la componente liberale della coalizione e non quella democristiana.
La circostanza che l’elettore non sa quale sarà l’effetto del suo voto, lede la stessa libertà di voto. Un elettore può accettare che il suo voto vada disperso per mancanza di raggiungimento del quorum naturale o per mancato superamento della soglia di sbarramento, ma non è accettabile che il suo voto vada ad altri partiti che non ha votato.
Sorprende che a queste argomentazioni si risponda affermando che è infondata la tesi dell’illegittimità costituzionale del voto congiunto obbligatorio e il connesso meccanismo del trasferimento del voto.
La libertà di voto si tutela anche prevedendo un sistema di voto chiaro, semplice e comprensibile.
Quanti elettori di “Noi con l’Italia UDC” sanno che nel 2018 col loro voto hanno rafforzato la Lega?
Quanti elettori di “+Europa” sanno di aver rafforzato il PD?
La nostra Costituzione lascia ampio margine di manovra al legislatore in materia elettorale, ma il voto deve essere personale, eguale, libero, segreto e diretto. Adesso il voto non è libero, non è eguale, non è diretto!
Ancora una volta si pone un interrogativo: su questioni che attengono direttamente ai diritti costituzionali e a materie solitamente estranee ai Tribunali ordinari, non sarebbe più efficace prevedere l’accesso diretto alla Corte Costituzionale?