Superando le tifoserie tra berlusconiani e anti-berlusconiani dovremmo riflettere sul significato della proposta finalizzata a dichiarare la ineleggibilità di Berlusconi. L’uomo è in Parlamento dal 1994 e la legge è del 1957. Il tema è stato affrontato e chi doveva decidere ha deciso per l’eleggibilità. Oggi il tema si ripropone e si afferma che ci sono più probabilità di spuntarla perché “sono cambiati gli equilibri politici” (Padellaro, 15 marzo 2013 alla trasmissione Zeta).
In effetti, che cosa è cambiato rispetto all’applicazione della legge? E’ cambiato il clima politico.
Ciò significa che LO STATO DI DIRITTO e IL SENSO DI LEGALITA’ dipendono da un equilibrio politico, vale a dire NON ESISTONO.
Il tema da porre, ben più importante di Berlusconi (prodotto dei problemi italiani che ha contribuito a rafforzare ma non causa degli stessi), è dunque CHI deve valutare la ELEGGIBILITA’ di un parlamentare poiché con evidenza la Giunta che se ne occupa risulta totalmente inadeguata perché opera non in forza di diritto ma in forza di equilibri politici. Ovvero, interessi di parte.
Se oggi il comitato chiamato a decidere sulla eleggibilità di Berlusconi dovesse prendere una decisione diversa rispetto al passato confermerebbe che non ci sono quegli elementi di certezza già dal 1972 richiesti dalla Corte Costituzionale. In più, confermerebbe l’inadeguatezza di un organo politico a DECIDERE su questioni di diritto.
In altre parole, andiamo oltre il caso in sé e interroghiamoci sulla necessità di cambiare la normativa per affidare a un organo terzo rispetto al Parlamento la valutazione di ineleggibilità. Detto ciò sono convinto che sia stata data sinora una interpretazione cavillosa e non sostanzialista della legge del 1957: Berlusconi non doveva essere dichiarato eleggibile.