Difendere il lavoro significa difendere i lavoratori, la totalità dei lavoratori. Spesso le associazioni sindacali usano un linguaggio universalista ma agiscono in realtà per interessi particolari: gli interessi dei loro iscritti. Ogni volta che si parla di parti sociali si dimentica che ci sono molte parti sociali che non sono rappresentate: i disoccupati, i giovani, le casalinghe. Si prendono sempre decisioni che riguardano il futuro delle parti assenti: le future generazioni di lavoratori che dovranno dare di più per avere meno, perché i lavoratori di ieri e quelli di adesso possano avere ciò che le future generazioni non avranno mai. Come se non bastasse, si distingue tra lavoratore e lavoratore, criminalizzando spesso il lavoratore autonomo come evasore tout court.
Prendiamo un artigiano imbianchino. Paga i contributi, lavora, fattura, paga le tasse, qualche volta non fattura ed evade. Risultato è un criminale perché evade e deruba tutti noi. Vero, giusto. Demerito all’imbianchino che evade. Prendiamo l’operaio che con fatica arriva a fine mese e mantiene la famiglia; così fa un secondo lavoro, per esempio l’imbianchino. Tutti noi abbiamo avuto esperienza di una situazione di questo tipo e lo sanno bene anche i sindacalisti. Questo nostro operaio ha un guadagno extra, ovviamente in nero, sul quale non paga le tasse, ma c’è di più. Questo operaio fa concorrenza sleale all’artigiano imbianchino sia a quello onesto che paga le tasse sia a quello che evade più o meno allegramente. Che differenza c’è tra i due lavoratori?
La differenza è semplice. L’artigiano non ha alcuna tutela, l’operaio imbianchino abusivo ha delle tutele. Il doppio-lavorista certamente evade, l’artigiano non è detto che sempre sia un evasore. Eppure il primo è dipinto come una vittima del fisco opprimente e degli evasori; l’artigiano è spesso criminalizzato senza alcuna pietà.
Ho scritto di operaio ma potrei riferirmi al postino, ferroviere, collaboratore ecologico, bidello, insegnante… che come secondo lavoro fanno l’imbianchino, il giardiniere, l’idraulico, l’elettricista, il muratore, il falegname, il piastrellista, l’insegnante, il venditore…
Se l’artigiano si ammala, non ha tutele ma può contare su due dita negli occhi; l’operaio se si ammala ha ancora, giustamente, qualche tutela e se ha un medico compiacente e un lavoretto che però deve concludere in fretta, magari si mette in malattia per dedicare un paio di giorni a tempo pieno al suo secondo lavoro in nero.
Come possiamo sul piano fiscale e contributivo equiparare due figure di lavoratore così profondamente diverse e con diritti e tutele così differenti? Quando comprenderemo che il lavoro va difeso a prescindere dal tipo di inquadramento giuridico del lavoratore?
Se cominceremo a ragionare con aderenza alla realtà forse supereremo l’eterna guerra tra poveri e riusciremo a realizzare un sistema più equo e giusto.