Il nostro sistema previdenziale è intricato; muoversi in questo mondo è come vagare nella giungla con gli infradito. Era il 2007 quando Giuliano Amato scrisse un interessante saggio, dal titolo “Il gioco delle pensioni, rien ne va plus?”, in cui indicava alcune riforme non più rinviabili. Bisognerà attendere Elsa Fornero, a fine 2011, per attuare alcune modifiche al sistema previdenziale che sarebbero state già ovvie e giuste nel 1995 (governo Dini), e che negli anni non fecero i pessimi Treu, Bassolino, Salvi, Maroni, Damiano e Sacconi, troppo occupati a difendere l’elettorato di riferimento.
L’art. 38 della Costituzione prevede un trattamento economico previdenziale per le situazioni di bisogno indicate dalle leggi dello Stato. Il comma 2 del citato articolo recita “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
Le leggi dello Stato prevedono il versamento obbligatorio di contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro che, integrati con altri trasferimenti di risorse fiscali dal bilancio statale, consentono di erogare agli aventi diritto una prestazione economica pensionistica.
La chiamano solidarietà intergenerazionale; ma in realtà non è mai esistito alcun patto intergenerazionale sulle pensioni per la semplice incontestabile realtà che ogni patto è stato siglato solo da chi rappresenta una parte dei lavoratori ed ex-lavoratori; mai sono state coinvolte (neanche nei pensieri) le generazioni sulle quali sarebbero ricaduti gli oneri derivanti dalle scelte in materia pensionistica. Continua a leggere