Ma che bel Senato dirondiro dirondello

Cominciano a scaldarsi le squadre che scenderanno in campo per il referendum confermativo sulla riforma costituzionale, il ddl Renzi-Boschi.

La partita si annuncia carica di attese politiche, per volontà dello stesso Renzi che ripetutamente ha dichiarato di giocarsi tutto.

Peccato. Un Governo non dovrebbe intestarsi la riforma costituzionale come fosse un qualsiasi provvedimento di politica contingente.

I sostenitori della Riforma utilizzano alcune tesine come leitmotiv: Continua a leggere

I Partiti e la democrazia

Se si parla di moralizzare la vita pubblica, il primo e il più importante provvedimento deve essere quello di togliere la grave accusa diretta ai partiti e ai candidati dell’uso indebito del denaro per la propaganda elettorale. Il problema è più largo di quel che non sia la spesa elettorale; noi abbiamo oramai una struttura partitica le cui spese aumentano di anno in anno in maniera tale da superare ogni immaginazione. (…) Quando entrate e spese sono circondate dal segreto della loro provenienza e della loro destinazione, la corruzione diviene impunita; manca la sanzione morale della pubblica opinione; manca quella legale del magistrato; si diffonde nel paese il senso di sfiducia nel sistema parlamentare. Ecco i motivi fondamentali che rendono urgenti i provvedimenti da me proposti circa i finanziamenti e le spese dei partiti nel loro funzionamento normale; dei partiti e dei candidati nelle elezioni politiche e amministrative.
Per ottenere questi scopi di pubblica moralizzazione, occorre anzitutto affrontare il problema giuridico della figura e dell’attività dei partiti.

Luigi-SturzoCosì scriveva il senatore a vita Luigi Sturzo nel 1958 presentando il progetto  “Disposizioni riguardanti i partiti politici e i candidati alle elezioni politiche e amministrative“.

Siamo nel 1958, quindi oltre un decennio dopo le analoghe questioni poste in Assemblea Costituente e prima ancora lucidamente esposte nel “progetto Mortati”… quando ancora c’era la monarchia e molti anni prima della famosa “questione morale” posta da Enrico Berlinguer, nella celebre intervista a Scalfari.

Il tema della democrazia è da sempre intrinsecamente connesso con il ruolo e la natura dei Partiti: non può esservi democrazia se non sono democratici i partiti politici, sosterrà appassionatamente Calamandrei in Assemblea Costituente.

Rimase inascoltato e a breve si svilupperanno tutte quelle tendenze che daranno vita al nuovo autoritarismo partitico che Maranini definì “partitocrazia”.

Invano si discuterà di regolamentazione dei partiti in occasione dell’approvazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti (1974) e in Commissione Bicamerale per le Riforme Istituzionali (la cosiddetta Commissione Bozzi, 1983-1985) e via via nelle successive legislature, con progetti di ogni colore politico,  sino a quella attuale senza mai giungere a un risultato. Continua a leggere

Ossimoro costituzionale

moroQuando si dice che la famiglia è una società naturale, non ci si deve riferire immediatamente al vincolo sacramentale; si vuole riconoscere che la famiglia nelle sue fasi iniziali è una società naturale.
Pur essendo molto caro ai democristiani il concetto del vincolo sacramentale nella famiglia, questo non impedisce di raffigurare anche una famiglia, comunque costituita, come una società che, presentando determinati caratteri di stabilità e di funzionalità umana, possa inserirsi nella vita sociale. Mettendo da parte il vincolo sacramentale, si può raffigurare la famiglia nella sua struttura come una società complessa non soltanto di interessi e di affetti, ma soprattutto dotata di una propria consistenza che trascende i vincoli che possono solo temporaneamente tenere unite due persone.” Aldo Moro, I Sottocommissione per la Costituente, discussione dell’art. 29 (5 novembre 1946).

Come si giunse da una posizione così avanzata alla formulazione finale dell’art. 29 che considera la famiglia “come società naturale fondata sul matrimonio”?

Come spesso avvenne in quella fase storica (e non solo allora) si trattò di un compromesso tra la sinistra e il mondo cattolico e conservatore. Continua a leggere

La costituzione al muro

Da anni si dibatte intorno alla necessità di avviare una nuova fase costituente. Chi dovrebbe condurre questa nuova fase costituente? Con quale investitura? Per quali finalità?

Sinora il Parlamento ha messo mano alla Costituzione in modo corposo e incisivo. Perché pensare che adesso serva un organo distinto da quello previsto dalla Costituzione stessa?

Sul piano giuridico questo Parlamento ha il potere di procedere alla revisione della Costituzione ai sensi dell’art. 138. Un conto è la “revisione” che ha carattere limitato e manutentivo, altra cosa è la riscrittura di cui si sente spesso parlare. Sul piano politico e culturale questo Parlamento ha il mandato e l’investitura per procedere alla riscrittura della Costituzione?

L’attuale Parlamento “rappresenta” in modo non proporzionale solo due terzi degli elettori; i parlamentari non sono stati scelti dagli elettori ma dai partiti che a loro volta non sono organizzati con metodi democratici.

I parlamentari dal punto di vista oggettivo e sostanziale rappresentano i partiti, associazioni private a cui irresponsabilmente i Costituenti affidarono il monopolio della politica nonostante i moniti lucidi e di assoluto buon senso di uno dei grandi costituenti, Piero Calamandrei.

L’idea che questo parlamento metta mano alla Costituzione o addirittura la riscriva non mi entusiasma. Come minimo vorrei che si procedesse alla elezione di una nuova assemblea costituente su basi rigorosamente proporzionali e con processi di selezione aperti a ogni cittadino che voglia candidarsi a questo ruolo. Ancor meno entusiasta sono all’idea che questo Parlamento con apposita Legge affidi l’incarico costituente a un Organismo allo scopo costituito, magari composto anche da persone esterne al Parlamento. Ci troveremmo poi, molto probabilmente, a esprimerci sulla riforma con un referendum confermativo del tipo prendere o lasciare. Preferibile allora che sia il Parlamento a intervenire su diversi punti con specifiche riforme per ciascun ambito omogeneo e che su ciascuno il popolo sovrano possa poi esprimersi.

Nel 2006 l’elettorato ha respinto la corposa riforma costituzionale approvata dal centrodestra. Complessivamente quella riforma non convinceva ma vi erano alcuni aspetti positivi che probabilmente sarebbero passati se si fosse potuto votare per ambiti omogenei. Quella riforma andava verso una forma costituzionale più presidenziale e certamente rafforzava i poteri del primo ministro. E’ stata respinta, eppure molti affermano che gli italiani vogliono un sistema presidenziale e che gradiscono l’elezione diretta del governo. Molti hanno affermato nella scorsa legislatura che Berlusconi era l’unica carica dello Stato eletta direttamente dal popolo, affermazione totalmente falsa, e che, di contro, il governo Monti non era stato votato dal popolo, affermazione vera come per tutti i governi repubblicani. Queste premesse, questa faciloneria, banalità e superficialità, questo pressapochismo che caratterizza ampia parte del nostro Parlamento non inducono ad avere fiducia nel nuovo corso costituente di cui forse a breve i legislatori dei partiti si occuperanno.

Calamandrei in Assemblea Costituente

calamandreiRiporto senza commenti uno stralcio di quanto affermato da Calamandrei in Assemblea Costituente sul tema dell’organizzazione dei partiti:

“…i partiti, in realtà, come voi sapete, sono le fucine in cui si forma l’opinione politica, e in cui si elaborano le leggi: i programmi dei partiti sono già progetti di legge. I partiti hanno cambiato profondamente la natura degli istituti parlamentari. Vedete: qui, mentre io vi parlo (e vi ringrazio della indulgenza con cui mi ascoltate), so benissimo che anche se arrivassi a convincervi cogli argomenti che vi espongo, essi non varranno, se non corrispondono alle istruzioni del vostro partito, a far sì che, quando si tratterà di votare, voi, pure avendomi benevolmente ascoltato, possiate votare con me. E allora io mi domando: se le discussioni si fanno nell’intento di persuadersi, a che giova continuare qui a perdere il tempo nel parlare e nell’ascoltare, quando le persone qui riunite sono già persuase in anticipo su tutti i punti? Questa è la conseguenza dell’esistenza dei partiti: dei quali non si può dire se sia bene o male che ci siano; ci sono, e questa è la realtà. E allora si sarebbe desiderato che nella nostra Costituzione si fosse cercato di disciplinarli, di regolare la loro vita interna, ai dare ad essi precise funzioni costituzionali. Voi capite che una democrazia non può esser tale se non sono democratici anche i partiti in cui si formano i programmi e in cui si scelgono gli uomini che poi vengono esteriormente eletti coi sistemi democratici.

L’organizzazione democratica dei partiti è un presupposto indispensabile perché si abbia anche fuori di essi vera democrazia. Se è così, non basta dire, come è detto nella Costituzione all’articolo 47 (ndr poi divenuto art. 49), che «tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Non basta. Che cosa vuol dire, infatti, metodo democratico? Quali sono i partiti che rispondono alle esigenze del metodo democratico, e quindi sono degni di esser riconosciuti in un ordinamento democratico?

Era stato suggerito che nel nostro ordinamento la Suprema Corte costituzionale avesse fra gli altri compiti anche il controllo, sui partiti: che essa avesse il potere di giudicare se una associazione a fini politici abbia quei caratteri di metodo democratico alla cui osservanza sembra che la formula dell’articolo 47 voglia condizionare il riconoscimento dei partiti. Ma se non la Corte costituzionale a dar tale giudizio, chi lo darà?

…C’è nelle disposizioni transitorie, del progetto, un articolo che proibisce «la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del partito fascista».

Non so perché questa disposizione sia stata messa fra le transitorie: evidentemente può essere transitorio il nome «fascismo», ma voi capite che non si troveranno certamente partiti che siano così ingenui da adottare di nuovo pubblicamente il nome fascista per farsi sciogliere dalla polizia. Se questa disposizione deve avere un significato, essa deve esser collocata non tra le disposizioni transitorie, e non deve limitarsi a proibire un nome, ma deve definire che cosa c’è sotto quel nome, quali sono i caratteri che un partito deve avere per non cadere sotto quella denominazione e per corrispondere invece ai requisiti che i partiti devono avere in una Costituzione democratica. Sarà la organizzazione militare o paramilitare; sarà il programma di violenze contrario ai diritti di libertà; sarà il totalitarismo e la negazione dei diritti delle minoranze: questi od altri saranno i caratteri che la nostra Costituzione deve bandire dai partiti, se veramente vuol bandire il fascismo”.