Riporto senza commenti uno stralcio di quanto affermato da Calamandrei in Assemblea Costituente sul tema dell’organizzazione dei partiti:
“…i partiti, in realtà, come voi sapete, sono le fucine in cui si forma l’opinione politica, e in cui si elaborano le leggi: i programmi dei partiti sono già progetti di legge. I partiti hanno cambiato profondamente la natura degli istituti parlamentari. Vedete: qui, mentre io vi parlo (e vi ringrazio della indulgenza con cui mi ascoltate), so benissimo che anche se arrivassi a convincervi cogli argomenti che vi espongo, essi non varranno, se non corrispondono alle istruzioni del vostro partito, a far sì che, quando si tratterà di votare, voi, pure avendomi benevolmente ascoltato, possiate votare con me. E allora io mi domando: se le discussioni si fanno nell’intento di persuadersi, a che giova continuare qui a perdere il tempo nel parlare e nell’ascoltare, quando le persone qui riunite sono già persuase in anticipo su tutti i punti? Questa è la conseguenza dell’esistenza dei partiti: dei quali non si può dire se sia bene o male che ci siano; ci sono, e questa è la realtà. E allora si sarebbe desiderato che nella nostra Costituzione si fosse cercato di disciplinarli, di regolare la loro vita interna, ai dare ad essi precise funzioni costituzionali. Voi capite che una democrazia non può esser tale se non sono democratici anche i partiti in cui si formano i programmi e in cui si scelgono gli uomini che poi vengono esteriormente eletti coi sistemi democratici.
L’organizzazione democratica dei partiti è un presupposto indispensabile perché si abbia anche fuori di essi vera democrazia. Se è così, non basta dire, come è detto nella Costituzione all’articolo 47 (ndr poi divenuto art. 49), che «tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Non basta. Che cosa vuol dire, infatti, metodo democratico? Quali sono i partiti che rispondono alle esigenze del metodo democratico, e quindi sono degni di esser riconosciuti in un ordinamento democratico?
Era stato suggerito che nel nostro ordinamento la Suprema Corte costituzionale avesse fra gli altri compiti anche il controllo, sui partiti: che essa avesse il potere di giudicare se una associazione a fini politici abbia quei caratteri di metodo democratico alla cui osservanza sembra che la formula dell’articolo 47 voglia condizionare il riconoscimento dei partiti. Ma se non la Corte costituzionale a dar tale giudizio, chi lo darà?
…C’è nelle disposizioni transitorie, del progetto, un articolo che proibisce «la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del partito fascista».
Non so perché questa disposizione sia stata messa fra le transitorie: evidentemente può essere transitorio il nome «fascismo», ma voi capite che non si troveranno certamente partiti che siano così ingenui da adottare di nuovo pubblicamente il nome fascista per farsi sciogliere dalla polizia. Se questa disposizione deve avere un significato, essa deve esser collocata non tra le disposizioni transitorie, e non deve limitarsi a proibire un nome, ma deve definire che cosa c’è sotto quel nome, quali sono i caratteri che un partito deve avere per non cadere sotto quella denominazione e per corrispondere invece ai requisiti che i partiti devono avere in una Costituzione democratica. Sarà la organizzazione militare o paramilitare; sarà il programma di violenze contrario ai diritti di libertà; sarà il totalitarismo e la negazione dei diritti delle minoranze: questi od altri saranno i caratteri che la nostra Costituzione deve bandire dai partiti, se veramente vuol bandire il fascismo”.
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