Salvati e il pericolo comunista

La riflessione che ci propone Michele Salvati sul Corriere della Sera del 29 maggio 2016, Con la riforma entreremo nella “vera” seconda Repubblica, appare molto fragile.

C’era il pericolo che i comunisti vincessero le elezioni, sostiene Salvati, e quindi “bisognava imbrigliare quanto possibile un partito anti-sistema che avesse ottenuto una maggioranza elettorale”.

Salvati dimentica che nel 1953 fu proprio De Gasperi a volere una legge elettorale con un consistente premio per il partito o la coalizione che avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei consensi elettorali. Basta questo a inclinare la riflessione di Salvati. Voleva aumentare il rischio comunista?

In realtà era la DC, allora, ad avere la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e anche al Senato se guardiamo ai soli seggi elettivi (dalla seconda legislatura i “senatori di diritto” sarebbero scomparsi). La DC con i suoi alleati arrivava ad avere più del 60% dei seggi.

Nella prima legislatura 1948-1953 ci furono tre governi tutti presieduti da De Gasperi. Non era una cosa straordinaria. In Francia andava anche peggio. Nello stesso periodo ben 10 governi!

Dopo 12 anni di Quarta Repubblica è 22 governi, la Francia rispose con una riforma costituzionale che introdusse il semipresidenzialismo, approvato dal 79% degli elettori.

In Italia, dopo il tentativo della legge truffa, abrogata nel 1954 tornando al sistema precedente, ci sono stati diversi tentativi di riforma costituzionale per poi ripiegare sulla legge elettorale come soluzione al problema della governabilità. Ciò avveniva a problema “comunista” ampiamente superato: il mattarellum è del 1993 e il porcellum è del 2005. Ma anche la Commissione Bozzi per le riforme istituzionali è del 1983-1985, a problema “comunista” ampiamente superato; questa commissione non approdò a nulla, ma nelle sue elaborazioni c’era la revisione del bicameralismo senza superarlo. La commissione Iotti-De Mita (1993-1994) per la prima volta affrontava il tema della governabilità in modo serio guardando al modello tedesco.

La governabilità si garantisce con una solida architettura istituzionale e non con leggi elettorali. Francia e Germania hanno governi di coalizione, diversi sistemi elettorali e costituzionali, eppure non li percepiamo come Paesi politicamente instabili.

L’attuale riforma costituzionale non risolve alcun problema di governabilità.

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I Partiti e la democrazia

Se si parla di moralizzare la vita pubblica, il primo e il più importante provvedimento deve essere quello di togliere la grave accusa diretta ai partiti e ai candidati dell’uso indebito del denaro per la propaganda elettorale. Il problema è più largo di quel che non sia la spesa elettorale; noi abbiamo oramai una struttura partitica le cui spese aumentano di anno in anno in maniera tale da superare ogni immaginazione. (…) Quando entrate e spese sono circondate dal segreto della loro provenienza e della loro destinazione, la corruzione diviene impunita; manca la sanzione morale della pubblica opinione; manca quella legale del magistrato; si diffonde nel paese il senso di sfiducia nel sistema parlamentare. Ecco i motivi fondamentali che rendono urgenti i provvedimenti da me proposti circa i finanziamenti e le spese dei partiti nel loro funzionamento normale; dei partiti e dei candidati nelle elezioni politiche e amministrative.
Per ottenere questi scopi di pubblica moralizzazione, occorre anzitutto affrontare il problema giuridico della figura e dell’attività dei partiti.

Luigi-SturzoCosì scriveva il senatore a vita Luigi Sturzo nel 1958 presentando il progetto  “Disposizioni riguardanti i partiti politici e i candidati alle elezioni politiche e amministrative“.

Siamo nel 1958, quindi oltre un decennio dopo le analoghe questioni poste in Assemblea Costituente e prima ancora lucidamente esposte nel “progetto Mortati”… quando ancora c’era la monarchia e molti anni prima della famosa “questione morale” posta da Enrico Berlinguer, nella celebre intervista a Scalfari.

Il tema della democrazia è da sempre intrinsecamente connesso con il ruolo e la natura dei Partiti: non può esservi democrazia se non sono democratici i partiti politici, sosterrà appassionatamente Calamandrei in Assemblea Costituente.

Rimase inascoltato e a breve si svilupperanno tutte quelle tendenze che daranno vita al nuovo autoritarismo partitico che Maranini definì “partitocrazia”.

Invano si discuterà di regolamentazione dei partiti in occasione dell’approvazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti (1974) e in Commissione Bicamerale per le Riforme Istituzionali (la cosiddetta Commissione Bozzi, 1983-1985) e via via nelle successive legislature, con progetti di ogni colore politico,  sino a quella attuale senza mai giungere a un risultato. Continua a leggere