In Europa non c’è lo ius soli …
E’ questo il nuovo mantra che si sente ripetere con insistenza …
Nemmeno in Italia c’è lo ius soli e le modifiche di legge in discussione lo introdurrebbero nella misura in cui c’è diffusamente anche in Europa.
Contraddizione in termini, dunque, appellarsi alle norme vigenti in Europa per respingere la proposta in discussione, giacché non esiste una disciplina europea sulla concessione della cittadinanza ma tanti differenti regimi oscillanti tra ius sanguinis, ius domicilii e ius soli condizionato alla sussistenza di altri parametri essendo rara in Europa l’acquisizione della cittadinanza per il solo luogo di nascita (e non è quanto previsto dalla nuova normativa in discussione in Italia).
Vediamo allora come funziona adesso in Italia la richiesta della cittadinanza, come la materia è regolata nei diversi Paesi europei e come diventerebbe in Italia se divenisse legge la nuova proposta in discussione al Senato dopo l’approvazione della Camera.
ITALIA, oggi
Ai bambini nati in Italia da genitori stranieri si applica attualmente il principio dello ius domicilii, secondo quanto previsto dalla legge n. 91/1992: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.”
La continuità di residenza, senza interruzioni, dalla nascita alla maggiore è un requisito necessario per l’acquisizione della cittadinanza. Se per caso questo “non-cittadino” è andato nel Paese di origine dei genitori o in altro Paese per il lavoro dei genitori … interrompe la residenza in Italia e rischia di perdere la possibilità di avere la cittadinanza. Questi nati in Italia ma senza cittadinanza vivono una situazione precaria strettamente legata al lavoro e al permesso di soggiorno dei genitori. Ogni volta che scade il permesso di soggiorno, bisogna andare in Comune per il rinnovo della dimora abituale. Se per qualsiasi ragione non c’è questa riconferma, può intervenire l’interruzione della residenza e quindi compromettere il futuro ottenimento della cittadinanza.
Il processo di naturalizzazione, invece, richiede 10 anni di residenza continuativa per i cittadini non comunitari, da certificare tramite opportuna documentazione, assenza di precedenti penali, sufficiente livello di integrazione e di conoscenza della lingua italiana, reddito idoneo a mantenere se stesso (i parametri fissati sono quelli per l’esenzione dalla spesa sanitaria) e il nucleo familiare (l’importo sale in presenza del coniuge e del numero di figli a carico). L’elemento più significativo è la discrezionalità: l’acquisizione della cittadinanza non è un diritto del soggetto che diventa italiano in possesso dei requisiti richiesti, è per definizione di legge una concessione, perché lo Stato mantiene un potere discrezionale nell’accettazione di questa istanza (è richiesto un decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e su parere del Ministro dell’Interno). La nuova normativa non modifica il processo di naturalizzazione.
Anche il requisito degli anni di residenza è soggetto a variazioni; infatti, è minore nel caso di stranieri comunitari (4 anni), apolidi e rifugiati (5 anni), maggiorenni adottati da genitori italiani (5 anni), discendenti da ex cittadini italiani per nascita fino al secondo grado o se nati in Italia (3 anni).
Ne consegue che il luogo di nascita dello straniero è in sé motivo di discriminazione per ottenere la cittadinanza. Perché per un cittadino rumeno bastano aprioristicamente 4 anni mentre per un tunisino ne servono 10 di residenza in Italia?
Cosa succede in altri paesi europei?
Austria
In Austria l’attuazione della legge sulla cittadinanza è demandata ai governi dei länder e questa situazione, soprattutto nelle procedure caratterizzate da margini di discrezionalità, produce risultati sempre più divergenti. Si basa sul principio dello ius sanguinis e non prevede la doppia cittadinanza, per cui l’acquisizione della cittadinanza austriaca prevede la rinuncia alla cittadinanza precedente. La naturalizzazione richiede da 6 a 10 anni di residenza in funzione anche del livello di integrazione e di conoscenza della lingua.
Belgio
Il Belgio ha adottato una forma intermedia tra ius soli e ius domicilii. Per quanto riguarda la procedura di naturalizzazione è possibile diventare cittadino belga dopo un periodo di 3 anni di residenza che sale a 7 se la naturalizzazione avviene per dichiarazione.
Chi nasce in Belgio acquista automaticamente la cittadinanza belga a condizione che i genitori abbiano risieduto nel territorio almeno 5 dei 10 anni precedenti alla nascita del figlio.
La cittadinanza è automatica a 18 anni per chi è nato nel Paese.
Danimarca
L’anzianità di residenza per il procedimento di naturalizzazione è di 9 anni e il soggetto deve superare diversi esami, dimostrando di conoscere la storia, la struttura sociale e politica del paese e di possedere una padronanza linguistica pari a quella della nona classe della scuola dell’obbligo.
È uno degli stati che non ammette la doppia cittadinanza, richiede cioè di rinunciare alla cittadinanza del paese di origine per diventare cittadino danese.
Finlandia
Per la naturalizzazione sono richiesti 5 anni di residenza continuativa che scendono a 4 anni se il richiedente soddisfa i requisiti di conoscenza linguistica; l’obiettivo di questa disposizione è quello di incoraggiare lo studio della lingua, considerata come un fattore di vitale importanza per l’integrazione degli immigrati.
Per i nati in Finlandia da genitori stranieri è sufficiente che il minore viva in Finlandia nel momento in cui viene fatta la richiesta.
Francia
Il principio dello ius soli si combina con il principio dello ius domicilii.
Ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al momento della maggiore età se, a quella data, risiede in Francia o vi ha avuto la residenza abituale durante un periodo, continuo o discontinuo, di almeno 5 anni, dall’età di 11 anni in poi.
L’acquisizione automatica può essere anticipata a 16 anni dallo stesso interessato, con dichiarazione sottoscritta dinanzi all’autorità competente, o può essere reclamata per lui dai suoi genitori a partire dai 13 anni e con il suo consenso, nel qual caso il requisito della residenza abituale per 5 anni decorre dall’età di 8 anni.
Il processo di naturalizzazione richiede 5 anni di residenza in Francia dimostrando una conoscenza sufficiente della lingua e della Costituzione francese.
Germania
Se entrambi i genitori sono stranieri il bambino acquisisce automaticamente la cittadinanza se uno dei genitori risiede in Germania da almeno 8 anni con un valido Aufenthaltsberechtigung (permesso di soggiorno) o ha avuto un unbefristete Aufenthaltserlaubnis per un periodo di 3 anni. Questi bambini ottengono la stessa cittadinanza dei genitori e in più quella tedesca; all’età di 18 anni, potranno scegliere quale adottare.
Nel 2008 sono stati introdotti esami per la cittadinanza e il test di lingua è stato disciplinato in modo rigoroso, introducendo un catalogo di domande consultabile da coloro che aspirano alla cittadinanza, in modo da potersi preparare al test. Non devono sostenere il test i minorenni di età inferiore ai 16 anni e coloro che hanno conseguito un diploma rilasciato dalla scuola dell’obbligo, da un istituto tecnico o professionale.
Grecia
In Grecia, per la naturalizzazione il periodo di residenza richiesto agli immigrati è sceso da 10 a 7 anni consecutivi e contempla una serie di requisiti tra cui un permesso di soggiorno di lungo periodo, la conoscenza della lingua greca e una buona integrazione nella vita sociale ed economica del paese (che può essere testimoniata ad esempio dall’attività professionale, dalla partecipazione ad associazioni sociali …).
I nati in Grecia da immigrati possono acquisire la cittadinanza se i genitori sono regolarmente presenti da almeno 5 anni (la domanda deve essere presentata entro 3 anni dalla nascita del bambino).
Per i minori che non sono nati in Grecia, la legge richiede di aver frequentato con successo almeno 6 anni nella scuola ellenica.
Irlanda
La cittadinanza si acquisisce per nascita se almeno uno dei genitori stranieri ha un permesso di residenza permanente o risiede in Irlanda da 3 anni.
La naturalizzazione richiede un periodo più lungo di residenza sul territorio: occorrono 365 giorni di residenza continua prima della domanda di naturalizzazione e, durante gli 8 anni precedenti, occorrono 4 anni di residenza (complessivamente quindi 5 anni di residenza).
Paesi Bassi
I Paesi Bassi hanno un sistema misto di ius sanguinis e ius soli.
Alla seconda generazione di immigrati è concessa la cittadinanza olandese per diritto di nascita.
La prima generazione nata nei Paesi Bassi da genitori stranieri conserva, invece, la cittadinanza dei genitori, ma raggiunta la maggiore età è piuttosto facile ottenere la cittadinanza olandese con la procedura di opzione (optieprocedure) oppure con la procedura di naturalizzazione (naturalisatie).
La procedura di opzione consiste nella semplice sottoscrizione di una dichiarazione unilaterale, che non comporta la rinuncia alla cittadinanza originaria. Possono usufruire di tale procedura gli immigrati di seconda generazione che risiedono legalmente in Olanda dall’età di 4 anni. Questa procedura ha tempi solitamente piuttosto rapidi: dalla presentazione della dichiarazione all’ufficio comunale di zona alla concessione finale della cittadinanza passano circa tre mesi.
Per la procedura di naturalizzazione è necessario risiedere in Olanda legalmente e in modo continuato per almeno 5 anni. Questo periodo può essere tuttavia ridotto nei casi di persone nate in Olanda o di stranieri a cui è stato concesso asilo. Una volta trascorsi i cinque anni, per ottenere la naturalizzazione i candidati devono superare un esame di “integrazione civica”.
Portogallo
Il Portogallo adotta una formula intermedia tra ius sanguinis e ius soli, ma quest’ultimo è stato rafforzato con la riforma del 2006.
Attualmente lo ius soli si applica automaticamente solo alla terza generazione di immigrati; i figli degli immigrati possono accedere alla cittadinanza sin dalla nascita per acquisizione volontaria (quindi sulla base di una richiesta) e in presenza di alcuni requisiti come la residenza dei genitori in Portogallo da almeno 5 anni o l’aver completato il primo ciclo di istruzione obbligatoria.
La naturalizzazione richiede alcuni requisiti, tra cui un periodo di residenza di 6 anni, non aver riportato condanne e una conoscenza sufficiente della lingua portoghese.
L’elemento innovatore della riforma è l’introduzione della naturalizzazione come diritto acquisito se in possesso dei requisiti richiesti, mentre prima la procedura era discrezionale. La legge precedente richiedeva sufficienti mezzi di sussistenza, con la riforma questo requisito è stato eliminato perché la Costituzione portoghese vieta la discriminazione basata su motivi economici.
Regno Unito
lo ius soli opera quale criterio abilitativo per il conferimento della cittadinanza al minore nato da genitore straniero residente nel Regno Unito e in regola con le norme sull’immigrazione o se residente nel Paese nei dieci anni successivi alla nascita.
Il percorso di naturalizzazione prevede alcuni requisiti tra cui: il possesso di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato, la residenza per 5 anni senza essersi allontanati per più di 450 giorni e non più di 90 giorni nei 12 mesi precedenti al momento della presentazione della domanda, assenza di procedimenti penali, regolarità contributiva, conoscenza della lingua inglese, gallese o scozzese (livello B1 secondo il quadro europeo), conoscenza degli usi e dei costumi del Regno Unito (dal 2002 è previsto un test sulla storia e la società britannica).
Spagna
Accede automaticamente alla cittadinanza chi nasce in Spagna se almeno uno dei due genitori è a sua volta nato nel paese.
Se il soggetto nasce in Spagna e i genitori sono nati all’estero è sufficiente un anno di residenza nel paese.
La procedura di naturalizzazione per tutti gli altri soggetti comporta la residenza per un periodo di 10 anni e la rinuncia alla cittadinanza precedente.
Svezia
Possono acquisire la cittadinanza svedese i minori che hanno vissuto per 5 anni in Svezia, in questo caso basta che i genitori notifichino alle autorità la volontà che i figli diventino cittadini svedesi.
I giovani di età compresa tra i 18 e i 20 anni possono scegliere di diventare cittadini svedesi se hanno un permesso di soggiorno permanente e hanno vissuto in Svezia dall’età di 13 anni.
Per la procedura di naturalizzazione sono necessari 5 anni di residenza e permesso di soggiorno permanente.
Non viene richiesta una prova per la conoscenza della lingua perché si assume che l’aspirante cittadino residente in Svezia da alcuni anni abbia una conoscenza sufficiente dello svedese.
Torniamo in Italia.
Cosa succederebbe se fosse approvata la normativa in discussione?
Potrebbe acquisire la cittadinanza italiana chi è nato nel territorio della Repubblica
- da genitori provenienti da paesi dell’Unione europea, di cui almeno uno sia legalmente residente in Italia da almeno 5 anni e titolare del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30
- da genitori in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, vale a dire in possesso di Carta di soggiorno a tempo indeterminato che è rilasciata a chi possiede tutti i requisiti economici e morali per ottenerla dopo almeno 5 anni di residenza legale in Italia.
A chiusura dell’articolo riporto le norme citate.
La nuova normativa prevede un ulteriore percorso per acquisire la cittadinanza italiana riservato al minore nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età che, ai sensi della normativa vigente, ha frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. Nel caso in cui la frequenza riguardi il corso di istruzione primaria, è necessaria la conclusione positiva del corso medesimo. La cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa, entro il compimento della maggiore età dell’interessato, da un genitore legalmente residente in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale, all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza, da annotare nel registro dello stato civile. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza.
Ai fini della presente legge, si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia di iscrizione anagrafica.
Il periodo di residenza legale ha inizio dalla data di rilascio del primo permesso di soggiorno, purché vi abbia fatto seguito l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente. Eventuali periodi di cancellazione anagrafica non pregiudicano la qualità di residente legale se ad essi segue la reiscrizione nei registri anagrafici, qualora il soggetto dimostri di avere continuato a risiedere in Italia anche in tali periodi.
Ai fini della presente legge, si considera che abbia soggiornato o risieduto nel territorio della Repubblica senza interruzioni chi ha trascorso all’estero, nel periodo considerato, un tempo mediamente non superiore a novanta giorni per anno, calcolato sul totale degli anni considerati. L’assenza dal territorio della Repubblica non può essere superiore a sei mesi consecutivi, a meno che essa non sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari o da gravi e documentati motivi di salute.
Chi fosse interessato, trova a questo link il testo della legge in discussione http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/940816/index.html
Appare evidente da questa breve rassegna che le modifiche proposte per la modifica dei requisiti per l’ottenimento della cittadinanza italiana sono assimilabili a quanto previsto dalla normativa di tanti paesi europei.
Decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 30
Art. 14. Diritto di soggiorno permanente
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Il cittadino dell’Unione che ha soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale ha diritto al soggiorno permanente non subordinato alle condizioni previste dagli articoli 7, 11, 12 e 13.
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Salve le disposizioni degli articoli 11 e 12, il familiare non avente la cittadinanza di uno Stato membro acquisisce il diritto di soggiorno permanente se ha soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni nel territorio nazionale unitamente al cittadino dell’Unione.
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La continuità del soggiorno non e’ pregiudicato da assenze che non superino complessivamente sei mesi l’anno, nonche’ da assenze di durata superiore per l’assolvimento di obblighi militari ovvero da assenze fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.
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Il diritto di soggiorno permanente si perde in ogni caso a seguito di assenze dal territorio nazionale di durata superiore a due anni consecutivi.
Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
Art. 9 – Carta di soggiorno
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Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, può richiedere al questore il rilascio della carta di soggiorno per sé, per il coniuge e per i figli minori conviventi. La carta di soggiorno è a tempo indeterminato.
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La carta di soggiorno può essere richiesta anche dallo straniero coniuge o figlio minore o genitore conviventi di un cittadino italiano o di cittadino di uno Stato dell’Unione europea residente in Italia.
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La carta di soggiorno è rilasciata sempre che nei confronti dello straniero non sia stato disposto il giudizio per taluno dei delitti di cui all’articolo 380 nonché, limitatamente ai delitti non colposi, all’articolo 381 del codice di procedura penale o pronunciata sentenza di condanna, anche non definitiva, salvo che abbia ottenuto la riabilitazione. Successivamente al rilascio della carta di soggiorno il questore dispone la revoca, se è stata emessa sentenza di condanna, anche non definitiva, per reati di cui al presente comma. Qualora non debba essere disposta l’espulsione e ricorrano i requisiti previsti dalla legge, è rilasciato permesso di soggiorno. Contro il rifiuto del rilascio della carta di soggiorno e contro la revoca della stessa è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
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Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare della carta di soggiorno può:
a) fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di visto;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lecita, salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o comunque riserva al cittadino;
c) accedere ai servizi ed alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, salvo che sia diversamente disposto;
d) partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche l’elettorato quando previsto dall’ordinamento e in armonia con le previsioni del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992.
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Nei confronti del titolare della carta di soggiorno l’espulsione amministrativa puo’ essere disposta solo per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale, ovvero quando lo stesso appartiene ad una delle categorie indicate dall’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, ovvero dall’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, sempre che sia applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all’articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
Difatti in Europa non c’è lo Ius soli, nei Paesi sviluppati esiste solo in USA e Canada, solo chi nasce in questi due Stati usufruisce dello Ius soli (diritto di suolo).
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