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Se a dire banalità sono i professoroni…

Anche i professori talvolta dicono banalità. Non c’è nulla di strano, anche loro sono essere umani.

Un po’ meno gradevole constatare che quando dicono banalità o affermazioni indecifrabili non vi sia quasi mai un giornalista sveglio e attento che chieda chiarimenti.

Nel caso specifico mi riferisco a una intervista a Sabino Cassese sulla Riforma costituzionale Renzi-Boschi. La giornalista è Federica Fantozzi.

Domanda: Un punto a cui i cittadini sono sensibili è il taglio dei costi. Va bene ridurre i senatori e abolire enti come il Cnel o era meglio abbassare il numero parlamentari? O piuttosto agire con altri strumenti?

Risposta di Sabino Cassese: Quello della riduzione dei costi diretti (ad esempio, attraverso l’eliminazione delle indennità dei senatori) non è l’argomento principale a favore della riforma costituzionale. Lo è piuttosto la riduzione dei costi indiretti, quelli che paghiamo per la lentezza del procedimento legislativo con due camere-doppione.

Non c’è in questa affermazione e in tutta l’intervista alcun dato per ragionare e approfondire l’affermazione relativa ai costi indiretti per la lentezza del procedimento legislativo .

Anche le pere cadono da sole se non le raccogli in tempo … è una osservazione dallo spessore culturale non inferiore a quanto pronunciato da Sabino Cassese.

Lentezza non significa nulla. Non esiste un criterio oggettivo per valutare la bontà del procedimento legislativo in relazione al tempo impiegato per approvare una legge.

Esistono pessime leggi approvate in pochi giorni e pessime leggi approvate dopo anni. La legge Fornero, il porcellum , i rimborsi elettorali ai partiti in sostituzione del finanziamento pubblico … sono leggi approvate in tempi rapidissimi. Sono buone leggi?

Esistono invece criteri oggettivi per calcolare gli effetti deleteri, per l’economia e l’intero sistema Paese, delle leggi scritte male, della pessima burocrazia che non si crea da sola ma è figlia delle leggi, della pessima amministrazione, della giustizia e così via.

Un giornalista attento avrebbe magari posto qualche domanda a Sabino Cassese per comprendere la portata della sua affermazione e metterla in relazione con un dato reale che ciascuno di noi conosce: i costi delle pessime leggi, a prescindere dal tempo impiegato per approvarle.

Quando qualcuno presenterà dei criteri oggettivi per misurare l’attività legislativa in relazione al tempo impiegato per l’approvazione e a prescindere dalla qualità delle leggi, sarò felice di prenderli in considerazione. Non mi risulta che qualcuno abbia elaborato un modello simile. Qualcuno è in grado di segnalare studi sul tema?

Dimenticavo. L’Italia ha il record europeo, forse mondiale, di leggi in vigore. E da quando esiste la Repubblica c’è sempre stato il bicameralismo paritario con due “camere-doppione”.

Sarebbe anche opportuno verificare i dati, prima di assumere per vere certe affermazioni basate sul nulla. Per esempio, nella XVI legislaturaprima il Governo Berlusconi e poi quello Monti hanno presentato complessivamente 412 disegni di legge. Di questi ne sono stati approvati definitivamente 322, con una percentuale di successo di circa il 78%” (citazione dal rapporto “Il Governo in Parlamento – XVI legislatura a cura del Governo Italiano – Rapporti con il parlamento). E sto facendo riferimento solo alla attività parlamentare su provvedimenti governativi.

Nella scorsa legislatura sono stati approvati mediamente 5,4 provvedimenti governativi ogni mese!

Poi ci sono le leggi di iniziativa parlamentare. Vogliamo affrontare la realtà o occuparci degli slogan? La lentezza legislativa si riscontra solo in pochi provvedimenti, quelli “sensibili” per ragioni etiche (o millantate tali), i diritti civili, per esempio, o quelli “interessati” per ragioni inconfessabili, per esempio se il tema è il contrasto alla corruzione…

La stessa Costituzione è stata modificata innumerevoli volte: da quando esiste sono stati modificati 43 articoli; ben 15 leggi di revisione costituzionale ai sensi dell’art. 138; 12 leggi di rango costituzionale. A queste vanno aggiunte le tante leggi di attuazione della Costituzione. Se dopo pochi anni si avverte forte l’esigenza di riformare il Titolo V della Costituzione, riformato nel 2001 e ancora non pienamente attuato (le leggi sul federalismo fiscale sono arrivate tra il 2009 e il 2011), forse non servono le riforme ma le buone riforme.

Abbiamo tantissime leggi scritte male determinando tanti giudizi di legittimità costituzionale e tante leggi soccombono inesorabilmente quando arrivano all’esame della Corte Costituzionale.

Nel solo 2015 la Corte Costituzionale è intervenuta con 126 decisioni su leggi statali, 17 pronunce su leggi regionali e 2 decisioni su leggi delle province autonome. Inoltre, in via incidentale la Corte, sempre nel 2015, ha adottato 145 decisioni e 86 sentenze.

Meno male che la produzione delle leggi procede con lentezza, sai che disastro diversamente.

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