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I cattivi maestri

Leggo su il Mulino Italicum: più pregi che difetti, di Augusto Barbera, già docente di diritto costituzionale.

Nel presentarci sinteticamente l’Italicum, Barbera ci spiega che nel caso nessuno raggiunga al primo turno il 40%, il premio per raggiungere e ampiamente superare la maggioranza assoluta è assegnato con un ballottaggio fra le due liste più votate. Aggiungo, perché non è irrilevante, che non è previsto alcun quorum per essere ammessi al ballottaggio e non è previsto alcun quorum di votanti. Si verifica la stessa condizione già censurata dalla Corte Costituzionale nel giudizio della legge elettorale nota come Porcellum.

Barbera omette di ricordare la funzione del ballottaggio nei sistemi in cui questo meccanismo è previsto: nella ipotesi in cui al primo turno nessuno abbia raggiunto la maggioranza assoluta, il ballottaggio serve a scegliere al secondo turno tra due candidati alla carica di Presidente o tra candidati a rappresentare un collegio parlamentare o altra carica elettiva (per esempio, in Italia, il sindaco nei comuni con più di 15.000 abitanti). C’è sempre coerenza tra primo e secondo turno; la funzione del voto è sempre la stessa: eleggere un presidente o eleggere un rappresentante di collegio. Nel nostro caso, invece, mentre votiamo per l’assemblea dei rappresentanti del popolo sovrano, dovremmo scegliere al ballottaggio a chi affidare il compito di formare il governo tra due formazioni politiche; perché questa è la finalità vera del ballottaggio e non più eleggere dei rappresentanti.

Il voto è finalizzato a decidere chi deve formare il governo, pur rimanendo all’interno di un sistema costituzionale che non prevede l’elezione diretta dell’esecutivo. Si introduce surrettiziamente l’elezione diretta dell’esecutivo. A chi infatti il Presidente della Repubblica potrà affidare l’incarico di formare il Governo se non a un esponente del Partito a cui è stata regalata la maggioranza assoluta? Va detto che in nessun sistema, tranne quelli presidenziali, si elegge direttamente il governo, ma l’elezione indiretta è fortemente sostenuta dal voto elettorale laddove il sistema istituzionale assegna forti poteri al Primo Ministro. E’ questo il caso di paesi come la Germania, il Regno Unito, la Spagna… in cui vige un sistema di cancellierato o premierato costituzionalizzato o istituzionalizzato. Potere di revoca e nomina dei ministri, sfiducia costruttiva, richiesta di scioglimento del parlamento… sono alcuni poteri che caratterizzano i sistemi di governo dei Paesi citati e che non sono presenti nel nostro sistema costituzionale. La circostanza che i tre Paesi citati hanno leggi elettorali profondamente diverse, ci conferma che non è la legge elettorale a dare stabilità al Governo ma il sistema istituzionale con il quale la legge elettorale deve essere coerente. Nel nostro sistema non è istituzionalizzato alcun collegamento tra risultato elettorale e governo, a differenza di altri Paesi, cosa che rende perfettamente legittimo ogni cambio di maggioranza all’interno della stessa legislatura.

Totalmente arbitrario e irragionevole prevedere il ballottaggio solo nel caso in cui nessuno abbia raggiunto la soglia del 40%; perché non è previsto nel caso nessuno raggiunga la maggioranza assoluta, come avviene ovunque esista il ballottaggio?

Portare un partito dal 40% al 55% ovvero ad avere 340 deputati su 618 (e non su 630 come erroneamente scrive Barbera, perché i 12 per arrivare a 630 sono riservati alla circoscrizione estero) significa aumentare la consistenza parlamentare di un gruppo fino a +37,5% perché da 40 a 55 c’è un incremento del 37,5%. Non è cosa da poco, considerando che potrebbe verificarsi che il secondo classificato abbia il 40%-1 dei voti. Il vincente avrebbe 340 eletti, e il secondo classificato circa 180. Le disposizioni dell’Italicum rovesciano la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore, “che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare. In tal modo, dette norme producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.”(Corte Cost. sentenza n. 1/2014). Non sono rispettati i principi di proporzionalità e ragionevolezza che sempre devono essere rispettati per assicurare equilibrio tra interessi costituzionali rilevanti. È violato il principio di uguaglianza del voto.  

Barbera esprime un pronostico: “la clausola troppo bassa (il 3%) non incentiva l’aggregazione di uno schieramento alternativo a quello vincente”. In questa affermazione c’è una legittima valutazione e l’inconsistenza di tutta l’impalcatura su cui poggia l’Italicum.

La legittima valutazione. La soglia è assurda poiché le aggregazioni sono favorite dal meccanismo elettorale che, unico al mondo, garantisce che una minoranza abbia la maggioranza assoluta del parlamento e possa in solitaria esprimere il governo. Il sistema elettorale mortifica la consueta dialettica parlamentare, che consente anche a una piccola forza politica di poter contare nella determinazione di una maggioranza o di poter essere utile per dare solidità a una risicata maggioranza. Questa situazione oggettiva spingerà con ogni probabilità le forze politiche verso improprie alleanze per poter entrare in partita, vale a dire per riuscire ad arrivare al ballottaggio. Nel 1994 tutti ritenevano che Lega e MSI fossero con la nuova legge elettorale, il Mattarellum, esclusi dalla partita per il governo. Ma Berlusconi con la sua FI fece una doppia alleanza con ciascuno di questi due partiti e vinse le elezioni. Può darsi che si verifichi la previsione di Barbera, ma la storia ci dimostra che queste previsioni sono miopi. Non solo non può essere esclusa una alleanza tra Lega-M5S, e persino con i Fratelli d’Italia, per non lasciare la vittoria all’unico attuale papabile al primo turno, ma è ragionevole supporre  che gli esclusi dalla vittoria al primo turno, ovvero coloro che non possono ambire al 40%, faranno di tutto per allargare la base dei votanti. Non escludo la nascita di liste di disturbo per portare elettori al voto: cinismo e demagogia saranno probabili esercizi che faranno impallidire i metodi de L’Uomo Qualunque. Più elettori voteranno più sarà difficile che qualcuno arrivi al 40%.

L’inconsistenza della impalcatura. Tutto il merito dell’Italicum, che traspare anche dallo scritto di Barbera, sarebbe il buon obiettivo di formare maggioranze solide per garantire la governabilità. È evidente a tutti che il partito vincente potrebbe essere costituito da una aggregazione di partiti, ricreando la stessa situazione delle preesistenti coalizioni. Il PD e il PdL non sono forse nati dalla fusione di più partiti? Il PdL ha subito ben tre scissioni… e ancora non è finita. Quindi tutta la millantata governabilità si regge sulla coesione del partito che risulterà vincente: esattamente come adesso.
Gli eletti in una determinata lista potranno formare diversi gruppi parlamentari e in ogni caso non avranno alcun vincolo di mandato. Chi ha votato il NCD? Nessuno. Cosa impedisce che non si ripeta quanto già avvenuto? Nulla, perché nulla cambia nel passaggio dalla proclamazione degli eletti alla formazione dei gruppi parlamentari, riguardo alla indipendenza di ciascun eletto e alla formazione del governo (tranne la fiducia che sarà solo la Camera a dover dare, ma questa è una previsione della riforma costituzionale e non della legge elettorale).

Barbera obietta a coloro che dicono che si arriva con l’Italicum a una sorta di presidenzialismo affermando che “Non capisco il riferimento al “presidenzialismo”, sistema che fa perno sul capo dello Stato come organo di governo. Certamente, invece, saremmo di fronte a un rafforzamento del primo ministro, che verrebbe ad avere una legittimazione politica diretta. Ma questa è, da tempo, la caratteristica di tutti i sistemi parlamentari funzionanti (Regno Unito, cancellierato tedesco, premierato spagnolo)”.

Barbera sa bene che non si può, senza cambiare la Costituzione, prevedere l’elezione diretta del primo ministro o del presidente. Sa bene che quei sistemi che cita funzionano non certo per la sola legge elettorale ma per un sistema istituzionale al quale la legge elettorale è coerente.

Con l’Italicum si aggira l’ostacolo di non poter eleggere direttamente il governo, volontà effettiva dichiarata dai proponenti in tante occasioni, attraverso un sistema elettorale che garantisce con certezza un risultato che non è presente in alcun sistema elettorale democratico: un partito, indipendentemente da come si voti, avrà la maggioranza assoluta dei seggi e quindi potrà esprimere un esecutivo. Gli elettori sono chiamati a votare per scegliere i propri rappresentanti, ma nei fatti eleggono un  governo, il cui premier non è nemmeno indicato. L’affermazione di Barbera (“saremmo di fronte a un rafforzamento del primo ministro, che verrebbe ad avere una legittimazione politica diretta”) è palesemente falsa sul piano formale perché si vota per eleggere i rappresentanti parlamentari e non per dare legittimazione politica a un programma di governo, vera nella sostanza perché attraverso la alterazione della funzione del voto si elegge di fatto un governo, ma essendo di fatto e no di diritto non si può parlare di legittimazione politica. Quindi, sarà sempre possibile un Monti, un Renzi…

Si passa da un sistema di tipo parlamentare a un sistema di tipo presidenziale in cui si elegge non un presidente di Francia o degli USA,  ma un governo, che è in Francia e negli USA espressione delle funzioni attribuite al presidente. L’Italicum punta a realizzare l’effetto del presidenzialismo (avere un governo espressione del Presidente eletto direttamente dagli elettori), mantenendo formalmente un sistema parlamentare in cui però il governo non è più espressione delle scelte e delle mediazioni tra gli eletti, ma il risultato di un voto di cui è stata alterata la natura e la consistenza parlamentare.

Sorprendente il riferimento a Regno Unito, Germania, Spagna.

Nei primi due Paesi abbiamo avuto di recente governi di coalizione proprio perché quei sistemi non garantiscono che dal voto esca una maggioranza parlamentare. In quei Paesi non si elegge un Premier, ma il sistema istituzionale porta a una forte investitura diretta del Premier, ma deve avere i numeri per farlo… senza regali. In Germania la Merkel governa perché ha raggiunto una intesa con l’SPD; partito che in campagna elettorale aveva escluso la prospettiva di un governo con il CDU e quindi dopo aver raggiunto un accordo il partito ha sottoposto l’accordo stesso agli iscritti dell’SPD…

Nel Regno Unito la plurisecolare tendenza al bipartitismo ormai vacilla da tempo e di recente il governo è stato il frutto di una coalizione tra Conservatori e Liberal Democratici. Non va inoltre dimenticato che il Regno Unito non ha una Costituzione scritta come negli altri Paesi citati e il sistema istituzionale e politico è profondamente diverso dal nostro. La funzione stessa del Parlamento e dei Partiti sono differenti.  La loro Camera dei Comuni è intesa come assemblea deliberativa e non rappresentativa come espressamente previsto dalla nostra Costituzione. I loro Partiti sono più organismi parlamentari. Il Governo nasce su incarico del Sovrano e resta in vita finché il Sovrano lo ritiene opportuno. Il Governo non si forma con un voto della Camera. E il Sovrano conserva pur sempre la sanzione regia, da molto tempo non più esercitata, che consente di respingere una legge approvata dal Parlamento.

Improprio e semplicistico evocare sistemi istituzionali senza tener conto delle differenze istituzionali e costituzionali, per non parlare delle differenze storiche che favoriscono, come nel caso del Regno Unito, esiti differenti dal nostro sistema. E, in ogni caso, nel Regno Unito c’è sempre la possibilità di un governo di coalizione e il potere sovrano, sebbene esercitato con molta discrezione, rappresenta una garanzia effettiva non paragonabile a quella del Presidente della Repubblica Italiana. Se Mattarella dovesse ritenere incostituzionale l’Italicum e rinviasse la legge alle Camere e le Camere la approvassero nuovamente senza cambiare una virgola, cosa può fare il Presidente? Potrebbe attivare la Corte Costituzionale? Il Presidente rispetto al potere legislativo ha un potere simbolico di moral suasion… e nulla più.

La Germania è una repubblica federale, quanto alla Spagna si tratta di una monarchia parlamentare con robuste autonomie locali. In Spagna c’è un primato del governo sul parlamento, sancito anche dalla Costituzione. Infatti, il premier può sciogliere le Camere e c’è la sfiducia costruttiva. In Spagna come in Germania il premier ha potere di direzione dell’esecutivo. Non è la legge elettorale che crea il cancellierato ma il sistema istituzionale. In Spagna c’è un sistema elettorale che favorisce la concentrazione della rappresentanza su poche forze politiche nazionali, sostanzialmente due, e una terza che non ha mai superato il 10%. Ciascuna provincia elegge pochi rappresentanti e il sistema elettorale non garantisce che ci sia una maggioranza assoluta. Adesso abbiamo una larga maggioranza perché lo stesso partito è risultato vincente in quasi tutte le circoscrizioni, ma questo non è un esito dovuto ad artifizi tecnici, ma al voto effettivo degli elettori.  Nella precedente elezione del 2008, Zapatero non aveva la maggioranza assoluta. Con circa un milione di voti in più Zapatero aveva appena 15 seggi più del Partito Popolare. Avevamo i Socialisti al 44% e i Popolari al 40%. I Socialisti a 169 su 350 e i Popolari a 154 su 350. Da noi con le stesse percentuali si verificherebbe che il primo avrebbe 340 seggi su 618 e il secondo circa 180.

Evocare sistemi elettorali è fuorviante e confusivo senza una comparazione dei diversi sistemi istituzionali. La legge elettorale deve essere coerente con il sistema istituzionale perché si tratta di una legge necessaria per realizzare la formazione delle assemblee elettive previste dal sistema istituzionale, ma non deve essere uno strumento per introdurre in modo confuso un nuovo sistema istituzionale.

Non si è mai visto un sistema parlamentare in cui sulla carta il governo nasce da accordi parlamentari tra gli eletti scelti dagli elettori, ma nei fatti il sistema priva gli elettori di scegliere i rappresentanti e allo stesso tempo dal voto scaturisce grazie a un artifizio tecnico una minoranza che diventa maggioranza assoluta ed esprime il governo. È la fine del parlamentarismo: tramite la legge elettorale si supera l’esigenza del confronto parlamentare. Nei fatti si introduce un ribaltamento del sistema istituzionale e costituzionale attraverso l’approvazione di una legge ordinaria. Nemmeno la legge Acerbo del 1923 arrivò a tanto. Infatti, prevedeva che in caso nessuno raggiungesse il quorum del 25% la divisione dei seggi avvenisse su base proporzionale.

In un sistema parlamentare come il nostro, che rimane tale anche con l’approvazione dell’Italicum e persino con l’approvazione della riforma costituzionale, non esiste il concetto di vincere le elezioni perché ogni parlamentare ha pari dignità, rappresenta la Nazione e detiene il potere di iniziativa legislativa. Se questo sistema non piace o è ritenuto inefficiente c’è una sola strada da percorrere: cambiare la Costituzione.

Barbera rievoca avvenimenti della nostra recente storia politica, stranamente non ricorda che nel 2006 gli italiani hanno bocciato la riforma costituzionale, voluta dalla maggioranza di centro-destra, che rafforzava i poteri del Governo e del Primo ministro in particolare.

Noi non saremo né in una logica di premierato né in una logica di presidenzialismo o semipresidenzialismo. Saremo semplicemente fuori dalle previsioni costituzionali che vogliono che il Parlamento sia la sede esclusiva della “rappresentanza politica nazionale. Saremo fuori da ogni logica perché la nuova legge elettorale non è sufficiente a disegnare un sistema istituzionale. Se si vuole favorire la governabilità si cambi coerentemente la costituzione.

Invece di guardare quali sono i poteri di garanzia o i contrappesi negli altri sistemi, è preferibile osservare quali avremo noi dal momento che affidiamo ai partiti il compito di scegliere una parte dei nostri rappresentanti e di selezionare gli altri candidati, tra i quali in parte potremo scegliere, il tutto senza democrazia e trasparenza, e poi a una minoranza, trasformata in maggioranza assoluta, affidiamo il compito di dettare l’agenda parlamentare e l’azione di governo. Però formalmente siamo in un sistema parlamentare in cui il Parlamento ha funzioni di controllo e indirizzo dell’azione di governo.

Negli altri sistemi, è una garanzia il fatto stesso che non esista alcuna certezza che una parte diventi maggioranza assoluta ed esprima l’esecutivo. È una garanzia il fatto che esista una rigorosa disciplina legale dei partiti, mentre da noi sono associazioni private in cui ristretti comitati di persone fanno quel che vogliono, violando platealmente lo Statuto.

Inaccettabile valutare la legge elettorale alla luce della riforma costituzionale, che seguirà altro iter distinto e che potrebbe essere cancellata, riaprendo nuovamente il tema della legge elettorale. Il giorno dopo l’approvazione del l’Italicum si dirà che bisogna approvare la riforma costituzionale perché diversamente si riaprirebbe il capitolo legge elettorale. Oggi si afferma che va bene perché ci sono le maggiori garanzie offerte dalla riforma costituzionale che in gran parte sono ridicole perché esistono già e sono sempre state violate: per esempio, l’incostituzionale ricorso alla decretazione d’urgenza.

Quanto alla elevazione della soglia per l’elezione del presidente della repubblica, siamo alle comiche. Abbiamo visto come con il semplice utilizzo della scheda bianca è stato costretto il Parlamento ad eleggere il nuovo Presidente senza la maggioranza qualificata dei 2/3 degli elettori. Domani nulla cambierà per le prime tre votazioni, poi serviranno i 3/5 dei grandi elettori; quindi dalla ottava votazione basterà la maggioranza assoluta degli elettori. I grandi elettori saranno 730, quindi ne bastano 366! Un solo partito disporrà di 340 voti, ai quali bisognerà aggiungere qualche rappresentante raccolto nella circoscrizione estero. Diciamo 2 eletti. E siamo a 342. Poi ci saranno i senatori che provengono dallo stesso partito. Diciamo 30; e siamo a 372. Caro Barbera, se non interverranno modifiche, la sua garanzia mi sembra una favola per boccaloni…

C’è mai stato un capolista che non sia stato eletto? Chiede Barbera. Sì c’è stato ed è successo persino nelle recenti elezioni in Sardegna: Anna Maria Busia è risultata prima scalzando il capolista. Tanto basta. Nel 1987 Ilona Staller scalza tutti piazzandosi al secondo posto dopo Pannella che opta per il collegio di Palermo. In ogni caso, una persona di cultura non dovrebbe confondere una facoltà con l’esercizio della facoltà. In quella che anche Barbera contribuisce a far passare come “prima repubblica”, esistevano movimenti e partiti che non presentavano liste proprie ma davano sostegno a specifici candidati in liste di diversi partiti. Si chiamavano gruppi fiancheggiatori e fu anche grazie a queste pratiche che furono  sostenuti Loris Fortuna e Antonio Baslini e con essi il progetto di introdurre il divorzio nella legislazione italiana. Oggi, anche volendolo fare, non potremmo farlo. E vi stupite della crisi di partecipazione? Suvvia, un po’ di serietà. Certe affermazioni è difficile accettarle come sviste, suonano come moneta falsa e in ogni caso non sono al servizio della cultura e della conoscenza.

Allo stesso modo, sbagliato parlare delle preferenze come di “male assoluto” o di “bene assoluto“; nel mirino sono sempre state le preferenze multiple, proprio quelle che l’Italicum vuole introdurre e che, con l’obbligo della varietà di genere, nel caso si utilizzi il diritto a esprimere due preferenze, diventano un oggettivo aiuto al controllo malavitoso del voto.

Comunque la pensi Barbera, dobbiamo fare i conti con il nostro sistema costituzionale che assegna ai parlamentari la funzione di essere rappresentanti della Nazione e al popolo sovrano il compito di scegliere i propri rappresentanti. Piaccia o non piaccia, la Corte Costituzionale ha già affermato che l’elettore ha il diritto di scegliere il candidato per cui votare (sentenza 203/1975).

Se con il Porcellum “alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini”, con l’Italicum sarà così nominata la stragrande maggioranza di coloro che dovrebbero rappresentare il popolo sovrano. Circostanza “che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione”.

Se con il Porcellum le norme erano “tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti” con l’Italicum ciò avverrà per la maggioranza degli eletti e per gli altri ci sarà in ogni caso una forte alterazione nel rapporto tra i voti espressi nel collegio e il parlamentare eletto.

Ancora una volta ho la sensazione di una cultura al servizio di una parte politica, contro la scienza e la conoscenza.  Ancora una volta ho la sensazione che si vada oltre il livello della libera interpretazione e opinione per entrare nel territorio della mistificazione. I cattivi maestri sono per me coloro che alimentano queste sensazioni.

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