Cantone è preoccupato per il clima che percepisce nel Paese; un clima da ’93 in cui prevale la criminalizzazione di tutta la classe politica, un clima giustizialista che ricorda i tempi di Mani Pulite.
E’ naturale, perché da Tangentopoli assistiamo a un crescendo di corruzione che non ha risparmiato nemmeno le tragedie del terremoto in Abruzzo.
Certamente ci sono segnali positivi, ma bastano?
Certo, la nuova politica ha istituito la Commissione Anticorruzione o meglio ha attuato quanto già previsto dalla legge n. 190/2012 che a sua volta rappresenta una evoluzione di quanto previsto dalla riforma Brunetta del 2009… e ha con unanimità affidato la guida della Commissione a Raffaele Cantone, benissimo… ma è una cosa perfettamente in continuità con la storia Repubblicana.
La politica che è stata protagonista di Tangentopoli aveva nominato Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, istituito pool antimafia, task force e commissari straordinari con poteri eccezionali…
La Commissione Anticorruzione potrà stroncare sul nascere tentativi di corruzione… ma se nuovi eserciti di faccendieri e lestofanti sono immessi nel sistema da coloro che governano il sistema stesso allora la lotta è persa in partenza. Diventa un po’ come la lotta al traffico di droga… ogni anno aumentano i quantitativi sequestrati, i trafficanti arrestati… e aumenta il consumo di droga e anche il prezzo della droga, perché occorre remunerare di più chi corre rischi più alti.
La prevenzione, il livello militare e repressivo, sono fondamentali, ma non bastano.
Occorre agire alle radici, se vogliamo ricondurre la corruzione a livelli fisiologici.
E alle radici c’è il sistema politico: i partiti, che hanno il monopolio della politica nelle Istituzioni e che attraverso propri uomini di fiducia controllano fiumi di denaro… Asl, trasporti locali, gestione dei rifiuti, appalti, politiche sociali, fondazioni bancarie…
Quindi, Cantone, non banalizziamo con domande retoriche “L’indagine di Roma non ha dimostrato che i soldi servivano per comprare voti in qualche caso destinati perfino alle primarie? Non è la prova che forse le preferenze rischiano di peggiorare la situazione?”
Non banalizziamo.
Nessun bipede pensante ritiene che la preferenza sia la panacea che purificherà il mondo politico.
La preferenza può aiutare se inserita in un sistema politico complessivamente trasparente e democratico.
Innanzitutto va notato che la preferenza è stata reintrodotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza 1/2014 perché il corpo elettorale deve poter scegliere i propri rappresentanti all’assemblea parlamentare e i partiti non possono sostituirsi agli elettori. La Consulta ha riconfermato quanto già affermato con sentenza n. 203 del 1975 quando affermò che i gli organismi direzionali dei Partiti decidendo l’ordine di presentazione delle candidature non ledono alcuna libertà di voto del cittadino a condizione che quest’ultimo sia “pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza”.
Cantone è libero di pensarla come vuole, ma forse più attenzione a quanto si afferma non farebbe male. Ieri parlava di politica subalterna alle lobby criminali e oggi pone questo dubbioso interrogativo sulla preferenza mentre è in atto un dibattito sulla nuova proposta di riforma elettorale che vuole ancora imporre agli elettori i parlamentari. Sembra quasi un assist a Renzi. Bisogna fare attenzione perché in questo Paese si diviene con facilità strumento politico della solita banda Bassotti.
La Corte Costituzionale con le sentenze citate è intervenuta su norme elettorali e non poteva certo disegnare un nuovo sistema politico, ma se leggessimo con attenzione quanto scritto dalla Consulta scopriremmo che qualche preziosa indicazione c’è.
La Consulta ci ricorda che le funzioni dei Partiti devono “essere preordinate ad agevolare la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed alla realizzazione di linee programmatiche che le formazioni politiche sottopongono al corpo elettorale, al fine di consentire una scelta più chiara e consapevole anche in riferimento ai candidati”.
La Consulta richiama l’articolo 49 della Costituzione; ricordiamolo: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Quindi, i partiti devono essere strumenti organizzativi nelle mani dei cittadini per concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale.
Nella realtà succede l’esatto contrario: i Partiti sono associazioni private, in cui spesso si decide senza alcun metodo democratico, che impongono ai cittadini propri candidati scelti in modo opaco e programmi che sono sovente inconsistenti promesse. Abbiamo, è vero, qualche meritorio tentativo di coinvolgere l’elettorato, le primarie, ma queste avvengono in modo volontario e non per legge, regolate in modo precario e poco trasparente… basta rivedere le polemiche dello stesso Renzi sulle primarie del PD o quelle interne al M5S con le primarie tramite Web …
Dell’attuazione dell’art. 49 si discute dai tempi della Costituente e progetti di legge giacciono in Parlamento. Ricordo Calamandrei in Costituente, il progetto Mortati, la commissione Bozzi…
L’ultimo tentativo di attuazione dell’art. 49 della Costituzione fu effettuato proprio all’inizio di questa legislatura e il PD mollò tutto alle prime difficoltà e strumentali contestazioni provenienti dal nuovo gruppo parlamentare pentastellato.
Non può esserci democrazia se i soggetti politici che detengono il monopolio istituzionale della politica non sono organizzati in modo democratico e trasparente nei processi decisionali interni e nei rapporti con l’esterno (programmi, selezione dei candidati, bilanci, gestione economica e finanziaria, finanziamenti e finanziatori…).
Il rischio è la degenerazione del sistema verso “l’autoritarismo partitico” che Giuseppe Maranini definì “partitocrazia”.
Quindi, caro Cantone, nessuna illusione salvifica sulla preferenza (a proposito, non è mai esistito un referendum che abbia abolito la preferenza, come tanti male informati sostengono; c’è stato un referendum per abolire la preferenza multipla) e sulle primarie, concepite in modo volontario, traballante e abbastanza raffazzonato…
Il punto è un altro.
Approvare una disciplina legale dei partiti che regoli la vita interna, i processi decisionali, i requisiti per l’assunzione di cariche politiche, il ruolo degli iscritti, la gestione economica e finanziaria… In una sola parola, trasparenza.
Con metodo democratico e trasparente devono essere raccolte, vagliate e approvate le candidature.
Il nostro attuale sistema è esclusivamente basato sul totale arbitrio di ristretti gruppi dirigenti. Ci ritroviamo improvvisamente nuovi parlamentari e ministri solo perché nelle grazie del potente di turno. Con gli stessi criteri, i “pupilli” dei potenti scelgono i collaboratori e i consulenti dei livelli più bassi… e ci ritroviamo all’insaputa di tutti… i Frigerio, i Greganti, i Carminati… E nessuno se ne assume la responsabilità!
Questo sistema basato su fedeltà, obbedienza e fiducia non provoca solo il generale abbassamento della qualità del personale politico ma, consapevolmente o per collaterale effetto indesiderato, apre a logiche clientelari e al più bieco familismo. Padri che lasciano lo scranno parlamentare ai figli, politici che concedono uno scranno parlamentare a mogli, amanti o devote segretarie… e poi avanti con gli amici e gli amici degli amici.
Così funziona il sistema.
Anche i nuovi partiti, la Lega, l’IdV, la Margherita… che avrebbero dovuto rinnovare la politica, scegliendo le stesse strade di sempre nella organizzazione partitica, vale a dire i criteri oligarchici, hanno ben presto aperto le porte a personaggi di ogni tipo.
Francesco Belsito, Luigi Lusi… dicono qualcosa?
Ma potremmo parlare anche di Antonio Razzi, Domenico Scilipoti, Sergio De Gregorio… tutti personaggi selezionati da quel grande talent scout che risponde al nome di Antonio Di Pietro.
Questi pochi fatti dimostrano che oggi il nostro sistema non ha alcuna difesa: risulta permeabile a opportunisti e lestofanti. A coloro che concepiscono la politica come una soluzione al personale problema occupazionale, un mezzo per arricchirsi, un canale per fare affari, leciti e illeciti.
Non si tratta di un mucchio di mariuoli in un sistema sostanzialmente sano, ma di un sistema malato che non ha difese immunitarie!
Allora, non riduciamo tutto alla banalità della preferenza e se vogliamo fare qualcosa per riportare il paese nella legalità dobbiamo riformare il sistema dei partiti per ricondurli alla funzione costituzionale.