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Spagna, aborto e diritti del concepito

aborto spagnaIl governo di Mariano Rajoy in Spagna approva un disegno di legge che adesso passerà al Parlamento per l’approvazione definitiva. Si tratta della “Legge di Protezione dei Diritti del Concepito e della Donna Incinta” che modifica in profondità la riforma voluta da Zapatero, “Legge sulla Salute Sessuale e Riproduttiva e sull’Interruzione Volontaria della Gravidanza”.

Dalla Spagna all’Italia si riapre il dibattito, in verità mai concluso, sull’aborto e sulle modalità più efficaci di contrastare questa piaga sociale. Perché una cosa deve essere chiara a tutti: nessuno è favorevole all’aborto; il contrasto è tra

–          chi vuole garantire una regolamentazione dell’Interruzione Volontaria della Gravidanza per debellare il flagello dell’aborto clandestino e promuovere tutti gli strumenti efficaci per una sessualità responsabile al fine di prevenire gravidanze indesiderate

e

–          chi ritiene che l’aborto debba essere proibito, considerato un reato, addirittura un omicidio mettendo sullo stesso piano il concepito e la madre.

Non di rado chi appartiene a questo secondo gruppo è anche contro la prevenzione, gli anticoncezionali, l’educazione e l’informazione sessuale. Non è un caso che anche in Italia la parte tuttora inapplicata della legge 194 è proprio quella relativa alla prevenzione e ai servizi sociali di assistenza alle donne e alla coppia, a partire dai consultori che sono in numero inferiore a quanto previsto per legge.

Il contrasto è tra chi ritiene che l’aborto si sconfigga con la punizione e la repressione e chi ritiene che si contrasta più efficacemente l’aborto con la regolamentazione e la prevenzione.

Torniamo alla Spagna.
Con la nuova riforma l’aborto torna a essere un reato ma la donna non sarà punibile mentre lo saranno i medici che dovessero praticare l’IVG fuori dai ristretti casi previsti dalla legge.

Questo è il primo punto importante. Tutto il mondo proviene dalla esperienza dell’aborto considerato reato e laddove l’aborto è reato o è stato reato si pratica ed è sempre stato praticato. Avveniva in Spagna prima del 1985, avveniva in Italia prima della legge 194 del 1978; avviene in ogni Paese del mondo anche laddove si rischia di morire per condanna penale se si sopravvive all’aborto clandestino. Secondo la ricerca di Lancet su dati dell’OMSin cifre assolute, nel 2008, in tutto il pianeta 47mila donne sono morte per aborti insicuri e 8 milioni e mezzo hanno avuto gravi conseguenze sulla propria salute”. I ricercatori di Lancet sottolineano  che “il tasso di aborto è più basso nei paesi con leggi più permissive” e che “leggi più restrittive sull’aborto non sono correlate con un abbassamento del tasso di interruzione di gravidanza”. Quindi l’aborto si è diffuso in un contesto sociale e normativo che trattava l’aborto come un reato, con leggi punitive sull’aborto. Questo è un dato di fatto incontrovertibile: chi reclama leggi severe contro l’aborto dovrebbe spiegare come farà a debellare le pratiche abortive clandestine dal momento che mai alcun governo del mondo è riuscito a evitarle o ridurle.

In Spagna torneremo all’aborto clandestino a caro prezzo sia in termini economici, sia in termini di rischi per la salute.

La nuova normativa spagnola prevede la possibilità di abortire in caso di gravidanza conseguente a stupro e in caso di gravi rischi per la salute fisica e psichica della donna. Non è prevista la possibilità di ricorrere a IVG in caso di malformazioni del feto. Questo punto è controverso poiché la normativa è nebulosa; evidente che l’idea di mettere al mondo un figlio con gravi malformazioni può costituire un danno per la salute psichica della madre, danno certamente aggravato dalle carenze dei servizi sociali, scolastici, sanitari. Anche in Italia non è previsto l’aborto per le malformazioni del feto ma nel caso in cui l’apprendere che il proprio figlio avrà delle malformazioni genera malessere psichico elevato alla madre che si sente inadeguata e impreparata a gestire questa situazione; è quindi una tutela della salute della donna e non una automatica scelta eugenetica a cui si arriverebbe se invece si facesse un elenco delle malformazioni per le quali consentire l’aborto; scelta improvvida alla quale probabilmente giungerà il Parlamento spagnolo, stando ai primi sviluppi del dibattito intorno alla nuova legge.

Diritti del concepito. Questo tema importante e di grande civiltà etica e giuridica è spesso sbandierato con leggerezza sia da esponenti della cultura laica sia dal mondo ecclesiastico. Il ministro spagnolo della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, afferma che “Nel caso drammatico di un aborto la donna non è mai colpevole, ma sempre vittima” e aggiunge che “il diritto alla vita del nascituro deve essere protetto dallo Stato”. Non si capisce dove vada a finire questo diritto se il nascituro può essere soppresso perché ha la colpa di essere stato concepito mediante uno stupro. Che colpa ha quella “persona” nascitura? Perché può essere soppresso per la colpa del disgraziato padre? Come mai lo stato non si prende cura della donna violentata e ingravidata e poi del figlio? Inconcepibile che su temi di questa portata ci sia ancora qualcuno che si esprima con tanta insensibilità, ipocrisia e immoralità.

L’aborto è consentito in caso di grave pericolo di vita della madre. Quindi, nonostante si parli di diritto alla vita del concepito, non si esita ad autorizzare la soppressione di questa “personaconcepita solo perché esiste un grave pericolo di vita. Omicidio certo barattato con pericolo grave.

Chi afferma tesi simili sta affermando che i diritti della donna\madre e del nascituro non sono sullo stesso piano: chi è già persona non può avere sul piano giuridico le stesse tutele di chi non è ancora persona. Le due vite e i diritti dei due soggetti sono posti su livelli diversi di tutele.  Siamo quindi di fronte a diritti concorrenti e contrapposti che devono essere bilanciati. Chi mette sullo stesso piano nascituro e nato, chi considera entrambi giuridicamentepersona” deve avere l’onestà morale e intellettuale di affrontare tutte le conseguenze etiche, sociali e giuridiche che derivano da tale assunto, diversamente compie una becera operazione propagandistica, probabilmente per elemosinare voti, protezioni, consensi o esercitare volgari ricatti morali. Affermare che il diritto alla vita del nascituro deve essere protetto dallo Stato” è molto impegnativo se poi non si mettono in campo risorse, mezzi, strutture. Quanti voti clericali e consensi delle gerarchie ecclesiastiche pensa il governo spagnolo di conquistare con questi mezzucci?

Questa legge è una nuova offesa contro la dignità della donna che deve poter scegliere cosa fare in caso di una gravidanza indesiderata perché non possiamo limitarci a dire “Cavolacci tuoi! Potevi pensarci prima!”: anche noi, l’intera collettività dovrebbe farsi carico del problema mettendo in atto tutte le misure preventive e i servizi per ridurre al minimo le gravidanze indesiderate e poter offrire percorsi alternativi all’aborto, nel rispetto della persona.

Una società giusta aiuta a chiedere aiuto.

Criminalizzare le donne, colpevolizzarle, costringerle a portare a termine una gravidanza indesiderata non aiuta a risolvere il problema ma lo radicalizza portandolo a inabissarsi nella coscienza e nella illegalità. Occorre domandarsi perché pur essendo garantito il parto in totale anonimato ci sono donne che preferiscono partorire in segreto e uccidere il bambino o abbandonarlo in un cassonetto dei rifiuti. Non credo si tratti solo di ignoranza dei propri diritti. Penso che queste persone temono più il giudizio del mondo, gli occhi del mondo che non i morsi della propria coscienza. Una società civile e cristiana aiuta anche a chiedere aiuto, senza giudicare, condannare, biasimare.

Spesso mi sento dire “invece di abortire potrebbe partorire e dare in adozione il bambino”.

Le gravidanze indesiderate si combattono con la prevenzione e l’educazione. Quando educazione e prevenzione falliscono, allora ci sono le soluzioni alternative, tra cui anche l’adozione, certamente preferibile all’aborto, almeno sul piano teorico. Si tratta di un percorso certamente valido in determinati casi ma non certo espandibile a tutti senza affrontare i moltissimi problemi di ordine psicologico, sociale e materiale che comporta tale scelta.

Spesso la donna che abortisce ha problemi di ordine economico e quindi servirebbe assistenza economica alla donna durante tutta la gravidanza; spesso ha problemi di lavoro (irregolare, che rischierebbe di perdere). Chi provvede?

I problemi psicologici e sociali sono spesso insormontabili.
Il primo problema è che oltre la metà delle donne che ricorrono alla IVG sono sposate con figli; difficile in questa condizione portare a termine una gravidanza per tutte le implicazioni che ci sono con gli altri figli e la famiglia in genere.
C’è per tutte le donne un problema di accettazione. Conoscenti, amici, parenti, colleghi… tutti saprebbero di questa gravidanza e raccontare che il bambino è stato dato in adozione non è affatto facile.
Non ti “liberi” più del problema mentre l’aborto appare più gestibile nella dimensione individuale o di coppia, e in effetti lo è. Con questa realtà occorre fare i conti. Il giudizio degli altri. Gli occhi del mondo. Se si continua a definire “assassina” una donna che abortisce, sarà difficile far crescere in una donna l’accettazione della non disponibilità a essere genitore pur generando, vincendo il giudizio pubblico che in ogni caso sarà pesante e spietato.

Quindi, non ci sono dubbi sul fatto che ci sarebbero migliaia di coppie felici di avere un figlio in adozione, ma non bisogna trasformare la donna in una semplice “fattrice“ e la nostra società non è affatto pronta a farsi carico delle problematiche connesse a questa ipotetica soluzione che qualcuno spaccia per “la soluzione” dimenticando che la propria etica individuale è un conto, e altra cosa è una legge che impone a tutti un comportamento.

Un bambino è un patrimonio della collettività che necessita di cure, attenzioni e amore a prescindere dal dato biologico, ma quanto lontani siamo da questa cultura e quanto ancora invece appiattiti su una cultura “proprietaria” dei figli.

La soluzione più efficace al problema aborto, ma certamente non definitiva perché nulla è definito quando parliamo di problemi sociali, è

– educazione
– prevenzione
– servizi sociali efficienti.

Tutte le altre ipotesi sono non-rimedi che comportano gradi diversi di dolore e sofferenza.

La Spagna si appresta a compiere un tragico ritorno al passato. Aiutiamo le donne spagnole in questa battaglia perché la proposta governativa non sia approvata dal Parlamento spagnolo.

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